Il termine del 2 dicembre 2025 per trasmettere la Comunicazione integrativa relativa al credito d’imposta ZES unica è ormai alle spalle, ma chi si è visto respingere l’invio dal sistema Entratel ha ancora qualche margine di manovra. Gli investimenti realizzati tra il 1° gennaio e il 15 novembre 2025 nelle aree della Zona Economica Speciale possono essere recuperati, a patto di individuare l’errore e porvi rimedio nei tempi previsti. Chi ha trasmesso la comunicazione negli ultimi quattro giorni prima della scadenza e ha ricevuto uno scarto può infatti ritentare l’invio entro cinque giorni solari successivi. Una finestra stretta, che merita attenzione.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Gli invii scartati entro il 2 dicembre sono validi se ritrasmessi entro i 5 giorni successivi
- Partita IVA, codici fiscali e SDI devono coincidere con l’Anagrafe tributaria
- Il codice ATECO deve essere allineato alla classificazione 2025
- I moduli B vanno ripetuti nello stesso ordine della prima comunicazione
- Non si possono aumentare gli investimenti complessivi né per singola categoria
- L’IVA indetraibile non va inclusa negli importi del quadro E
- L’arrotondamento può generare scarti: occorre riallineare gli importi
- Gli errori nel quadro C richiedono integrazione entro 60 giorni
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Quando lo scarto non compromette il credito d’imposta
La normativa offre un paracadute a chi, pur avendo rispettato formalmente la scadenza del 2 dicembre, si è visto respingere la pratica dal servizio telematico. Il provvedimento n. 25972/2025 dell’Agenzia delle Entrate stabilisce che una comunicazione trasmessa entro il termine (o nei quattro giorni precedenti) ma scartata può essere ritrasmessa entro i cinque giorni solari successivi.
Ora, il quinto giorno dopo il 2 dicembre cade il 7, che però è domenica. E qui si apre una questione interpretativa non banale. Secondo l’art. 1, comma 1, lettera h) del D.L. 70/2011, versamenti e adempimenti telematici che scadono di sabato o in giorno festivo slittano al primo giorno lavorativo successivo. Se si accoglie un’interpretazione estensiva del termine “adempimento” — e nella prassi questa lettura appare ragionevole — il termine per il reinvio potrebbe spostarsi al 9 dicembre 2025.
C’è però un problema pratico. Il sistema informatico dell’Agenzia potrebbe scartare in automatico gli invii successivi al 7 dicembre, costringendo il contribuente a ricorrere a strumenti alternativi per far valere la tempestività della trasmissione. Meglio, insomma, non aspettare l’ultimo momento.
Le cause più frequenti di scarto della comunicazione integrativa ZES
Il provvedimento di approvazione del modello elenca in modo puntuale le ragioni che possono determinare il rigetto. Alcune derivano da disallineamenti con l’anagrafe tributaria, altre da errori materiali di compilazione.
La prima ipotesi riguarda la partita IVA. Se il richiedente non risulta titolare di una posizione attiva alla data di invio, la comunicazione viene scartata. Si tratta spesso di un banale refuso: correggere il numero e ritentare l’invio risolve il problema.
Situazione analoga può verificarsi con i codici fiscali indicati nel quadro C (soggetti sottoposti a verifica antimafia) o nel quadro E (revisore incaricato della certificazione ex art. 7, comma 14, del D.M. 17 maggio 2024). Se un codice fiscale non risulta presente in anagrafe tributaria, la pratica viene respinta.
Discrepanze con il sistema di interscambio e codici ATECO
Un’altra causa di scarto, piuttosto insidiosa, riguarda gli estremi delle fatture elettroniche riportate nel quadro E. Il sistema verifica che l’identificativo SDI indicato corrisponda ai dati presenti nella banca dati dell’Agenzia. Un errore di digitazione — anche di un solo carattere — può far saltare l’intera comunicazione.
Un caso particolare — e frequente nella prassi — riguarda gli arrotondamenti. Quando gli importi agevolabili vengono arrotondati per difetto, può accadere che il sistema di controllo dell’Agenzia delle Entrate rilevi una discrepanza: l’importo dichiarato risulta superiore a quello indicato nella fattura originaria.
Il meccanismo è subdolo. Un arrotondamento apparentemente innocuo, operato in buona fede, genera un’incongruenza che fa scattare lo scarto. Per rimediare occorre rivedere gli importi e assicurarsi che corrispondano esattamente ai valori delle fatture elettroniche, senza approssimazioni.
C’è poi la questione dei codici attività. Nel 2025 l’Istat ha introdotto la nuova classificazione ATECO, e la comunicazione deve riportare i codici aggiornati. Se quanto indicato nella casella 9 del rigo B2 non coincide con quanto risulta in anagrafe tributaria, il servizio telematico rigetta l’invio. In questi casi occorre allineare i dati con quelli presenti nel cassetto fiscale dell’impresa prima di ritentare.
Lo stesso vale per il codice catastale del comune dove è ubicata la struttura produttiva. Se c’è difformità tra quanto dichiarato nel quadro B e quanto comunicato all’anagrafe tributaria ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. 633/1972, la comunicazione non passa.
