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Come pianificare i costi di trasferta 2026

4 Novembre, 2025

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Mentre le aziende si avviano verso la conclusione dell’esercizio e cominciano a riflettere sulla strutturazione del bilancio previsionale, emerge con forza una questione non sempre sufficientemente contemplata nella fase di budgetizzazione: quella relativa alle trasferte del personale. Non si tratta semplicemente di stanziarvi una voce di costo generico. La materia, infatti, presenta criticità molteplici e sfaccettature che, se non adeguatamente considerate in sede di pianificazione, possono esporre l’azienda a conseguenze inattese sul piano tributario, contributivo e gestionale. La questione si complica ulteriormente a fronte dell’entrata in vigore, da gennaio 2025, di nuove disposizioni in materia di tracciabilità dei pagamenti per le spese di trasferta introdotte dalla Legge di Bilancio 2025.

🕒 Cosa sapere in un minuto

• La pianificazione dei costi di trasferta richiede attenzione alle nuove regole sulla tracciabilità e ai limiti fiscali e contributivi 2025.
• La spesa si compone di retribuzione ordinaria, ore di viaggio e rimborsi/indennità: ciascuna ha trattamento fiscale e previdenziale diverso.
• Indennità forfettarie sono esenti fino a 46,48 €/giorno (Italia) e 77,47 €/giorno (estero). Oltre questi limiti, scattano contributi INPS/INAIL e tassazione IRPEF.
• I rimborsi analitici sono deducibili ed esenti solo se documentati e con pagamenti tracciati.
• La nuova legge richiede policy chiare e procedure interne per verificare la tracciabilità e semplificare la gestione contabile.

Funzione strategica della programmazione dei costi del lavoro

La predisposizione del budget del personale costituisce esercizio fondamentale per l’amministrazione aziendale. Non si limita, cioè, a un mero calcolo meccanico. Rappresenta piuttosto occasione per comprendere e anticipare la complessità crescente di un mercato sempre più variegato, caratterizzato da fenomeni di internazionalizzazione che richiedono frequenti spostamenti di risorse umane. Quando l’impresa opera su più fronti territoriali – che siano essi nazionali o extraeuropei – la quantificazione accurata dei costi riferibili a tali attività risulta aspetto strategico. Senza un’adeguata pianificazione si corre il rischio di trovarsi di fronte a scostamenti significativi tra quanto preventivato e quanto effettivamente sostenuto, con ricadute sulla redditività complessiva del progetto. La trasferta del lavoratore, inoltre, non rappresenta mera “anomalia” occasionale nella prestazione lavorativa. Essa incide profondamente sulla struttura dei costi del personale: retribuzioni, contributi, imposte, documentazione fiscale. Comprendere appieno questo nesso costituisce elemento decisivo per una gestione consapevole.

Natura composita dei costi di trasferta

Quando si parla di “costo della trasferta”, è opportuno non limitarsi a una visione monolitica. La questione presenta una stratificazione complessa che merita esame attento. Essenzialmente, il fenomeno può scomporsi in tre macro-categorie di imputazione economica.

La prima attiene alla retribuzione ordinaria: il dipendente inviato presso una diversa localizzazione geografica continua a percepire la propria normale compensazione. Vale il principio, piuttosto consolidato nella giurisprudenza del lavoro, dell’indifferenza del luogo dove si concretizza la prestazione lavorativa. Non cambia cioè il quantum retributivo per il semplice fatto che il lavoro sia svolto altrove. Accanto a ciò, qualora le circostanze della missione determino il ricorso al lavoro straordinario, sorge l’obbligo di corrispondere le maggiorazioni previste dal relativo contratto collettivo nazionale.

La seconda componente riguarda le ore di viaggio: non sempre presente nella contrattazione, essa tuttavia rappresenta elemento rilevante quando prevista da specifiche previsioni contrattuali. Il tempo dedicato agli spostamenti, entro certi limiti e secondo modalità disciplinate dai vari CCNL, può rientrare nel computo della prestazione lavorativa.

Infine, la terza dimensione concerne i rimborsi e le indennità di trasferta veri e propri: vitto, alloggio, trasporti, ed eventuali altre spese accessorie. La disciplina qui si complica ulteriormente a causa dell’interazione tra normativa tributaria, previsioni contrattuali e nuove limitazioni in tema di tracciabilità.

