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Cessione di quote rivalutate holding

Cessione di quote rivalutate holding: quando non è abuso

6 Novembre, 2025

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Quella che emerge dalla sentenza 139/2025 della Commissione tributaria di Grosseto è una conferma che fa respirare i contribuenti. Non c’è abuso del diritto quando si rivalu tano quote di partecipazione per poi cederle a una società controllata. La Corte toscana lo ha stabilito affrontando un tema che l’Agenzia delle Entrate aveva sollevato con insistenza negli ultimi anni: ma ora, grazie all’atto di indirizzo del Ministero dello scorso 27 febbraio, le coordinate sono più nitide.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Sentenza 139/2025 CTP Grosseto: rivalutare e cedere quote a una holding controllata al 100% non costituisce abuso del diritto se sono rispettati gli obblighi formali e sostanziali.
  • Atto Mef 27/02/2025: la rivalutazione seguita dal trasferimento in holding è legittima se finalizzata a vantaggio tributario previsto dalla legge, purché non ci siano operazioni circolari o strutture fittizie.
  • Imposta sostitutiva: versamento puntuale al 18% garantisce trasparenza e correttezza fiscale.
  • Gestione patrimoniale: la holding deve avere una struttura legittima e documentata; il risparmio d’imposta rimane lecito se non ci sono strategie abusive ricorsive.
  • Attenzione: rischio di contestazione solo in presenza di abusi ciclici, holding fittizie o frodi documentali.

Il caso che ha fatto da apripista

La vicenda sottoposta ai giudici grossetani era sostanzialmente questa. Un soggetto privato (lo chiameremo Tizio) possedeva il 50% di una società Beta. Con il Decreto Legge 282/2022 arrivò l’opportunità di rivalutare quella partecipazione: Tizio l’ha colta, ha versato l’imposta sostitutiva al 18% e ha portato il valore della sua quota a livelli di mercato. Fin qui, niente di strano. Ma poi – e questo è il passaggio critico – ha trasferito la partecipazione a Alfa, una holding da lui controllata al 100%.

L’Agenzia delle Entrate ha subito gridato all’abuso. Nel suo ragionamento, il contribuente aveva creato una sequenza di operazioni solo per ottenere un vantaggio fiscale: rivalutazione, imposta sostitutiva, conferimento in holding. L’Agenzia parlava di “circolarità” dell’operazione, sostenendo che il tutto fosse un escamotage per neutralizzare il carico fiscale.

Il nodo della “circolarità” secondo l’agenzia

Secondo l’impostazione tradizionale dell’Agenzia, quando una partecipazione rivalutata finisce in una holding controllata dal cedente stesso, scatta il sospetto. Perché? Perché – ragionava l’Agenzia – il soggetto non esce davvero dall’operazione, resta di fatto padrone della situazione. Il pagamento avviene tramite l’imposta sostitutiva, sì, ma poi il rischio di “comportamenti abusivi” diventerebbe concreto.

Inoltre, stando all’originaria tesi fiscale, se poi quella partecipazione venisse ceduta a terzi dalla holding (con magari l’applicazione della participation exemption), il valore rivalutato uscirebbe dal circuito del cedente originario, ma il beneficio fiscale resterebbe. È quella che i tecnici dell’Agenzia definivano l’operazione “non abusiva riportata nel documento ministeriale, in cui non si rinviene il requisito della circolarità”.

Cosa cambia con l’atto di indirizzo del Mef

Qui entra in gioco – e non è un dettaglio minore – il pronunciamento del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 27 febbraio 2025. Il Mef ha voluto fare chiarezza sul perimetro dell’abuso del diritto, soprattutto su un aspetto che aveva creato confusione. L’atto di indirizzo ricorda che non costituisce abuso del diritto il comportamento che il contribuente pone in essere, rispettando lettera e spirito delle norme, in vista di un futuro vantaggio tributario.

Applicato al caso: la rivalutazione della quota in prossimità della sua cessione non rappresenta un’operazione abusiva di per sé. Quando il contribuente rivaluta e contemporaneamente intende cedere la partecipazione, sta semplicemente sfruttando uno strumento che l’ordinamento gli mette a disposizione. Non è né frode né evasione.

Ma c’è di più. Il Mef ha anche chiarito che non può configurarsi indebito vantaggio fiscale nel differimento dell’imposizione quando avvenga la costituzione di una holding tramite conferimento di partecipazioni. La scelta strategica di incanalare la ricchezza attraverso una holding, anzichè distribuirla immediatamente, non costituisce un rinvio indefinito della tassazione: è una struttura legittima di gestione patrimoniale e aziendale.

