Il Tax Control Framework si appresta a varcare i confini delle grandi corporation per approdare nel mondo delle piccole e medie imprese. Le dichiarazioni rilasciate dal Viceministro Leo e dal direttore dell’Agenzia delle Entrate Carbone durante il convegno milanese del 18 giugno 2025 – organizzato dall’Ordine degli Avvocati – hanno delineato un orizzonte di cambiamenti che potrebbe ridefinire l’approccio alla compliance fiscale per migliaia di aziende italiane. Il regime di adempimento collaborativo, disciplinato dal D.Lgs. 128/2015 e recentemente sistematizzato nelle Linee Guida dell’Agenzia delle Entrate del 10 gennaio 2025 (provvedimento n. 5320), ha fino ad oggi mantenuto una soglia d’accesso rigidamente ancorata ai 750 milioni di euro di ricavi. Una barriera che, secondo la tabella di marcia originaria, avrebbe dovuto scendere gradualmente fino a 100 milioni nel 2028, ma che ora – stando alle anticipazioni governative – potrebbe subire accelerazioni impreviste.
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Il nuovo orizzonte della compliance collaborativa
La “cooperative compliance” rappresenta, nella sua essenza, un cambio di paradigma nel rapporto fisco-contribuente. Non si tratta – è bene chiarirlo subito – di un semplice aggiornamento procedurale, ma di un sistema strutturato che trasforma la gestione del rischio fiscale da reattiva a preventiva attraverso il Tax Compliance Model (TCM).
Quest’ultimo deve essere necessariamente certificato da professionisti qualificati e indipendenti, aspetto che nella prassi applicativa rappresenta spesso uno degli scogli più ardui da superare. La scarsità di certificatori qualificati e i costi connessi alla certificazione costituiscono infatti elementi che possono scoraggiare l’adesione al regime, soprattutto per le realtà di dimensioni più contenute.
Il meccanismo si basa su un presupposto tanto semplice quanto rivoluzionario: trasformare il tradizionale rapporto conflittuale tra contribuente e Amministrazione finanziaria in una collaborazione strutturata. L’impresa aderente può ottenere certezza preventiva sui comportamenti da adottare attraverso specifiche interlocuzioni con l’Agenzia delle Entrate – un aspetto che assume particolare rilevanza in un contesto normativo caratterizzato da frequenti modifiche e incertezze interpretative.
Le garanzie del sistema collaborativo
E qui emerge forse l’aspetto più interessante dell’intero sistema: chi si conforma scrupolosamente alle indicazioni ricevute durante le consultazioni preventive non può subire sanzioni, neppure nell’ipotesi – tutt’altro che remota – in cui l’interpretazione fornita dall’Amministrazione dovesse rivelarsi successivamente errata o superata da orientamenti giurisprudenziali difformi.
Si tratta, nella sostanza, di una sorta di “salvacondotto fiscale” che garantisce il contribuente dalle conseguenze di comportamenti adottati in buona fede e sulla base di indicazioni ufficiali. Un meccanismo che, se da un lato offre indubbi vantaggi in termini di certezza del diritto, dall’altro richiede un impegno organizzativo e procedurale non indifferente.
I vantaggi del sistema sono molteplici: l’attenuazione del regime sanzionatorio in caso di errori commessi in buona fede, l’esclusione di conseguenze penali per i comportamenti conformi alle indicazioni ricevute, la possibilità di definire preventivamente le questioni controverse. Tutti elementi che, nella pratica professionale, si traducono in una significativa riduzione del rischio di contenzioso e delle relative incertezze.
Le sfide per le piccole e medie imprese
L’implementazione del Tax Control Framework nelle PMI presenta tuttavia criticità che non possono essere trascurate o minimizzate. Le piccole e medie imprese – diversamente dalle grandi multinazionali che attualmente utilizzano il regime – dispongono tipicamente di strutture organizzative più snelle e di limitata disponibilità di risorse specialistiche interne.
Le procedure strutturate richieste dal TCF, la necessità di personale adeguatamente formato, i sistemi di controllo interno da implementare: tutto questo rappresenta investimenti significativi che potrebbero, paradossalmente, scoraggiare l’adesione proprio da parte di quelle imprese che maggiormente potrebbero beneficiare della certezza preventiva offerta dal regime.