Il principio di invarianza retributiva e il trattamento contributivo

Il lavoratore chiamato a svolgere mansioni presso una sede diversa da quella ordinaria mantiene pieno diritto alla propria retribuzione base. Questa non subisce alcuna modificazione per effetto della mutata localizzazione geografica. La retribuzione ordinaria percepita in trasferta è soggetta, dal lato aziendale, all’intera contribuzione INPS e INAIL. Sul lato del dipendente, l’importo concorre pienamente al calcolo del trattamento di fine rapporto.

Diverso è il regime quando la trasferta comporti prestazioni eccedenti l’orario ordinario. Le maggiorazioni per lavoro straordinario, sebbene assoggettate alle medesime contribuzioni INPS e INAIL, non sempre trovano riconoscimento utile ai fini della determinazione del TFR. Salvo espressa previsione contrattuale – ad esempio quando il CCNL preveda una indennità di straordinario “forfettizzata” con carattere di continuità – le somme corrisposte a titolo di straordinario vanno considerate extratabulari sotto il profilo del trattamento di fine rapporto.

Questa distinzione, spesso sfuggita nella pratica aziendale, assume rilevanza tutt’altro che marginale quando si stima il costo complessivo di una trasferta protratta nel tempo.

Compenso per il tempo di viaggio: ricostruzione della disciplina contrattuale

La questione delle ore impiegate per raggiungere la destinazione della trasferta non è regolata uniformemente dalla legge. È piuttosto il livello contrattuale – tramite i CCNL – che interviene per definire quando, come e per quanto il tempo di spostamento concorra a formare la retribuzione.

Consideriamo il caso emblematico del CCNL metalmeccanica industria. Qui viene riconosciuto al lavoratore un compenso specifico per il tempo di viaggio, su preventiva approvazione aziendale, calcolato sulla base del mezzo di trasporto autorizzato. La previsione contrattuale distingue due ipotesi. Innanzitutto, per le ore che rientrano nell’orario giornaliero ordinario stabilito presso lo stabilimento o il cantiere di origine: la retribuzione corrisposta è quella ordinaria. In secondo luogo, per le ore eccedenti tale orario ordinario: viene riconosciuto un importo pari all’85% della retribuzione ordinaria, con esclusione di qualsiasi ulteriore maggiorazione. È significativo che il CCNL escluda dalla base di calcolo della retribuzione spettante per tutti gli istituti contrattuali il compenso del tempo di viaggio svolto al di fuori dell’orario ordinario.

Laddove il CCNL applicato non contenga previsioni specifiche, nulla vieta al datore di lavoro di retribuire comunque il tempo di viaggio. In tal caso, tuttavia, emerge l’esigenza di una corretta classificazione contabile e retributiva. Se le ore di viaggio si collocano entro la giornata lavorativa ordinaria, potranno essere considerate come ordinarie ore di lavoro. Se invece eccedono l’orario giornaliero e settimanale, meritano di essere rappresentate con apposita voce nella busta paga e nel Libro Unico del Lavoro. Questa precisazione consente di evitare confusioni: qualora classificate semplicemente come ore ordinarie, potrebbero infatti essere ritenute computabili ai fini del raggiungimento dell’orario ordinario settimanale, innescando conseguentemente la disciplina dello straordinario una volta superato tale limite.

Indennità forfettaria: agevolazioni tributarie entro soglie definite

La gestione dello strumento dell’indennità forfettaria rappresenta, dal punto di vista aziendale, l’approccio più snello dal profilo amministrativo. L’azienda riconosce al dipendente una somma prestabilita per ogni giorno di trasferta, indipendentemente dalle spese effettivamente sostenute. Nessuna nota spese, nessun documento giustificativo da acquisire e conservare. Tale semplicità gestionale è accompagnata da un regime tributario favorevole, purchè tuttavia l’importo non superi taluni limiti fissati dalla normativa. Il punto di riferimento normativo è l’articolo 51, quinto comma, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Secondo questa disposizione, le indennità percepite per trasferte o missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito solo per la parte eccedente 46,48 euro al giorno quando la trasferta avvenga in territorio nazionale. Per le trasferte estere, la soglia si innalza a 77,47 euro giornalieri. Al di sotto di questi limiti, l’indennità è completamente esente da tassazione IRPEF e non comporta assoggettamento a contribuzione INPS. Inoltre, salvo diverse previsioni negoziali, non incide sul calcolo del TFR.

Ne consegue una conseguenza pratica immediata: qualora l’azienda eroghi un’indennità giornaliera che rimane entro i 46,48 euro per trasferte nazionali o 77,47 euro per missioni all’estero, il costo sostenuto dalla persona è azzerato sul piano tributario-contributivo. Qualora invece la somma riconosciuta superi tali soglie, la differenza viene equiparata a retribuzione vera e propria: su di essa grava la contribuzione INPS e INAIL, nonché la tassazione IRPEF.

