La disciplina delle dilazioni INPS e INAIL compie un passo molto atteso. Per anni la rateazione dei debiti contributivi è rimasta ancorata a un tetto piuttosto rigido: prima 24 rate, poi un possibile ampliamento a 36 rate con l’autorizzazione del Ministero del Lavoro nei casi considerati più delicati, dalle calamità alle crisi aziendali. L’articolo 23 della legge 203 del 2024, il cosiddetto Collegato Lavoro, aveva annunciato l’arrivo di un meccanismo più ampio. Restava però lettera sulla carta in assenza del decreto attuativo. Ora quel tassello è arrivato, fissando un cambio di paradigma che inciderà sulla gestione ordinaria dei debiti contributivi.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- La dilazione dei debiti contributivi arriva fino a 60 mesi per INPS e INAIL.
- Fino a 500.000 euro: massimo 36 rate; oltre 500.001 euro: massimo 60 rate.
- Richiesta possibile solo per debiti non affidati alla riscossione.
- Prevista anche una seconda dilazione se c’è già un piano in corso.
- INPS e INAIL definiranno requisiti e modalità operative entro 60 giorni.
- Le domande presentate dal 12 gennaio 2025 possono essere ricalcolate su richiesta.
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Le novità introdotte dal decreto del 24 ottobre 2025
La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 29 novembre 2025 chiarisce i contorni dell’operazione. Il decreto definisce i casi in cui INPS e INAIL potranno concedere piani di dilazione fino a sessanta mesi, purché i debiti non siano già stati trasmessi alla riscossione. Ci si muove quindi dentro la fase amministrativa. Le ipotesi individuate ruotano attorno alla condizione di temporanea difficoltà economico finanziaria. Una soglia fa da spartiacque: per importi fino a 500.000 euro si potrà arrivare a un massimo di trentasei rate; oltre quella soglia si potrà salire fino a sessanta. Una scelta che sembra voler bilanciare esigenze di sostenibilità dei pagamenti e tutela del gettito, senza chiudere la porta a imprese e professionisti che vivono fasi alterne di liquidità.
Come funziona la dilazione debiti contributivi dopo il decreto
Un elemento interessante riguarda la possibilità di ottenere una seconda dilazione anche in presenza di un piano già in corso. Si tratta di un’apertura non scontata, che riconosce come nella prassi molte aziende attraversino cicli economici irregolari. La cornice resta comunque circoscritta: i consigli di amministrazione dei due istituti avranno sessanta giorni di tempo per fissare requisiti operativi, criteri e modalità di accesso. Occorrerà quindi attendere indicazioni più specifiche, soprattutto sul tema della documentazione necessaria per dimostrare la difficoltà finanziaria e sulla struttura dei piani di pagamento. Il decreto prevede inoltre che questi atti regolamentari si applichino alle domande presentate dal trentesimo giorno successivo alla loro adozione. Si crea così un periodo di transizione che richiederà attenzione da parte di chi intende presentare l’istanza.
Il trattamento delle domande già presentate nel 2025
Un altro passaggio viene dedicato alle rateazioni già richieste dal 12 gennaio 2025 secondo la disciplina precedente. Il debitore potrà chiedere una rideterminazione del numero delle rate, sempre però nel rispetto delle regole che saranno definite dai consigli di amministrazione. In altri termini, le domande già pendenti non saranno escluse dal nuovo impianto, ma sarà necessario un intervento attivo del contribuente, attraverso i servizi online di INPS e INAIL. Si consideri che questo meccanismo eviterà l’asimmetria tra chi presenta l’istanza dopo l’entrata in vigore dei nuovi criteri e chi, invece, aveva già richiesto una rateazione senza poter beneficiare del nuovo limite più ampio.
Uno sguardo sistemico tra liquidità e sostenibilità dei pagamenti
Il provvedimento sembra inserirsi in una linea di progressiva flessibilità nella gestione dei debiti contributivi. Nella prassi, situazioni come crisi temporanee, ritardi nei pagamenti dei clienti, insoluti o fasi di riorganizzazione aziendale rendono insostenibili piani troppo brevi. Il legislatore sembra aver recepito questa dinamica, ampliando la dilazione debiti contributivi e spostando l’asse verso strumenti di accompagnamento alla compliance piuttosto che di irrigidimento. Resta da capire quale sarà il livello di severità dei criteri fissati dagli istituti, perché un requisito troppo stringente potrebbe di fatto limitare l’accesso alla nuova dilazione.



