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Buoni pasto

Buoni pasto elettronici 2026: la soglia di esenzione sale a 10 euro

28 Ottobre, 2025

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Tra le misure inserite nella prossima legge di bilancio, spicca un intervento destinato a impattare concretamente sulle dinamiche di potere d’acquisto di milioni di lavoratori dipendenti: il Governo ha infatti approvato l’incremento della soglia di esenzione fiscale per i ticket pasto digitalizzati, che passerà dagli attuali 8 euro a 10 euro giornalieri. La decisione, comunicata nel corso della seduta di Consiglio dei Ministri del 17 ottobre 2025, segue anni di pressioni delle associazioni di categoria e rappresenta un aggiustamento ormai non più rinviabile rispetto all’evoluzione inflazionistica.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Soglia di esenzione in aumento: dal 2026 i buoni pasto elettronici passano da 8€ a 10€ giornalieri senza tassazione
  • Vantaggio per i lavoratori: circa 440€ in più all’anno detassati (su 220 giorni lavorativi)
  • Buoni cartacei esclusi: restano fermi al limite di 4€ giornalieri
  • Nessun obbligo per le aziende: l’aumento riguarda solo il trattamento fiscale, non impone aumenti automatici del valore dei ticket
  • Tetto commissioni al 5%: dal 1° gennaio 2026 le commissioni per gli esercenti non potranno superare il 5%
  • Impatto economico: oltre 3,5 milioni di lavoratori beneficiari, con ricadute positive sui consumi per 1,7-1,9 miliardi di euro
  • Costo per lo Stato: 75-90 milioni, ma con gettito IVA aggiuntivo di 170-200 milioni (saldo positivo)

Il contesto normativo e la storia recente

Prima di addentrarsi nei dettagli tecnici della novità, occorre ricostruire brevemente il quadro normativo di riferimento. Secondo quanto previsto dall’art. 5, comma 2, lettera c) del Testo Unico delle Imposte sul Reddito, i buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente entro determinati limiti. Fino al 2019 si registrava una differenziazione abbastanza marcata: i ticket cartacei godevano di esenzione fino a 5,29 euro, mentre quelli digitali fino a 7 euro al giorno.

Dal 2020 il panorama è cambiato. L’intervento normativo di quello stesso anno ha ridotto il limite per i buoni cartacei a 4 euro, ma al contempo ha elevato quello per i corrispettivi elettronici a 8 euro. Da allora nulla si è mosso. Cinque anni di inerzia amministrativa in un contesto dove l’inflazione ha eroduto pesantemente il valore reale di questi strumenti di welfare.

Perché la revisione era inevitabile

Chi frequenta con regolarità bar o piccoli ristoranti sa bene quale sia la realtà dei prezzi. Il costo medio di una pausa pranzo, negli ultimi tempi, si aggira attorno ai 12,50 euro. Per il settore privato la situazione è ancora più critica: secondo le rilevazioni disponibili, una buona fetta degli esercizi convenzionati pratica listini che superano ampiamente questa soglia.

Non si tratta solo di una questione italiana. In ambito europeo, la media degli importi esentasse per i ticket pasto si attesta intorno agli 11 euro. L’Italia, con il suo limite di 8 euro, rappresentava di fatto un’eccezione al ribasso rispetto al panorama continentale.

Le aziende emettitrici, così come le organizzazioni sindacali, hanno sottolineato come il mancato adeguamento traducesse una progressiva perdita di valore economico per i beneficiari. Si consideri che, con circa 220 giorni lavorativi medi nell’arco dell’anno, l’esenzione a 8 euro genera un beneficio complessivo di 1.760 euro annui. Portando la soglia a 10 euro, questo importo sale a 2.200 euro, con un incremento netto di 440 euro che non subisce alcuna tassazione.

Le specifiche della misura e il suo ambito applicativo

La novità riguarda esclusivamente i buoni pasto elettronici. Rimane invece immutato il limite di 4 euro per la versione cartacea, una scelta che ha generato non poche polemiche all’interno del sistema.

Una precisazione importante: l’aumento della soglia non comporta alcun obbligo automatico per i datori di lavoro di elevare il valore nominale dei ticket. Quello che cambia è il trattamento fiscale. Un dipendente che riceve un buono pasto elettronico da 10 euro non versherà imposte e contributi fino a questa cifra. Se l’azienda decidesse di alzare unilateralmente l’importo del beneficio, lo farebbe attraverso accordi integrativi o contrattazioni decentrate, ma il quadro fiscale di riferimento lo consente senza penalizzazioni.

Secondo la prassi amministrativa consolidata, basti pensare alla Risoluzione 26/2010 dell’Agenzia delle Entrate, il beneficio è riconosciuto quando i ticket vengono erogati alla generalità dei dipendenti o a categorie omogenee. L’eccedenza rispetto al limite – nel nuovo scenario, qualunque importo superiore ai 10 euro – resta assoggettata a tassazione come reddito di lavoro.

L’impatto economico reale

Secondo uno studio condotto dalla European House – Ambrosetti in collaborazione con Edenred, il costo stimato per la finanza pubblica dell’innalzamento della soglia oscillerebbe tra 75 e 90 milioni di euro su base annua. Tuttavia, i ritorni economici indotti risulterebbero significativamente superiori. L’incremento dei consumi domestici potrebbe raggiungere i 1,7-1,9 miliardi di euro. Da questo maggior volume di spesa seguirebbe un gettito aggiuntivo di IVA compreso tra 170 e 200 milioni di euro.

