Quando un contribuente dimentica di inviare una comunicazione o non rispetta un termine amministrativo, rischia di perdere benefici fiscali anche se ha i requisiti sostanziali per ottenerli. Esiste, però, una scappatoia: la remissione in bonis. Questo istituto, introdotto nel 2012 e tuttora in vigore, consente di porre rimedio alle negligenze formali entro specifici limiti temporali, versando una penalità ridotta.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Cos’è: Meccanismo che permette di regolarizzare omissioni di comunicazioni o adempimenti formali necessari per accedere a benefici fiscali, purché si posseggano i requisiti sostanziali.
- Requisiti: (1) Possesso dei requisiti sostanziali alla data originaria della scadenza; (2) Presentazione tardiva della comunicazione entro il termine della prima dichiarazione utile; (3) Versamento sanzione 250 euro tramite F24 con codice 8114.
- Condizione essenziale: La violazione non deve essere stata constatata e non devono essere in corso accessi, ispezioni o verifiche di cui il contribuente abbia conoscenza.
- Fattispecie comuni: Opzioni per consolidato fiscale, trasparenza, tonnage tax; comunicazioni tardive per bonus edilizi, sismabonus, ecobonus; mancati invii all’Enea.
- Scadenza: Il termine per regolarizzarsi è perentorio e coincide con la presentazione ordinaria della prima dichiarazione (redditi o IVA) che scade successivamente all’omissione originaria.
L’origine e la logica della regolarizzazione
L’art. 2 del D.L. 16/2012 ha introdotto un meccanismo particolare di ravvedimento operoso, il cui fine è evitare che dimenticanze puramente amministrative precludano al contribuente la fruizione di vantaggi fiscali legittimi. La disposizione riconosce una realtà concreta: chi possiede veramente i presupposti per accedere a un regime agevolato non dovrebbe essere penalizzato da una semplice distrazione burocrativa. Per il 1º gennaio 2026, la disciplina cambierà – secondo l’art. 86 del D.Lgs. 33/2025 – ma al momento il quadro rimane sostanzialmente quello descritto dal decreto del 2012.
I requisiti fondamentali per accedere alla remissione in bonis
Chi intende usufruire di questa possibilità deve soddisfare tre condizioni rigorose. Innanzitutto, occorre possedere effettivamente i requisiti sostanziali che la norma di settore richiede per beneficiare dell’agevolazione. Non basta aver completato l’adempimento: bisognava averlo potuto completare già alla scadenza originaria. Il possesso di questi requisiti viene verificato ex tunc, cioè alla data in cui il termine per la comunicazione o l’adempimento sarebbe dovuto scadere.
In secondo luogo, l’interessato deve presentare la comunicazione mancante ovvero compiere l’adempimento omesso entro il termine ordinario di presentazione della prima dichiarazione dei redditi che scade dopo la scadenza prevista originariamente. Se l’omissione attiene esclusivamente a materia IVA, il riferimento diventa il termine della prima dichiarazione IVA (non redditi) che scade successivamente. Va sottolineato: non appena il termine ordinario del modello Redditi scade, la facoltà di regolarizzazione viene meno e il beneficio si considera precluso.
Terzo elemento. È obbligatorio versare tramite modello F24, contemporaneamente all’adempimento tardivo, una sanzione pari a 250 euro, indicando il codice tributo “8114”. Questo importo rappresenta il minimo edittale previsto dalla norma e non è soggetto a compensazione con eventuali crediti disponibili. La sanzione non può neppure essere oggetto di ravvedimento successivo, poiché costituisce il corrispettivo per aver diritto alla sanatoria stessa.
Una condizione preliminare decisiva: l’assenza di controlli
C’è un elemento preliminare che riveste un’importanza capitale. La remissione in bonis è fruibile esclusivamente quando la violazione non sia stata scoperta e non siano stati avviati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento che siano giunti a conoscenza del contribuente. In altre parole: se l’Amministrazione finanziaria ha già iniziato a indagare, il beneficio svanisce.
L’Agenzia delle entrate ha chiarito – attraverso la circolare 28 settembre 2012, n. 38/E – che l’avvio di un’attività di controllo riguardante comparti impositivi diversi da quello cui si riferisce il beneficio non rende preclusa la regolarizzazione. Se ad esempio viene avviata una verifica sull’IRPEF ma l’omissione riguarda un’opzione IVA, resta comunque possibile ricorrere alla remissione in bonis per la comunicazione IVA.
Quali violazioni possono essere sanate
Non tutte le negligenze amministrative rientrano in questo istituto. La remissione in bonis si applica esclusivamente a quelle comunicazioni e adempimenti formali il cui mancato o tardivo assolvimento provoca la decadenza dal beneficio o dal regime opzionale. Se l’omissione comporta soltanto una sanzione (senza perdita automatica del diritto), l’istituto non entra in gioco.