Il problema della corrispondenza tra prima comunicazione e integrativa
Chi ha presentato la prima comunicazione tra il 31 marzo e il 30 maggio 2025 deve prestare particolare attenzione alla coerenza tra i due invii. Per ogni struttura produttiva indicata nella prima comunicazione va compilato un modulo nel quadro B della comunicazione integrativa, rispettando lo stesso ordine progressivo.
E qui si annidano trappole. Supponiamo che nella prima comunicazione fossero stati indicati due moduli B, ma che uno degli investimenti previsti non sia stato realizzato. Se nella comunicazione integrativa si compila un solo modulo, il sistema scarta la pratica.
La procedura corretta prevede di mantenere entrambi i moduli, rispettando l’ordine originario. Nel modulo relativo all’investimento non effettuato si compila solo la sezione I con i dati già indicati in precedenza e si barra la casella “Investimento non realizzato”. I righi da B10 a B19 restano vuoti, così come il rigo B1.
Divieto di aumentare strutture produttive e modificare ubicazioni
Il provvedimento pone vincoli stringenti. Non è consentito aggiungere nuove strutture produttive rispetto a quelle dichiarate nella prima comunicazione. Chi ha tentato di farlo si è visto respingere l’invio. L’unica strada è riallineare i dati della seconda comunicazione a quelli della prima.
Altrettanto rigido è il divieto di modificare l’ubicazione delle strutture per gli investimenti già realizzati. Se i dati del quadro B risultano alterati rispetto alla comunicazione originaria, il sistema rileva l’incongruenza e scarta.
Limiti agli importi: non si può dichiarare più di quanto già comunicato
Secondo il punto 1.4 del provvedimento, la comunicazione integrativa non può indicare investimenti superiori a quelli già dichiarati nella prima comunicazione. Anche se l’impresa ha effettivamente sostenuto costi maggiori, il credito d’imposta rimane ancorato ai valori originari.
Questo significa che un’indicazione eccedente — anche di pochi euro — rispetto a quanto trasmesso tra marzo e maggio determina lo scarto. Per risolvere, occorre ripristinare gli importi nei limiti di quanto originariamente dichiarato.
Le istruzioni ministeriali chiariscono un altro aspetto. L’investimento si considera modificato se varia l’importo riferito alle singole tipologie di beni: impianti, macchinari, attrezzature, immobili. Qualsiasi riduzione rispetto ai valori iniziali configura un minore investimento. Ma attenzione: non è possibile neppure compensare tra categorie. Se si dichiara un importo inferiore per i macchinari, non si può aumentare quello delle attrezzature per pareggiare i conti.
Il divieto opera anche sui singoli righi da B11 a B14. Un incremento, anche su una sola categoria, rispetto alla prima comunicazione causa il rigetto.
Come gestire l’IVA indetraibile nel quadro E
La compilazione del quadro E presenta insidie specifiche quando l’IVA non è detraibile e concorre a formare il costo agevolabile dell’investimento. L’importo dell’imposta indetraibile va indicato nel rigo B10, colonna 2, e deve risultare dalla certificazione del revisore legale.
Nella colonna 1 dei righi da B11 a B14 si riporta l’ammontare dei costi al netto dell’IVA, salvo i casi di indetraibilità. Nella colonna 3 del quadro E, invece, l’importo agevolabile va sempre indicato al netto dell’imposta, anche quando questa è indetraibile.
Se per errore nel quadro E si riporta l’importo comprensivo di IVA (perché, appunto, indetraibile), il sistema rileva un’incongruenza tra il valore dichiarato e quello risultante dalla banca dati delle fatture elettroniche. Lo scarto indica proprio questa discrepanza. La correzione richiede di escludere l’IVA dalla colonna 3 dei righi da E01 a E08.
Errori nel quadro C: la procedura per i dati antimafia
Una situazione particolare riguarda il quadro C, dedicato ai soggetti sottoposti a verifica antimafia. Per le comunicazioni integrative risultate incomplete ai controlli antimafia, il provvedimento prevede una finestra di sessanta giorni dal rilascio della ricevuta per trasmettere i dati rettificati.
L’invio correttivo non segue il canale ordinario ma va effettuato tramite PEC all’indirizzo creditoimpostazes@pec.agenziaentrate.it. Nel frattempo, la fruizione del credito non ancora utilizzato resta sospesa.
Se il beneficiario non provvede entro il termine, l’Agenzia procede con atto motivato alla revoca del credito (riconosciuto sotto condizione risolutiva) e al recupero di quanto eventualmente già utilizzato.
Quali situazioni possono generare questo tipo di problema? Pensiamo a una variazione nella composizione del consiglio di amministrazione non riportata nella comunicazione integrativa. Oppure all’omissione di un soggetto che avrebbe dovuto figurare nel quadro C. Sono errori che capitano, specie nelle realtà aziendali con assetti societari dinamici.
L’incongruenza generica: quando i dati non tornano
Il punto 4.6, lettera b), del provvedimento contempla una clausola residuale. Si configura scarto quando i dati della comunicazione integrativa risultano genericamente incongruenti rispetto a quelli della comunicazione precedente.
Una formulazione volutamente ampia, che lascia margini di discrezionalità al sistema di controllo. Nella sostanza, qualsiasi disallineamento non riconducibile alle casistiche specifiche può determinare il rigetto. La raccomandazione pratica è verificare con attenzione la coerenza complessiva tra i due invii prima di procedere alla trasmissione.