Si consideri, inoltre, che molte PMI operano ancora con modelli organizzativi tradizionali, caratterizzati da una gestione spesso accentrata nelle mani dell’imprenditore e dei suoi più stretti collaboratori. L’implementazione di un sistema di controllo del rischio fiscale richiede invece una distribuzione delle responsabilità e una formalizzazione dei processi che potrebbero richiedere un vero e proprio cambio culturale.
Verso una riforma strutturale del D.Lgs. 128/2015
L’estensione del Tax Control Framework alle PMI richiederà inevitabilmente modifiche sostanziali al decreto legislativo 128/2015. Non si può infatti pensare di applicare meccanicamente alle piccole e medie imprese le stesse procedure e gli stessi requisiti previsti per le grandi corporation.
Occorrerà procedere alla ridefinizione dei requisiti dimensionali di accesso – aspetto tutt’altro che scontato considerando la varietà del tessuto imprenditoriale italiano – e all’introduzione di procedure semplificate che tengano conto delle specificità organizzative di questo segmento.
La sfida consiste nel coniugare l’efficacia del sistema di controllo con la sostenibilità operativa per le imprese di minori dimensioni. È necessario trovare un equilibrio tra rigore delle procedure e praticabilità dell’implementazione, evitando che il TCF si trasformi in un adempimento meramente formale o, peggio ancora, in una barriera all’ingresso per le imprese più piccole.
Il ruolo della digitalizzazione
L’utilizzo di strumenti digitali potrebbe rappresentare la chiave di volta per rendere accessibile il Tax Control Framework alle PMI. Piattaforme tecnologiche dedicate, controlli automatizzati, procedure digitali scalabili e modulari potrebbero abbattere significativamente i costi di implementazione e gestione del sistema.
Nella prassi applicativa si sta già assistendo a una progressiva digitalizzazione degli adempimenti fiscali – si pensi alla fatturazione elettronica, ai controlli automatizzati dell’Agenzia delle Entrate, alle comunicazioni telematiche – che potrebbe facilitare l’integrazione del Tax Control Framework nell’operatività quotidiana delle imprese.
L’automazione di molti controlli e verifiche potrebbe inoltre ridurre il carico di lavoro del personale interno, rendendo più sostenibile la gestione del sistema anche per le realtà con organici ridotti. È opportuno notare come le tecnologie attuali consentano di implementare controlli sofisticati a costi relativamente contenuti, purché sia garantita un’adeguata progettazione del sistema.
La formazione dei certificatori
Parallelamente all’estensione del regime, prenderà avvio dal prossimo settembre la formazione dei professionisti destinati all’iscrizione nell’elenco dei certificatori. Si tratta di un aspetto cruciale, considerando che la scarsità di professionisti qualificati rappresenta attualmente uno dei principali colli di bottiglia del sistema.
I corsi formativi dovranno necessariamente tenere conto delle specificità delle PMI, fornendo ai futuri certificatori gli strumenti per valutare l’adeguatezza dei sistemi di controllo in contesti organizzativi molto diversi da quelli delle grandi corporation. La formazione dovrà essere al contempo rigorosa e pratica, fornendo competenze tecniche ma anche capacità di adattamento alle diverse realtà imprenditoriali.
Verso un approccio sperimentale
La fase di implementazione dovrebbe essere preceduta da un periodo sperimentale che coinvolga un campione rappresentativo di PMI. Solo attraverso un approccio graduale sarà possibile valutare l’efficacia delle procedure proposte e identificare gli eventuali correttivi necessari.
L’esperienza maturata con le grandi imprese ha già evidenziato alcuni aspetti critici del sistema che potrebbero assumere dimensioni ancora maggiori nelle PMI. La sperimentazione permetterebbe di perfezionare il modello sulla base dell’esperienza applicativa e delle specifiche esigenze emerse, evitando di imporre alle imprese procedure inadeguate o eccessivamente onerose.
Come spesso accade nell’evoluzione normativa, il successo dell’estensione del Tax Control Framework alle PMI dipenderà dalla capacità di bilanciare rigore procedurale e praticabilità operativa, creando un sistema che sia al contempo efficace per l’Amministrazione e sostenibile per le imprese.