La Corte toscana accoglie la prospettiva del Mef

La sentenza 139/2025 della Commissione tributaria di Grosseto si allinea a questa interpretazione. I giudici hanno ritenuto che nessun elemento della fattispecie sottoposta potesse configurare abuso del diritto. In altre parole: se una persona fisica rivaluta una quota e la trasferisce a una sua holding al 100% (pagando regolarmente l’imposta sostitutiva), non commette nulla di illecito.

La Corte sottolinea un punto cruciale: l’operazione non presenta i caratteri di quella “circolarità piena” che potrebbe giustificare una contestazione. Qui il cedente non rientra in gioco successivamente, non torna a controllare la cosa per una seconda tranche di operazioni. Ha semplicemente portato le partecipazioni dentro una struttura gestionale che possiede già al 100%.

Quel che conta, secondo i magistrati tributari, è che la disciplina della rivalutazione sia stata rispettata nei suoi elementi formali e sostanziali. Non ci sono stati – come recita la sentenza – “comportamenti adottati, rispettando lettera e ratio delle norme, in vista del futuro riconoscimento di un vantaggio tributario”. Tutto è stato fatto secondo le regole.

Il significato esteso della decisione

Questa pronuncia rappresenta uno dei primi casi in cui la giurisprudenza tributaria di primo grado si confronta direttamente con l’atto di indirizzo del Mef del 27 febbraio. Non è poco. Vuol dire che i giudici iniziano a tracciare una linea netta: il risparmio d’imposta, quando legittimo, rimane legittimo anche quando strutturato attraverso operazioni societarie.

In sostanza: un contribuente non commette abuso quando:

  1. Rivaluta le proprie partecipazioni entro le scadenze previste (30 novembre 2025 per la rivalutazione 2025, o prima della cessione se intermediario)
  2. Versa l’imposta sostitutiva al 18% sul rialzo di valore
  3. Trasferisce le quote a una società (anche holding controllata) rispettando gli obblighi formali
  4. Non ripete poi circolarmente l’operazione per creare ulteriori scaglioni di differimento tributario

La circolarità effettiva – cioè quella che potrebbe far scattare il sospetto di abuso – comporterebbe invece che il contribuente, dopo aver ceduto in holding, torni a rilevare la partecipazione in un secondo momento con modalità tali da azzerare nuovamente i guadagni, oppure metta in piedi altri artifizi per moltiplicare i benefici fiscali.

Il contesto delle operazioni straordinarie

Non è irrilevante notare che la sentenza arriva in un momento in cui il legislatore e l’amministrazione finanziaria stanno cercando di stabilizzare il terreno delle operazioni straordinarie. Conferimenti di azienda, scissioni, fusioni, trasformazioni, passaggi generazionali: tutte operazioni legittime, ma spesso bloccate dal sospetto di abuso quando realizzavano un risparmio fiscale.

L’atto di indirizzo del Mef ha provato a mettere dei paletti. Ha detto: il vantaggio fiscale è indebito solo se non è giustificato da motivazioni extra-fiscali significative. Ma la rivalu tazione di quote prima della cessione a holding? Non ha bisogno di “scusa” particolare: è lo strumento ordinario offerto dal decreto legge.

Quindi la Corte grossetana, seguendo queste direttrici, ha ritenuto opportuno escludere l’abuso del diritto dal procedimento. Non solo per formalismo: perché la fattispecie concreta non presentava gli elementi che potrebbero connotarla come “indebita”.

Il ruolo dell’imposta sostitutiva e la trasparenza operativa

Un ulteriore elemento di garanzia – e qui la Corte ci mette mano con precisione – è stato il pagamento puntuale dell’imposta sostitutiva al 18%. Questo non è un dettaglio procedurale. Quando il contribuente rivaluta e paga subito l’imposta, comunica trasparenza all’Agenzia. Il vantaggio fiscale (il differenziale tra il 18% e il 26% ordinario) è già stato “dichiarato” e quantificato. Non è un escamotage nascosto.

Questa trasparenza ha aiutato i giudici toscani a respingere la tesi dell’Agenzia sulla “circolarità” dell’operazione. Se l’operazione fosse davvero abusiva – secondo il ragionamento della Corte – dovrebbe presentare caratteri di occultamento, di frode, o di manipolazione della realtà. Niente di tutto questo.