La scelta della misura dell’indennità forfettaria rimane naturalmente discrezionale per l’azienda, anche se nella prassi le determinazioni contrattuali o le prassi aziendali consolidate costituiscono spesso punto di ancoraggio. Ciò che importa è avere piena consapevolezza delle implicazioni fiscali della scelta compiuta. Alcuni CCNL, come quello del Commercio, prevedono in via espressa l’esclusione delle indennità forfettarie dalla base di calcolo del TFR qualora abbiano carattere non continuativo. Va notato inoltre che, laddove il contratto preveda l’esclusione solo della quota non imponibile, allora la parte eccedente la soglia entra comunque nel computo per il trattamento di fine rapporto.

Rimborso analitico: documentazione tracciata e complessità applicativa

L’alternativa al forfettario è rappresentata dal rimborso “a piè di lista”, ovvero il rimborso analitico. Qui il lavoratore presenta una nota spese documentata con tutti gli scontrini e le fatture relativi alle spese effettivamente sostenute. È una strada indubbiamente più complessa dal profilo amministrativo, ma che consente all’azienda una maggiore aderenza tra quanto rimborsato e quanto realmente speso. La normativa vigente, in particolare l’articolo 51 quinto comma del TUIR, permette che rimborsi di vitto, alloggio, viaggio e trasporto riconosciuti al lavoratore siano completamente esenti da imposta, purché documentati e analiticamente giustificati e, fatto cruciale da gennaio 2025, sostenuti mediante strumenti di pagamento tracciati.

Questa è la novità di rilievo introdotta dalla Legge di Bilancio 2025. Prima di tale data, il rimborso analitico era deducibile anche se pagato in contanti. Oggi, invece, le spese per vitto, alloggio e trasporto privato non di linea (quali taxi e noleggi con conducente) devono essere necessariamente saldate tramite versamento bancario, postale, carta di credito o altri metodi tracciati per conservare la loro natura esentasse in mano al lavoratore. Diversamente, la somma rimborsata costituisce reddito imponibile per il dipendente e, dal lato aziendale, il costo diviene indeducibile.

Rimangono esenti da tale obbligo i biglietti ferroviari, aerei e delle autolinee pubbliche di trasporto, che possono continuare a essere pagati in contanti senza perdere le loro proprietà deducibili. L’amministrazione aziendale deve dunque adeguarsi a questa nuova realtà, dotandosi di procedure volte a verificare che i pagamenti avvenuti dai dipendenti siano stati concretizzati mediante canali tracciabili.

Deducibilità dell’azienda e limiti IRES

Mentre la prospettiva del lavoratore è quella dell’esenzione da imposte e contributi, quella dell’azienda è quella della deducibilità fiscale dal reddito di impresa ai fini dell’IRES. Anche qui la normativa pone limiti specifici. L’articolo 95, comma 3, del TUIR definisce l’ambito di deducibilità delle spese di trasferta sostenute dall’azienda. Per le spese di vitto e alloggio, la deducibilità è limitata a 180,76 euro per ogni giorno, nel caso di trasferte effettuate in località extracomuni in Italia. Quando la trasferta avvenga all’estero, il limite si innalza a 258,23 euro giornalieri. Laddove la trasferta abbia luogo entro i confini del medesimo comune di ordinaria sede di lavoro (trasferta comunale), le spese di vitto e alloggio rimangono deducibili nella sola misura del 75% del loro ammontare, senza applicazione di limiti in valore assoluto.

Per quanto concerne le spese di viaggio e trasporto, queste risultano totalmente deducibili a condizione che siano documentate e sostenute con strumenti di pagamento tracciati – requisito, quest’ultimo, obbligatorio per la deducibilità nel caso di taxi o noleggi con conducente; non richiesto invece per i biglietti di autobus, treno o aereo. Nel caso di utilizzo di veicolo proprio o in noleggio per raggiungere la destinazione, la deducibilità del costo di percorrenza avviene per il versamento del tributo, ma entro certi limiti di cilindrata: completamente deducibile per veicoli di potenza fiscale non superiore a 17 cavalli, ovvero 20 cavalli nel caso di motore diesel.

La consapevolezza di tali limiti diventa cruciale nella fase di pianificazione. Qualora l’azienda preveda di sostenere costi di trasferta più elevati di quelli deducibili, la quota in eccesso non troverà riconoscimento fiscale e rappresenterà costo “occulto” che inciderà negativamente sulla determinazione del reddito.

