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Revocatoria atto di scissione: tutela creditori e orientamenti giuridici

2 Ottobre, 2025

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La tutela dei creditori nella scissione societaria costituisce un nodo particolarmente delicato del diritto societario. Gli sviluppi giurisprudenziali più recenti hanno delineato un quadro operativo che ammette – seppur con precise limitazioni – l’utilizzabilità dell’azione revocatoria quale strumento alternativo o aggiuntivo rispetto alle tradizionali tutele previste dal Codice civile. Il tema ha acquisito rilevanza concreta dopo gli interventi della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e le conseguenti pronunce delle nostre Corti Supreme, che hanno riconosciuto la possibilità per i creditori di esperire l’azione pauliana contro operazioni di scissione quando ricorrano i presupposti normativi.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • La revocatoria dell’atto di scissione è ammissibile, come strumento di tutela ulteriore dei creditori, secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali.
  • La scissione rimane valida ma può diventare inopponibile al creditore che agisce con successo.
  • I rimedi specifici ex codice civile (opposizione creditori ex art. 2503, risarcimento danni, responsabilità solidale) non escludono l’azione revocatoria.
  • I presupposti della revocatoria sono: riduzione della garanzia patrimoniale (eventus damni) e consapevolezza del pregiudizio (scientia damni).
  • La competenza giudiziaria dipende da chi agisce: sezione specializzata imprese o tribunale fallimentare (in caso di procedura concorsuale).
  • L’effetto riguarda solo il rapporto col creditore vittorioso: non c’è mai la retrocessione automatica dei beni.

Quadro normativo di riferimento

L’art. 2506 c.c. definisce la scissione come l’operazione mediante la quale una società assegna l’intero suo patrimonio a più società o parte dello stesso anche ad una sola società, con conseguente attribuzione ai soci delle relative azioni o quote.

La disciplina legislativa in materia risulta particolarmente scarna – si limita agli articoli da 2506 a 2506-quater c.c. – e rinvia ampiamente alle norme sulla fusione. Particolare rilievo assume l’art. 2504-quater c.c. (richiamato dall’art. 2506-ter, comma 5, c.c.) che stabilisce l’intangibilità dell’atto: una volta eseguite le iscrizioni, l’invalidità dell’atto di scissione non può essere pronunciata.

Questa “irregredibilità” della scissione pone tuttavia una questione centrale: se l’atto non può essere dichiarato invalido, come può configurarsi l’azione revocatoria? La prassi giurisprudenziale ha individuato la distinzione tra l’atto di scissione in sé (che rimane intangibile) e le singole attribuzioni patrimoniali che ne conseguono.

Il rapporto con gli strumenti di tutela previsti

Il legislatore ha previsto specifiche tutele per i creditori delle società coinvolte nella scissione:

  1. IL’opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c., applicabile per richiamo dell’art. 2506-ter, comma 5, c.c.
  2. Il diritto al risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2504-quater, comma 2, c.c.
  3. ILa responsabilità solidale delle società partecipanti secondo l’art. 2506-quater, comma 3, c.c.

Nella prassi si era consolidato l’orientamento secondo cui questi rimedi fossero alternativi ed esclusivi rispetto all’azione revocatoria. L’argomento principale sosteneva che la disciplina societaria, prevedendo tutele specifiche, escludesse l’applicabilità dei rimedi di diritto comune.

Tuttavia, la giurisprudenza più recente ha messo in discussione questa impostazione, evidenziando come i diversi strumenti presentino caratteristiche e finalità differenti.

L’intervento della Corte di Giustizia europea

Il punto di svolta è rappresentato dalla sentenza della Corte di Giustizia UE del 30 gennaio 2020 (C-394/18), che ha chiarito due principi fondamentali:

  • La Direttiva comunitaria sulle scissioni non impedisce ai creditori di esercitare l’azione pauliana dopo la realizzazione dell’operazione, quando non abbiano utilizzato gli strumenti di tutela preventiva previsti.
  • L’azione revocatoria non intacca la validità della scissione ma si limita a renderla inopponibile ai creditori che agiscono. Si tratta quindi di profili diversi: validità dell’atto versus efficacia dello stesso.

Come spesso accade nell’esperienza applicativa, la Corte europea ha privilegiato un approccio funzionale, concentrandosi sulla sostanza della tutela piuttosto che su formalismi procedurali.

Orientamenti della Cassazione italiana

Sulla scorta dei principi europei, la Corte di Cassazione ha confermato l’ammissibilità della revocatoria dell’atto di scissione con diverse pronunce recenti.

