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Accertamento credito di imposta Ricerca e Sviluppo: parere tecnico MIMIT obbligatorio per verifiche

4 Agosto, 2025

La Commissione Tributaria di Napoli annulla un recupero da 350mila euro. Senza il supporto ministeriale l’Agenzia delle Entrate non può contestare la natura tecnico-scientifica dei progetti di ricerca e sviluppo. Una decisione destinata a cambiare gli equilibri nella prassi verificatoria.

Accertamento credito di imposta Ricerca e Sviluppo: Il caso che ridefinisce gli equilibri procedurali

Il tribunale partenopeo ha messo nero su bianco quello che molti professionisti sostenevano da tempo: l’Agenzia delle Entrate non può fare tutto da sola quando si tratta di valutare progetti credito R&S altamente specializzati. La sentenza n. 13533/2025 del 23 luglio 2025 rappresenta un punto di svolta nella giurisprudenza di merito, stabilendo principi che potrebbero rivoluzionare l’approccio dell’Amministrazione finanziaria alle verifiche in materia di ricerca e sviluppo.

Il caso riguardava una società che aveva beneficiato di oltre 350.000 euro di credito d’imposta per un progetto di “sviluppo sperimentale” avviato nel 2016. L’azienda aveva prodotto una documentazione tecnica asseverata da un certificatore iscritto all’Albo del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, redatta secondo i rigorosi criteri OCSE-Frascati stabiliti dal Decreto del 27 maggio 2015.

L’Agenzia delle Entrate aveva però contestato frontalmente la natura innovativa dell’attività, liquidandola come una mera evoluzione di tecnologie già disponibili sul mercato – una valutazione che i giudici hanno definito “superficiale” e “priva di adeguato fondamento tecnico”.

La lacuna procedurale che invalida l’accertamento

La Corte ha individuato un vizio procedurale sostanziale: l’omessa acquisizione del parere tecnico del MIMIT. Secondo quanto previsto dalla normativa vigente, l’Amministrazione finanziaria ha la facoltà di richiedere il supporto ministeriale quando emergono profili di particolare complessità tecnico-scientifica. Ma è proprio qui che si annida il problema: quando questa facoltà diventa sostanzialmente un obbligo?

I giudici napoletani hanno fornito una risposta precisa. In presenza di contestazioni che investono aspetti altamente specialistici – come la valutazione dell’innovatività di processi o prodotti – l’Agenzia non può esimersi dal coinvolgere l’organo tecnico competente. Il ragionamento è lineare: se l’Amministrazione finanziaria manca delle competenze necessarie per valutazioni così specifiche, come può fondare un atto impositivo su mere considerazioni interne?

Il paradosso emerso dalla vicenda è emblematico. Da un lato, una società che aveva prodotto una relazione tecnica asseverata conforme ai parametri internazionali; dall’altro, un Ufficio che procedeva con valutazioni autonome su materie che richiedevano expertise specialistiche. La Corte ha osservato che in queste condizioni le considerazioni dell’Agenzia “si pongono sullo stesso piano delle deduzioni difensive”, svuotando di fatto l’istruttoria della pretesa tributaria.

Il decreto del 27 maggio 2015 e i suoi effetti pratici

Il quadro normativo di riferimento trova le sue basi nel decreto del 27 maggio 2015, che ha attuato il credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo introdotto dal decreto-legge n. 145/2013. Il provvedimento stabilisce criteri precisi per la classificazione delle attività ammissibili, facendo riferimento ai parametri contenuti nel Manuale di Frascati dell’OCSE.

Nella prassi applicativa, tuttavia, si sono manifestate criticità ricorrenti. L’Agenzia delle Entrate ha spesso adottato un approccio “attualista” nella valutazione del requisito della novità, valutando progetti del 2016 con criteri e conoscenze del 2024-2025. Un approccio che la giurisprudenza ha definito metodologicamente scorretto.

Il decreto del 26 maggio 2020, successivamente emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico (oggi MIMIT), ha ulteriormente specificato i criteri per la corretta applicazione delle definizioni, tenendo conto dei principi generali contenuti nel Manuale di Oslo dell’OCSE per le attività di innovazione tecnologica.

L’orientamento giurisprudenziale si consolida

La decisione napoletana non rappresenta un caso isolato. Negli ultimi anni si è consolidato un orientamento delle Commissioni Tributarie di merito sempre più favorevole al coinvolgimento del MIMIT nei procedimenti di verifica. Tra le pronunce più significative si annoverano la CTP di Aosta n. 46/2021, la CTP di Vicenza n. 365/2021 e n. 14/2022, la CTP di Roma n. 5918/2022, la CGT di Chieti n. 454/2022 e la CGT di Rimini n. 99/2023.

