L’Agenzia delle Entrate ha avviato una nuova fase di verifiche incrociate sui documenti fiscali relativi all’annualità 2023. Sotto esame i dati trasmessi attraverso il Sistema di Interscambio, le memorie dei registratori telematici e quanto riportato nei modelli dichiarativi annuali. Gli operatori economici destinatari delle comunicazioni possono sanare eventuali irregolarità attraverso il ravvedimento operoso, beneficiando così della riduzione delle sanzioni previste dalla normativa tributaria. Il provvedimento del 9 ottobre – protocollo 111204/2025 – fornisce i dettagli operativi di questa attività di compliance.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- L’Agenzia delle Entrate ha avviato verifiche incrociate sulle fatture, corrispettivi e dichiarazioni relative al 2023.
- Le anomalie tra i dati fanno scattare comunicazioni via PEC: non sono accertamenti, ma inviti alla verifica.
- È possibile regolarizzare con ravvedimento operoso, riducendo le sanzioni in base ai tempi di intervento.
- I dati disponibili nel cassetto fiscale includono dettagli sulle operazioni attive, passive e corrispettivi.
- Risposte al Fisco: chiarimenti su anomalie o regolarizzazione spontanea.
- La procedura è automatizzata grazie a sistemi di controllo digitale e analytics fiscali.
- Agire tempestivamente consente la chiusura rapida della posizione e riduce rischi di verifiche approfondite.
Come funzionano le verifiche dell’Amministrazione
L’attività ispettiva (che nella prassi viene spesso chiamata “compliance preventiva”) si basa sull’incrocio automatizzato di tre flussi informativi. Da un lato troviamo i documenti elettronici transitati dal Sistema di Interscambio, dall’altro i dati giornalieri dei corrispettivi memorizzati e trasmessi. Il terzo elemento è rappresentato dalle informazioni riportate nel modello IVA annuale.
Quando emergono discrepanze tra questi elementi, il sistema genera automaticamente un alert. Non si tratta di un accertamento vero e proprio (questo è importante sottolinearlo), ma di una comunicazione che invita il contribuente a verificare la propria posizione. La differenza, secondo quanto previsto dall’art. 1, commi da 634 a 636, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è fondamentale: siamo ancora in una fase collaborativa.
Le comunicazioni via posta elettronica certificata
Le partite IVA interessate ricevono la notifica all’indirizzo PEC registrato negli archivi dell’Amministrazione. Il contenuto della lettera include diverse informazioni: codice fiscale del destinatario (che può essere sia denominazione per le società, sia cognome e nome per le persone fisiche), numero identificativo univoco della comunicazione, anno di imposta oggetto di verifica, codice atto specifico e importo totale delle transazioni IVA trasmesse per via telematica.
Ma non solo. Nella comunicazione vengono fornite le istruzioni per accedere ai dettagli dell’anomalia nel cassetto fiscale, le modalità per interagire con l’Ufficio e, soprattutto, le indicazioni per procedere alla regolarizzazione. Nella pratica professionale si osserva che molti contribuenti si limitano a leggere la PEC senza approfondire la documentazione disponibile online – errore da evitare.
Controlli IVA 2023: i dati disponibili nel cassetto fiscale
L’accesso al portale “Fatture e Corrispettivi” consente di visualizzare informazioni molto dettagliate. Si parte dal numero di protocollo e dalla data di invio della dichiarazione IVA, per poi arrivare a dati più specifici.
Per le operazioni attive imponibili, il sistema calcola la somma algebrica di diversi righi del modello: il VE24 colonna 1 (che riporta il totale imponibile), il VE37 colonna 1 (operazioni con imposta esigibile in annualità successive), il VE38 (transazioni verso soggetti di cui all’articolo 17-ter del D.P.R. 633/1972) e il VE39 (operazioni di anni precedenti con IVA esigibile nell’anno corrente).
