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Affittacamere: inquadramento fiscale e tipologie di reddito prodotto

17 Settembre, 2025

Gli affittacamere rappresentano una forma di ricettività turistica che genera interrogativi di natura tributaria sempre più frequenti nella pratica professionale. La questione centrale riguarda la corretta classificazione del reddito prodotto da questa attività, tema che presenta sfumature complesse legate all’intreccio tra normative regionali e disposizioni fiscali nazionali.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • Gli affittacamere sono soggetti a una disciplina fiscale e amministrativa variabile su base regionale, dopo il superamento delle norme nazionali.
  • L’inquadramento fiscale dipende dal tipo di gestione:
    • reddito diverso se l’attività è saltuaria e senza organizzazione,
    • reddito d’impresa se gestita con abitualità e organizzazione di mezzi/persone.
  • Non è mai ammessa la tassazione come reddito fondiario: le attività di affittacamere sono sempre “strutture ricettive extralberghiere”.
  • Le differenze con le locazioni brevi sono nette: il limite delle 4 unità immobiliari comporta obbligo di partita IVA e presunzione d’impresa.
  • Permangono criticità interpretative a causa della sovrapposizione tra regole fiscali nazionali e normative regionali.

Il quadro normativo post-riforma: dalle disposizioni nazionali alle regole regionali

La disciplina degli affittacamere ha subito una trasformazione significativa. L’articolo 12, secondo comma, dell’Allegato 1 al D.Lgs. 79/2011 – ormai superato – definiva questi esercizi come strutture ricettive composte da camere ubicate in più appartamenti ammobiliati all’interno del medesimo stabile, con la possibilità di fornire alloggio e servizi complementari.

La sentenza n. 80/2012 della Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale previsione. Da quel momento, si è verificato un passaggio di competenze verso le Regioni, ciascuna delle quali ha sviluppato proprie normative specifiche.

Le diverse configurazioni regionali: un panorama frammentato

Nella prassi applicativa, la varietà delle discipline regionali genera casistiche articolate. Il Piemonte distingue tra gestione imprenditoriale (fino a 6 camere e 12 posti letto) e non imprenditoriale (limite ridotto a 3 camere e 6 posti letto). Le camere devono essere collocate in massimo due appartamenti ammobiliati nel medesimo edificio.

La Lombardia ha optato per una riconversione terminologica, sostituendo l’affittacamere con due figure distinte: la “foresteria” (gestione imprenditoriale, massimo 14 posti letto) e la “locanda” (struttura complementare all’attività di somministrazione, fino a 6 camere per 14 posti letto).

La Sicilia mantiene la denominazione tradizionale, con un limite di 6 camere nella stessa unità immobiliare, capacità massima di 24 posti letto e gestione obbligatoriamente imprenditoriale. È opportuno notare come venga specificato un massimo di 4 posti letto per camera.

Il modello toscano prevede anch’esso il limite di 6 camere, ma con capacità ricettiva ridotta a 12 posti letto complessivi, sempre nella medesima unità immobiliare.

La qualificazione fiscale: tra reddito diverso e reddito d’impresa

La classificazione fiscale degli affittacamere dipende sostanzialmente dalle modalità operative adottate dal gestore. Come spesso accade nella materia tributaria, la distinzione non è sempre immediata e richiede un’analisi caso per caso.

Le disposizioni regionali tendono a classificare l’affittacamere quale “struttura ricettiva extralberghiera”, creando una differenziazione netta rispetto alle locazioni turistiche ordinarie. Questo aspetto risulta determinante ai fini dell’inquadramento fiscale.

Reddito diverso: quando manca l’abitualità professionale

Qualora l’attività sia svolta senza il requisito della professionalità abituale, si configura un reddito diverso ex articolo 67, primo comma, lettera i) del TUIR. Si tratta di reddito derivante da attività commerciale non esercitata abitualmente.

La determinazione avviene per differenza tra l’ammontare dei corrispettivi percepiti e le spese inerenti alla produzione del reddito, secondo quanto previsto dall’art. 71, secondo comma, del TUIR. Nella prassi, tuttavia, può risultare complesso stabilire il confine tra gestione occasionale e professionale.

Reddito d’impresa: l’elemento dell’organizzazione

Laddove l’attività presenti caratteri di abitualità e organizzazione, fornendo prestazioni accessorie come pulizia, cambio biancheria, lavaggio e stiratura, si configura un’autentica attività imprenditoriale. La giurisprudenza ha talvolta interpretato in senso ampio questo requisito.

Le risoluzioni ministeriali n. 381691/1980, n. 361700/1977 e n. 181786/1980, unitamente a Cass. n. 21841/2018, hanno chiarito che la presenza di un’organizzazione di mezzi e persone costituisce elemento qualificante per l’inquadramento nell’ambito dei redditi d’impresa.

L’esclusione del reddito fondiario: una conseguenza inevitabile

Un aspetto spesso trascurato riguarda l’impossibilità di configurare redditi di tipo fondiario per la gestione di affittacamere. La classificazione regionale come “attività turistico-ricettiva extralberghiera” esclude automaticamente tale possibilità, impedendo l’applicazione della cedolare secca.

Questa conclusione prescinde dall’effettiva erogazione di servizi alla persona. La mera classificazione amministrativa determina, di fatto, l’inquadramento fiscale, distinguendo l’affittacamere dalle locazioni turistiche tradizionali.

La distinzione dalle locazioni brevi: riferimenti normativi

L’Agenzia delle Entrate ha precisato nella circolare n. 24/E/2017 che le locazioni turistiche ammettono solo servizi strettamente connessi all’utilizzo dell’immobile (utenze, wi-fi, televisione). Questo chiarimento si riferiva specificamente alle “locazioni brevi” disciplinate dall’art. 4 del D.L. 50/2017.

Il limite delle 4 unità immobiliari per le locazioni brevi opera come soglia oltre la quale scatta la presunzione assoluta di gestione imprenditoriale, con conseguente obbligo di partita IVA.

Le criticità ricorrenti nell’applicazione pratica

Nell’esperienza applicativa emerge spesso la difficoltà di tracciare confini netti tra le diverse tipologie di attività ricettiva. La sovrapposizione tra normative regionali e discipline fiscali nazionali genera incertezze interpretative.

Il fenomeno dell'”hospitality” si caratterizza per questa complessità normativa, giustificata dal riparto costituzionale di competenze che attribuisce alle Regioni la disciplina turistica (art. 117, comma 4 della Costituzione) pur mantenendo a livello statale la normativa tributaria.

Questa stratificazione normativa condiziona, inevitabilmente, l’applicazione delle imposte sui redditi e dell’IVA, creando un sistema in cui le scelte regionali influenzano direttamente gli aspetti fiscali di competenza nazionale.

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