Rientra nel perimetro della sanatoria, ad esempio, l’omessa o tardiva comunicazione dell’opzione per il consolidato fiscale (artt. 117-128 del TUIR), l’omessa comunicazione del regime di trasparenza per le società di capitali (art. 115 e segg. del TUIR), l’opzione per l’IRAP determinata in base al bilancio, ovvero l’opzione per il versamento mensile o trimestrale dell’IVA di gruppo (art. 73, comma 3, D.P.R. 633/1972). Esclusa, invece, ad esempio, la comunicazione per la detrazione degli interventi di efficienza energetica: il suo mancato invio all’Enea non provoca decadenza dal beneficio, bensì soltanto l’applicazione della sanzione amministrativa (circolare 23 aprile 2010, n. 21/E).
Applicazioni pratiche e fattispecie ricorrenti
Gli ultimi anni hanno visto ampliarsi significativamente l’ambito di applicazione della remissione in bonis. Con l’estensione ai bonus edilizi, numerosi proprietari di immobili hanno potuto recuperare agevolazioni altrimenti perdute.
Tipicamente, la remissione in bonis interviene nei seguenti contesti: mancato invio della comunicazione relativa alla cessione del credito nei bonus edilizi (superbonus al 110%, ecobonus, sismabonus, bonus facciate); omessa o tardiva trasmissione della documentazione all’Enea per gli interventi di risparmio energetico; tardiva presentazione dell’asseverazione della classe di rischio sismico (Allegato B) al sismabonus; comunicazione non inviata per l’accesso al regime di versamento dilazionato dell’IVA; opzione non comunicata per la tonnage tax utilizzata da soggetti operanti nel settore della navigazione marittima.
Un caso concreto: Mario ha completato lavori di isolamento termico nel novembre 2024 e potrebbe accedere all’ecobonus al 65 per cento. Accidentalmente, non ha comunicato all’Enea l’intervento entro i 90 giorni previsti. Se Mario mantiene i requisiti (spese sostenute, intervento idoneo, ricevute di pagamento), può presentare la comunicazione all’Enea entro il 31 ottobre 2025 (termine ordinario della dichiarazione dei redditi 2024 relativa al reddito 2024) e versare 250 euro tramite F24 con codice tributo 8114. Così recupera il diritto alla detrazione.
La transizione normativa in corso
A partire dal 1º gennaio 2026, l’articolo 86 del D.Lgs. 33/2025 introdurrà una nuova disciplina della remissione in bonis. Sebbene i dettagli finali siano ancora in fase di implementazione, è opportuno monitorare le circolari interpretative che l’Agenzia pubblicherà nei prossimi mesi. Nel frattempo, continua ad applicarsi la disciplina attuale, quindi chi ha un adempimento omesso deve affrettarsi qualora il termine della dichiarazione 2025 (o della prima dichiarazione successiva all’omissione) sia imminente.
Le distinzioni rispetto ad altri regimi
Non bisogna confondere la remissione in bonis con il ravvedimento operoso vero e proprio, né con il meccanismo di cui agli articoli 1 e 2 del D.P.R. 442/1997, che regola la validità delle opzioni per i regimi di determinazione dell’imposta. Quest’ultimo decreto prevede, infatti, che talune opzioni si desumono da comportamenti concludenti del contribuente senza richiedere comunicazione formale; la validità dipende dalla concreta attuazione sin dall’inizio dell’anno, senza necessità di comunicazione scritta (salvo che la normativa di settore non deroghi, appunto, a questo principio).
Quando si deroga a tale regola – come nel caso dei benefici speciali, dei regimi opzionali aggiuntivi e delle agevolazioni introdotte da discipline particolari – entra in scena la remissione in bonis per coprire il tardivo adempimento formale.
Cosa non si dimentichi: il versamento e la documentazione
Al momento della presentazione tardiva della comunicazione o dell’adempimento, è fondamentale documentare con cura il versamento della sanzione. L’F24 deve riportare:
- Codice tributo 8114
- Importo 250 euro
- Data di versamento (che deve essere contemporanea, o successiva ma comunque nella stessa dichiarazione)
Inoltre, se si tratta di comunicazioni riguardanti bonus edilizi o benefici agevolati, occorre munirsi della ricevuta del versamento da allegare alla dichiarazione stessa. L’omissione di allegare la prova del pagamento potrebbe, in fase di verifica, esporre il contribuente a problemi.
Opportunità e limiti di questo istituto
La remissione in bonis rappresenta un vero e proprio “salvataggio” per chi si ritrova in situazione di negligenza amministrativa pura. Consente, entro i margini temporali e condizionali delineati, di recuperare benefici che altrimenti andrebbero persi. Tuttavia, è uno strumento dai margini limitati: funziona solo se nessun accertamento è stato avviato, richiede il possesso dei requisiti sostanziali ex tunc, e il termine per regolarizzarsi è perentorio (scadenza ordinaria della dichiarazione successiva all’omissione).
Non copre le ipotesi in cui la violazione sia scelta consapevole (non semplice dimenticanza), né quelle in cui gli adempimenti omessi non incidono sulla decadenza dal beneficio. Resta allora cruciale leggere con attenzione le istruzioni della norma di settore per comprendere quando si è davvero di fronte a una fattispecie sanabile secondo il D.L. 16/2012.