Per quanto riguarda le operazioni passive in reverse charge – quelle per le quali chi acquista deve versare l’imposta invece del fornitore – viene effettuata la somma dei dati presenti nei righi da VJ6 a VJ17 (colonna 1). Si consideri che questo meccanismo riguarda principalmente settori specifici: edilizia, beni utilizzati, telefonia mobile e console da gioco, per citare i più frequenti.
Il cassetto fiscale mostra anche l’importo complessivo che non risulterebbe indicato nella dichiarazione annuale, distinguendo tra operazioni attive e passive. Vengono inoltre elencati i dati dei clienti (denominazione o nominativo e codice fiscale) con il relativo ammontare delle operazioni, così come accade per i fornitori nelle operazioni soggette a inversione contabile.
Anomalie riscontrate: esempi pratici
Proviamo a fare un esempio concreto per chiarire. Supponiamo che una società commerciale abbia trasmesso fatture elettroniche per operazioni imponibili nel 2023 per un totale di 280.000 euro. Nella dichiarazione annuale IVA, però, risultano operazioni attive imponibili per soli 245.000 euro. Questa differenza di 35.000 euro fa scattare la comunicazione.
Altro caso frequente: un professionista ha emesso fatture per servizi nei confronti di un ente pubblico soggetto a split payment (meccanismo previsto dall’art. 17-ter citato prima). Se queste operazioni non vengono correttamente indicate nel quadro VE, sezione 3, della dichiarazione, si genera un’anomalia che viene rilevata dai controlli automatizzati.
Le due strade per rispondere al Fisco
Chi riceve una di queste lettere ha, sostanzialmente, due opzioni. La prima consiste nel fornire chiarimenti all’Amministrazione finanziaria. Può darsi che l’anomalia sia solo apparente: magari sono state registrate operazioni fuori campo IVA che non dovevano rientrare nel calcolo, oppure esistono elementi che giustificano la discrepanza. In questi casi è possibile comunicare – anche tramite intermediario abilitato – le circostanze che il sistema automatico non ha considerato.
La seconda strada è quella della regolarizzazione spontanea. Il ravvedimento operoso, disciplinato dall’art. 13 del D.Lgs. 472/1997, prevede una riduzione progressiva delle sanzioni in base al tempo trascorso dalla violazione. Occorre però prestare attenzione ai tempi: la procedura può essere attivata “a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata”, come specifica il provvedimento, ma non dopo la notifica di atti di accertamento o liquidazione.
I corrispettivi giornalieri nel mirino
Anche i dati dei corrispettivi finiscono sotto la lente. Il sistema verifica l’ammontare complessivo delle operazioni imponibili trasmesso telematicamente, distinguendo per tipologia: matricola del registratore telematico, documenti commerciali online (per chi utilizza la procedura web messa a disposizione dall’Agenzia) o distributori automatici di carburante.
Come spesso accade nella prassi operativa, le criticità maggiori si riscontrano quando coesistono più modalità di certificazione dei corrispettivi. Pensiamo a un’attività che ha sia un punto vendita fisico con registratore RT, sia vendite online: occorre che tutti i flussi convergano correttamente nel modello dichiarativo.
Aspetti sanzionatori e ravvedimento
La normativa prevede sanzioni diverse a seconda della tipologia di violazione. Per omessa o infedele dichiarazione, secondo quanto previsto dagli artt. 5 e 6 del D.Lgs. 471/1997 (come modificati dal D.Lgs. 87/2024), le sanzioni possono variare dal 90% al 180% dell’imposta dovuta. Il ravvedimento operoso consente di ridurle sensibilmente, ma la percentuale di riduzione dipende dal momento in cui si interviene.
Se la regolarizzazione avviene entro 90 giorni dalla scadenza, la sanzione viene ridotta a un nono del minimo (quindi circa il 10% dell’imposta). Se si interviene entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel quale è stata commessa la violazione, la riduzione è a un ottavo (circa 11,25%). Oltre questi termini, ma prima di ricevere comunicazioni formali, la riduzione è a un settimo (circa 12,86%).