Cosa cambia per i contribuenti nella pratica

Allora, cosa ne traggono i contribuenti da questa sentenza e dall’atto di indirizzo del Mef?

Intanto, una maggiore certezza nel pianificare operazioni di rivalutazione quando si intende poi trasferire quote a holding o altre strutture controllate. Non è che il percorso diventi completamente immune da contestazioni – dipende sempre dai dettagli della singola operazione – ma il precedente giurisprudenziale segnala che i giudici sono disposti a ragionarci con apertura, purché tutto sia regolare.

In secondo luogo, il principio della neutralità della forma societaria emerge con chiarezza. Il fatto che la partecipazione finisca in una holding al 100% controllata dal cedente non trasforma automaticamente l’operazione in abusa. Conta la sostanza: se la holding è una struttura gestionale legittima (non una scatola vuota creata solo per ottenere il vantaggio fiscale), l’operazione regge.

Terzo aspetto: per chi sta pianificando cessioni a terzi di partecipazioni rivalutate (sia da persona fisica che da holding), la sentenza rassicura. Una volta che le quote sono dentro la holding e rivalutate, la loro successiva vendita a soggetti terzi beneficia della participation exemption (se ricorrono le condizioni) senza che la rivalutazione “preliminare” possa essere contestata come manipolazione del valore.

I limiti della sentenza e le cautele da osservare

Non che tutto sia ora completamente risolto. La sentenza riguarda uno specifico caso, con specifiche circostanze. L’Agenzia potrebbe ancora contestare operazioni di rivalutazione seguite da trasferimento a holding se emerga che:

  1. La holding è soltanto apparente, priva di struttura e finalità legittime;
  2. L’operazione viene ripetuta ciclicamente con la stessa holding o con strutture intermedie, creando così una “sequenza ricorsiva” di vantaggi;
  3. Ci sono elementi di frode o di simulazione nel tracciamento dei documenti;
  4. La cessione finale della holding stessa avviene in modo tale da annullare il vantaggio di cui si era goduto in precedenza (ad esempio, se ceduta per somma pari al valore pre-rivalutazione, cosa che farebbe ipotizzare una concertazione).

Per questi motivi, chi intende fare valutazioni strategiche dovrà comunque valutare il proprio specifico caso, possibilmente con supporto professionale. Un’istanza di interpello antiabuso presso l’Agenzia delle Entrate rimane uno strumento utile per ottenere il “benestare” preventivo del Fisco.

Prospettive normative e consolidamento della giurisprudenza

La sentenza 139/2025 della Cgt Grosseto è destinata probabilmente a fare da apripista. Altre Commissioni tributarie, di fronte a fattispecie simili, potranno richiamarla. Se la tendenza si consolida – e l’atto di indirizzo del Mef sembra andare in questa direzione – avremo un alleggerimento delle contestazioni su questo tema.

Tuttavia, è bene ricordare che l’atto di indirizzo del Mef vinco la l’amministrazione finanziaria, ma non il contribuente o il giudice in modo assoluto. Restano sempre margini di interpretazione, e il contesto politico-amministrativo potrebbe mutare. La Corte di Cassazione potrebbe un giorno pronunciarsi diversamente, magari evidenziando profili non colti a livello di primo grado.

Per questo, chi implementa operazioni di questo tipo dovrebbe sempre curare la documentazione, conservare le perizie di valutazione, tracciare chiaramente le motivazioni extra-fiscali (se ce ne sono: ad esempio, una riorganizzazione gestionale o un assetto di governance più funzionale).

Conclusione operativa: quando la struttura regge

Ricapitolando il quadro: rivalutare quote di partecipazione tramite decreto legge, pagare l’imposta sostitutiva al 18%, e poi trasferirle a una holding controllata al 100% non configura abuso del diritto.

Questo purché:

  • la rivalutazione avvenga entro i termini previsti
  • l’imposta sostitutiva sia versata puntualmente
  • la holding sia una struttura legittima (non fittizia)
  • non ci siano successivamente altri giri di operazioni finalizzate a moltiplicare i vantaggi
  • la documentazione sia completa e trasparente

La sentenza di Grosseto, coniugata con l’atto di indirizzo del Mef di febbraio 2025, sembra tracciare questa linea. Non è un’immunità assoluta, ma è un segnale che il sistema giudiziario tributario inizia a guardare con maggiore equilibrio a operazioni che, pur se convenienti sul piano fiscale, rispondono a schemi ordinari previsti dall’ordinamento.

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