La policy interna di trasferta: soluzione operativa preferibile

Piuttosto che affidare la determinazione delle modalità e dei massimali di rimborso della trasferta a decisioni caso per caso, la soluzione più razionale consiste nell’adozione di una policy aziendale interna che disciplini in modo preventivo e coerente la materia. Tale documento dovrebbe specificare il valore massimo giornaliero riconosciuto per vitto e alloggio, introducendo se necessario distinzioni tra trasferte nazionali e internazionali, e potenzialmente tra diverse localizzazioni geografiche.

Una policy così strutturata assolve molteplici funzioni. In primo luogo, fornisce certezza giuridica, riducendo il rischio di contestazioni da parte dei dipendenti su quanto loro dovuto. In secondo luogo, facilita la programmazione e il controllo dei costi, permettendo di preventivare con ragionevole precisione l’importo che andrà stanziato in bilancio. In terzo luogo, consente all’amministrazione aziendale di verificare agevolmente il rispetto dei limiti posti dalla normativa fiscale, riducendo il rischio di inadeguate deducibilità.

Una policy ben strutturata dovrebbe inoltre definire le modalità di rimborso – se forfettario o analitico – e, nel caso di rimborso analitico, i criteri per la documentazione. Soprattutto, considerata la novità normativa introdotta nel 2025, la policy dovrebbe esplicitamente richiedere che i pagamenti avvengano tramite strumenti tracciabili, illustrando al personale le conseguenze dell’omancata tracciabilità sia sul piano tributario che su quello dell’effettiva deducibilità aziendale. Una policy così dettagliata evita inoltre conflitti successivi e rappresenta elemento di prova di corretta gestione in caso di verifica fiscale.

Modalità di tracciamento e adeguamento ai nuovi obblighi

La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una modifica strutturale nel regime di tassazione e deducibilità delle trasferte, rendendo obbligatorio l’utilizzo di strumenti di pagamento tracciabili a decorrere dal 1° gennaio 2025. Questo cambiamento, sebbene inteso dal legislatore come misura anti-evasione, comporta conseguenze organizzative per le aziende.

In pratica, il dipendente in trasferta si trova nella necessità di essere dotato di una carta di credito, personale o fornita dall’azienda, al fine di fronteggiare le spese correnti quali alimentazione, ristorazione e taxi. Pagamenti effettuati in contanti, per quanto documentati da scontrino, non conservano più la qualità esentasse se riferiti a vitto, alloggio o trasporto privato non di linea. Quando tuttavia il pagamento avvenga tramite autobus, treno o aereo di linea, continua a permanere l’esenzione anche in caso di pagamento in contanti.

L’azienda ha il compito di verificare che le spese rimborsate al dipendente siano effettivamente state sostenute con tracciabilità. In caso contrario, rimane pur sempre l’obbligo di rimborsare le spese effettivamente sostenute (in quanto dovute dal contratto collettivo), tuttavia la somma rimborsata viene assoggettata a tassazione IRPEF e contribuzione INPS in capo al dipendente. Altresì, il costo non è deducibile per l’azienda. Una soluzione alternativa, al fine di evitare una riduzione netta della somma in busta paga, consiste nel “lordizzare” il rimborso, cioè nel corrispondere un importo superiore a quello effettivamente speso al fine di compensare il carico fiscale e contributivo derivante dalla mancata tracciabilità.

Stima del budget: metodologia di calcolo

La stima del costo delle trasferte ai fini della predisposizione del budget del personale deve seguire un percorso logico sequenziale. In primo luogo, occorre stimare il numero complessivo di giorni di trasferta che si prevedono nel corso dell’esercizio, differenziando – per quanto possibile – quelle nazionali da quelle estere. In secondo luogo, per ogni categoria di trasferta va applicato il costo unitario giornaliero, il quale dipende dalla modalità scelta: forfettario oppure analitico. Nel caso di scelta forfettaria, il calcolo risulta lineare: giorni di trasferta moltiplicati per l’indennità giornaliera prevista nel CCNL o dalla policy aziendale, pur restando entro i limiti di esenzione fiscale.

Nel caso si opti invece per il rimborso analitico, la stima diviene più articolata, richiedendo l’analisi di dati storici riferiti a trasferte precedenti. Utile, in questo contesto, osservare il costo medio giornaliero effettivamente sostenuto dai dipendenti nel passato, introducendo un margine di cautela al fine di considerare possibili incrementi delle spese (inflazione nel comparto alberghiero e della ristorazione, mutamenti nelle tariffe di trasporto). Una volta stimato il costo medio sostenuto, occorre verificare che non ecceda i limiti posti dall’articolo 95 del TUIR. Qualora emergesse un disallineamento tra quanto storicamente speso e quanto deducibile, l’azienda dovrà operare una scelta: accettare il differenziale come costo non deducibile, oppure modificare la policy di trasferta al fine di contenerlo nei limiti normativi.