Verifiche incrociate: il ruolo della tecnologia
Il sistema di controllo si basa su algoritmi che confrontano i dati in modo automatizzato. Non c’è quindi un funzionario che esamina manualmente le singole posizioni (almeno in questa fase iniziale). L’intelligenza artificiale – o meglio, i sistemi di data analytics utilizzati dall’Amministrazione – individua pattern e scostamenti che poi vengono comunicati ai contribuenti.
Questo meccanismo ha un duplice obiettivo: da un lato favorire l’adempimento spontaneo, dall’altro ottimizzare le risorse dell’Amministrazione concentrando i controlli tradizionali su situazioni di maggior rilievo. Nella pratica si osserva che l’efficacia di questo approccio è piuttosto elevata: una percentuale significativa di contribuenti procede alla regolarizzazione dopo aver ricevuto la comunicazione.
La consultazione della documentazione online
Per accedere al cassetto fiscale e verificare i dettagli dell’anomalia è necessario autenticarsi tramite SPID, CIE o CNS. Una volta effettuato l’accesso al portale “Fatture e Corrispettivi” (disponibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate), occorre selezionare la sezione dedicata alle comunicazioni ricevute.
Qui si trovano tutti gli elementi informativi: i documenti elettronici trasmessi, i corrispettivi memorizzati, le operazioni dichiarate. È possibile anche scaricare file in formato excel per effettuare verifiche incrociate. Molti professionisti consigliano di effettuare questa analisi prima di prendere qualsiasi decisione, per capire esattamente dove si è originata la discrepanza.
Termini e scadenze da rispettare
Non esistono scadenze perentorie per rispondere alla comunicazione. Tuttavia è opportuno agire tempestivamente per due ragioni: la prima è che il decorso del tempo riduce i benefici del ravvedimento operoso, la seconda è che l’Amministrazione potrebbe procedere con verifiche più approfondite se non riceve riscontri.
Nella prassi amministrativa si osserva che chi regolarizza entro 30-60 giorni dalla ricezione della PEC ottiene generalmente una chiusura rapida della posizione. Chi invece attende mesi rischia che la pratica venga inserita in liste di selezione per controlli più penetranti.
Il ruolo degli intermediari fiscali
I commercialisti e gli altri professionisti abilitati possono accedere al cassetto fiscale dei propri clienti (previa delega) e gestire l’intera procedura di risposta. Possono trasmettere chiarimenti, documentazione integrativa o procedere direttamente alla predisposizione del ravvedimento operoso con i relativi versamenti.
L’art. 3, comma 3, del D.P.R. 322/1998 disciplina le modalità di invio delle dichiarazioni integrative tramite intermediari. Anche per le comunicazioni in risposta alle lettere dell’Agenzia è possibile avvalersi dello stesso canale telematico, utilizzando i servizi Entratel o Fisconline (ora unificati nel Desktop Telematico).
Differenze rispetto alle comunicazioni di irregolarità
Questa tipologia di comunicazione non va confusa con le lettere di compliance basate sulle “comunicazioni di irregolarità” previste dall’art. 36-bis del D.P.R. 600/1973. Quelle riguardano difformità emerse dalla liquidazione automatica delle dichiarazioni e hanno tempistiche e conseguenze diverse.
Qui siamo di fronte a un invito all’adempimento spontaneo basato sull’incrocio di banche dati specifiche (fatture elettroniche e corrispettivi). La ratio è quella di intercettare errori formali o dimenticanze prima che si trasformino in contestazioni formali.
Considerazioni operative finali
Le partite IVA che ricevono queste comunicazioni non devono allarmarsi eccessivamente. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di anomalie sanabili senza particolari conseguenze se si interviene tempestivamente. È però fondamentale non ignorare la PEC e procedere a una verifica accurata della propria posizione.
Un ultimo aspetto da considerare: anche se non si ritiene di aver commesso errori, è sempre consigliabile fornire un riscontro all’Amministrazione. L’interlocuzione preventiva può evitare fraintendimenti e dimostra un atteggiamento collaborativo che l’Agenzia valuta positivamente nell’ambito della compliance.