Tutte queste decisioni convergono su un punto centrale: l’Agenzia delle Entrate deve acquisire il preventivo parere tecnico del Ministero competente per contestare validamente la corretta fruizione del credito d’imposta ricerca e sviluppo. Non si tratta di una mera formalità procedurale, ma di un requisito sostanziale che attiene alla stessa legittimità dell’azione amministrativa.

La giurisprudenza ha inoltre chiarito che il Manuale di Frascati, pur costituendo un riferimento tecnico autorevole, non ha valore giuridicamente vincolante nell’ordinamento nazionale. Il suo utilizzo come fonte interpretativa ha generato non pochi contrasti tra l’Amministrazione finanziaria, il MISE e i contribuenti, soprattutto per progetti realizzati prima del 2018, quando l’Agenzia non aveva ancora adottato questi parametri come riferimento consolidato.

Le sanzioni e il regime del credito inesistente

Un aspetto particolare della vicenda riguarda il regime sanzionatorio applicato dall’Agenzia delle Entrate. Negli ultimi anni si è assistito a un’applicazione quasi automatica della disciplina del credito inesistente prevista dall’articolo 13, comma 5, del D.Lgs. 471/1997, che comporta conseguenze particolarmente severe:

  • Sanzione dal 100% al 200% del credito compensato
  • Divieto di definizione agevolata delle sanzioni
  • Termine di accertamento esteso al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo

La giurisprudenza di merito ha però evidenziato una distinzione importante tra “credito inesistente” e “credito non spettante”. Nella maggior parte dei casi, quando le contestazioni riguardano la qualificazione tecnica delle attività piuttosto che la loro esistenza materiale, le Corti tendono a configurare l’ipotesi come “non spettanza”, con l’applicazione del regime sanzionatorio meno severo.

Il ruolo dei certificatori e l’albo MIMIT

Dal 2022 si è assistito a un’evoluzione significativa del sistema di controllo preventivo. L’articolo 23 del decreto-legge n. 73/2022 ha introdotto la possibilità per le imprese di richiedere una certificazione che attesti la qualificazione degli investimenti effettuati, rilasciata da soggetti iscritti in un apposito Albo presso il MIMIT.

Il decreto direttoriale del 21 febbraio 2024 ha disciplinato le modalità operative di iscrizione all’Albo, mentre il decreto del 4 luglio 2024 ha approvato le Linee Guida per la corretta applicazione del credito d’imposta. Il sistema, operativo dall’8 luglio 2024, prevede che i certificatori possano inviare alla piattaforma dedicata le certificazioni richieste dalle imprese.

L’elenco aggiornato degli iscritti all’Albo è stato pubblicato con decreto direttoriale del 15 maggio 2025, testimoniando l’interesse crescente del mercato verso questo strumento di tutela preventiva.

Le implicazioni operative per professionisti e imprese

La sentenza napoletana traccia confini precisi per la prassi verificatoria futura. Quando l’accertamento verte su questioni ad alto contenuto specialistico, il parere tecnico del MIMIT diviene sostanzialmente imprescindibile, anche se formalmente configurato come facoltativo dalla norma.

Per i professionisti del settore emergono alcune indicazioni operative concrete:

  • Documentare accuratamente i progetti secondo i criteri OCSE-Frascati
  • Richiedere tempestivamente il supporto ministeriale quando necessario
  • Valorizzare le perizie asseverate come strumento di tutela
  • Contestare l’approccio “attualista” dell’Agenzia nella valutazione della novità

La misura agevolativa attualmente prevede un’aliquota del 5% per le attività di ricerca e sviluppo, con limite massimo annuale di 4 milioni di euro fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025. Per le attività di innovazione tecnologica il limite è fissato a 2 milioni di euro.

Prospettive evolutive e coordinamento interistituzionale

Il decreto direttoriale del 22 luglio 2025 ha disciplinato le modalità di scambio di comunicazioni tra il MIMIT e l’Agenzia delle Entrate per le attività di vigilanza e controllo delle certificazioni. Questo coordinamento interistituzionale dovrebbe contribuire a rendere più efficaci i controlli e a ridurre le divergenze interpretative che hanno caratterizzato gli ultimi anni.

La decisione della Commissione Tributaria di Napoli si inserisce in questo contesto evolutivo, fornendo un contributo significativo alla definizione dei principi che dovranno guidare l’azione amministrativa nel settore del credito R&S. L’orientamento consolidato dalla giurisprudenza di merito potrebbe spingere l’Agenzia delle Entrate a rivedere le proprie procedure interne, privilegiando un approccio più collaborativo con il Ministero competente.

Il messaggio è chiaro: l’Amministrazione finanziaria non può improvvisarsi esperta in materie che richiedono competenze altamente specialistiche. Il rispetto del principio del contraddittorio effettivo passa anche attraverso il riconoscimento dei propri limiti tecnici e il ricorso agli organismi dotati dell’expertise necessaria.

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