In via sintetica, il calcolo assume la seguente struttura logica:

Giornate trasferta stimate × Costo medio giornaliero = Costo totale trasferta

Da questo importo lordo occorre poi detrarre le quote non coperte dall’indennità forfettaria (se superiore alle soglie) o non rientranti nei limiti di deducibilità (se rimborso analitico), onde ottenere il costo netto stimato a carico dell’azienda.

Aspetti contributivi e riferimenti normativi

Un profilo spesso trascurato nella pianificazione delle trasferte riguarda l’incidenza sulle contribuzioni previdenziali e assicurative. La retribuzione ordinaria percepita in trasferta è assoggettata alle medesime aliquote contributive INPS e INAIL che si applicherebbero presso la sede ordinaria di lavoro. Non ricevono alcun trattamento speciale fiscalmente più favorevole. Le ore straordinarie prestate in trasferta seguono la medesima disciplina contributiva applicabile allo straordinario ordinario.

Per quanto concerne le indennità forfettarie entro le soglie di esenzione, queste non comportano assoggettamento contributivo. Nel caso, invece, superino le soglie (46,48 € nazionale / 77,47 € estero), la quota eccedente riceve il trattamento retributivo ordinario dal profilo della contribuzione.

I rimborsi analitici di spese effettivamente sostenute, qualora tracciabili, risultano completamente esenti da imposte e contributi.

Documentazione e conservazione

La tracciabilità amministrativa risulta elemento cruciale tanto nei confronti del fisco quanto nei confronti degli enti previdenziali. Nel caso di rimborso analitico, il dipendente deve essere tenuto a produrre una nota spese accompagnata dalla relativa documentazione (scontrini, fatture, estratti bancari). Questa documentazione deve essere conservata presso l’azienda per un periodo di almeno 5 anni, come previsto dalla normativa vigente. Nel caso di rimborso forfettario, l’azienda può in genere limitarsi a conservare la registrazione nel libro paga e nel Libro Unico del Lavoro, unitamente a qualsiasi documento che attesti l’autorizzazione della trasferta.

La nuova disposizione che richiede pagamenti tracciabili comporta, come conseguenza logica, l’obbligo per l’azienda di verifica. Al dipendente dev’essere richiesto di documentare che le spese siano effettivamente state sostenute mediante strumenti tracciabili. Nel caso di rimborso tramite nota spese, potrebbe includersi nella procedura un campo dedicato in cui il dipendente attesti la modalità di pagamento.

Considerazioni conclusive per la pianificazione

L’adozione di un approccio strutturato alla pianificazione dei costi di trasferta consente all’azienda di ottenere molteplici benefici. In primo luogo, una stima accurata contribuisce alla predisposizione di un budget affidabile, riducendo il rischio di scostamenti significativi. In secondo luogo, una policy interna chiaramente formulata riduce incomprensioni e contenziosi con il personale. In terzo luogo, la consapevolezza dei limiti fiscali e contributivi permette all’azienda di operare scelte consapevoli, evitando costi di natura “occulta” che incidano comunque sulla redditività finale.

L’evoluzione normativa, con particolare riguardo alla tracciabilità richiesta dalla Legge di Bilancio 2025, rende ancor più urgente l’adozione di procedure formalizzate e documentate. Non si tratta più di aspetto meramente amministrativo, bensì di elemento rilevante dal profilo del rischio fiscale e della corretta compliance tributaria. La predisposizione di budget del personale rappresenta, in questo contesto, momento di ordine non marginale per garantire sia la sostenibilità economica che il rispetto della normativa vigente.


Allegato: Prospetto sintetico dei regimi giuridici

Componente Contributi INPS Contributi INAIL Imponibilità TFR Note
Retribuzione ore ordinarie trasferta Integralmente imponibile
Retribuzione ore straordinarie No* *Salvo forfettizzazione contrattuale
Ore viaggio (se previste) Sì/No** **Secondo CCNL
Indennità forfettaria (entro soglie)*** No No No ***46,48€ Italia / 77,47€ estero
Indennità forfettaria (sopra soglie) No** **Per quota eccedente
Rimborso analitico tracciato No No No Documentato e tracciabile
Rimborso analitico non tracciato No Assoggettato a imposte

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