La sentenza n. 12357/2025 ha precisato che la scissione parziale configura un’operazione straordinaria consistente nel trasferimento di parte del patrimonio societario, comportando l’acquisizione da parte della beneficiaria di valori patrimoniali prima non presenti. L’azione revocatoria mira a ottenere l’inefficacia relativa dell’atto, rendendolo inopponibile al solo creditore pregiudicato.

Si tratta di un approccio che privilegia la tutela sostanziale dei creditori rispetto a considerazioni di carattere formale. La revocatoria ordinaria dell’atto di scissione risulta ammissibile quando ricorrano i presupposti dell’art. 2901 c.c.

Nella giurisprudenza di merito emerge altresì l’orientamento del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (sentenza 9 febbraio 2025), che ha dichiarato esperibile l’azione revocatoria contro la disposizione patrimoniale contenuta nella scissione, nonostante l’esistenza del rimedio dell’opposizione.

La questione della competenza giurisdizionale

Le Sezioni Unite con sentenza n. 5089/2025 hanno risolto un contrasto interpretativo sulla competenza. L’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. dell’atto di scissione societaria è devoluta alla competenza della sezione specializzata in materia di impresa.

Tuttavia, quando sia il curatore a promuovere l’azione (sia fallimentare che ordinaria), la competenza spetta inderogabilmente al tribunale fallimentare, poiché si tratta di azione che deriva dal fallimento.

Questo principio vale anche per le procedure regolate dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: l’azione revocatoria promossa dal curatore rientra nelle controversie del procedimento unitario di competenza della sezione procedure concorsuali.

Presupposti applicativi dell’azione revocatoria

Per l’esperimento dell’azione revocatoria contro l’atto di scissione occorre verificare la ricorrenza dei tradizionali presupposti dell’art. 2901 c.c.

Eventus damni: la scissione deve determinare una riduzione della garanzia patrimoniale del creditore. Nella prassi questo si verifica quando il patrimonio residuo della società scissa risulti insufficiente per il soddisfacimento dei crediti.

Scientia damni: è necessaria la consapevolezza del pregiudizio da parte dei soggetti che hanno deliberato l’operazione. Si consideri che nelle operazioni straordinarie questo elemento si presume spesso in ragione della pubblicità e complessità dell’operazione.

Gratuità dell’atto o fraudolenta complicità: per gli atti a titolo oneroso occorre dimostrare la conoscenza del pregiudizio da parte della società beneficiaria.

Aspetti processuali e competenza territoriale

Un aspetto spesso trascurato riguarda l’individuazione del soggetto passivo dell’azione. Nella casistica comune, l’azione va proposta nei confronti sia della società scissa che di quella beneficiaria, in quanto entrambe hanno partecipato al trasferimento patrimoniale.

Occorre inoltre precisare che l’azione di revocatoria non comporta automaticamente la retrocessione dei beni alla società scissa. Gli effetti si limitano a rendere inopponibile l’atto al creditore procedente, consentendogli l’esecuzione sui beni trasferiti.

La prescrizione quinquennale decorre dal momento in cui l’operazione è stata resa pubblica mediante le iscrizioni nel Registro Imprese, non dalla data dell’atto notarile. Questo orientamento si basa sul principio per cui la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere.

Effetti della sentenza di accoglimento

L’accoglimento dell’azione revocatoria produce effetti limitati al rapporto con il creditore procedente. L’atto di scissione rimane valido ed efficace per tutti gli altri soggetti.

Il creditore vittorioso acquisisce il diritto di aggredire i beni trasferiti alla società beneficiaria, con prelazione sui creditori di quest’ultima relativamente al valore corrispondente al proprio credito.

Nella pratica professionale si osserva che questo meccanismo può creare situazioni complesse quando più creditori esperiscono contemporaneamente azioni revocatorie, rendendo necessario un coordinamento delle diverse procedure esecutive.

Criticità ricorrenti e soluzioni operative

Un nodo problematico emerge quando la scissione riguarda solo una parte del patrimonio e la società scissa mantiene attività sufficienti per far fronte ai debiti. In questi casi, l’eventus damni può risultare di difficile dimostrazione.

La giurisprudenza ha talvolta interpretato in senso ampio il concetto di pregiudizio, considerando non solo l’entità patrimoniale assoluta ma anche il rapporto tra attivo e passivo conseguente all’operazione.

Altra criticità ricorrente riguarda le scissioni con scorporo, dove la società scissa riceve partecipazioni nella beneficiaria in cambio degli asset trasferiti. In tali ipotesi occorre valutare se la permuta patrimoniale determini effettivamente una riduzione della garanzia.

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