Il saldo complessivo, pertanto, risulterebbe positivo per le casse dello Stato. Nei calcoli dei tecnici, il guadagno netto oscillerebbe tra 95 e 110 milioni di euro. Un quadro che trasforma la misura da elemento di costo a vera e propria leva di stimolo al consumo interno in un momento dove i margini di crescita della domanda interna rimangono contenuti.

Consideriamo, infine, una platea non indifferente: attualmente beneficiano dei buoni pasto oltre 3,5 milioni di lavoratori. Nel dettaglio: 2,8 milioni nel settore privato e 700.000 nel comparto pubblico. Il mercato complessivo dei ticket pasto, secondo le stime di settore, oscilla attorno ai 4,5 miliardi di euro.

La digitalizzazione come driver di cambiamento

L’intervento normativo sulle soglie di esenzione non rappresenta un episodio isolato. Rientra in una logica più ampia, quella che punta a incentivare il passaggio progressivo verso strumenti digitali. I buoni pasto in formato elettronico, infatti, presentano caratteristiche che vanno oltre la mera comodità d’uso.

Tracciabilità completa, riduzione dei rischi di utilizzi impropri, semplificazione dei controlli dell’Amministrazione finanziaria: sono questi gli aspetti che rendono il formato digitale preferibile da molteplici punti di vista, sia privatistico che pubblicistico. Un buono pasto cartaceo è per sua natura anonimo e difficilmente controllabile. Un buono elettronico lascia una traccia digitale che consente verifica immediata, matching con i dati dell’esercente, riconciliazione contabile agevole.

La disposizione rappresenta dunque un modo soft di spingere verso la modernizzazione senza ricorrere a divieti diretti o a imposizioni coercitive. Chi sceglie di restare legato al cartaceo conserva i propri diritti, ma senza beneficiare dell’aggiustamento economico della soglia.

Le novità della Legge n. 193/2024

A completare il quadro normativo interviene la Legge n. 193/2024, la c.d. Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2023. Secondo quanto previsto dall’art. 37 di questo provvedimento, è stato introdotto un tetto massimo del 5% alle commissioni che le società emettitrici possono addebitare agli esercenti per ogni operazione di buono pasto.

Tale limite, precedentemente circoscritto al solo ambito dei contratti pubblici (secondo il Codice dei contratti pubblici), è stato esteso, dal 1° settembre 2025, anche ai contratti privati. La norma si è applicata immediatamente ai nuovi accordi e, per quelli preesistenti, era prevista una fase transitoria fino al 31 agosto 2025 per l’adeguamento alle nuove disposizioni.

Dal 1° gennaio 2026 in poi, tutti i buoni pasto – sia in forma cartacea sia elettronica – dovranno rispettare questo tetto commissionale. Dalla prospettiva degli esercenti, la misura rappresenta uno sgravio significativo: una commissione del 5% su un buono da 10 euro equivale a 50 centesimi, un importo decisamente più contenuto rispetto ai tassi praticati in precedenza, talvolta prossimi al 7-8%.

Come si articola la nuova soglia nel dettaglio

Formato del buono Limite esenzione fino al 2019 Limite esenzione 2020-2025 Limite esenzione 2026+
Cartaceo 5,29 € 4,00 € 4,00 €
Elettronico 7,00 € 8,00 € 10,00 €

La tabella sintetizza l’evoluzione storica. Colpisce la stasi nel trattenimento del limite cartaceo dopo il 2020. Una disparità che diverse associazioni sindacali hanno stigmatizzato come una penalizzazione ai danni di determinate categorie di lavoratori.

Rischi di marginalizzazione settoriale

Una critica ricorrente nei mesi scorsi proviene dal mondo della logistica, della distribuzione e dalle piccole realtà artigianali. In questi comparti, la penetrazione della digitalizzazione nei sistemi di gestione del personale rimane ancora insufficiente. Il passaggio ai buoni elettronici richiederebbe investimenti infrastrutturali che, per imprese di ridotte dimensioni, possono rappresentare un ostacolo.

Senza un piano di accompagnamento o incentivi specifici per favorire la transizione, il rischio concreto è che dipendenti di questi settori rimangano esclusi dai benefici dell’aumento della soglia. Una questione di equità sociale che merita attenzione, anche se i tecnici del Ministero dell’Economia non hanno ancora ritenuto opportuno di implementare meccanismi correttivi strutturati. Come spesso accade, la norma impone la direzione del cambiamento, ma non affronta gli ostacoli pratici dell’implementazione.

Effetti sulla busta paga e sul welfare aziendale

Per un dipendente che riceve abitualmente buoni pasto elettronici, il calcolo è semplice. Due euro in più di esenzione al giorno significano, su base annua (considerando una media di 220 giorni lavorativi effettivi), un incremento di circa 440 euro. Non si tratta di importo tassabile, quindi il beneficio netto corrisponde interamente a questa cifra.

Per una famiglia con reddito compreso tra 25.000 e 50.000 euro annui, l’equivalente di quasi una mensilità supplementare nel corso dell’anno rappresenta un contributo non marginale al bilancio domestico. D’altro canto, le aziende possono presentare questo aggiustamento come parte integrante della propria strategia di welfare, comunicando ai propri dipendenti che il valore reale del beneficio è stato recuperato in linea con l’andamento dei prezzi.

Una questione secondaria ma non irrilevante: dal punto di vista gestionale, le imprese dovranno adeguare i propri sistemi informativi e i propri accordi integrativi qualora intendessero sfruttare pienamente la nuova soglia. Le società di intermediazione, che gestiscono la piattaforma per l’erogazione dei buoni, dovranno a loro volta aggiornare le logiche di controllo della conformità alle disposizioni fiscali.

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