La responsabilità solidale prevista per gli appalti si estende anche al contratto di franchising. In termini pratici, questo vuol dire che l’azienda affiliante (franchisor) può essere chiamata a rispondere in solido per i debiti retributivi e contributivi che la sua affiliata (franchisee) ha nei confronti dei propri dipendenti. A stabilirlo è una recente e significativa sentenza della Corte d’Appello di Torino, che allarga le maglie di una tutela fondamentale per i lavoratori a un ambito contrattuale, come l’affiliazione commerciale, che finora si riteneva escluso.
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Il caso specifico e la sentenza di Torino
Tutto nasce da un caso molto concreto: un lavoratore, impiegato come autista, si è visto negare il pagamento di alcune retribuzioni maturate. Non si è limitato, però, a citare in giudizio il suo datore di lavoro diretto – un’impresa affiliata che gestiva l’attività di trasporto e logistica in una determinata area – ma ha chiamato in causa anche il “grande marchio”, ovvero l’azienda affiliante (il franchisor) da cui il suo capo dipendeva in base a un contratto di affiliazione commerciale (L. 129/2004).
I giudici torinesi, con la sentenza n. 87/2025, hanno dato ragione al dipendente, estendendo di fatto al franchising quel regime di responsabilità solidale che l’art. 29 del D.Lgs. 276/2003 riserva, almeno in teoria, al mondo degli appalti. Una decisione che segue un orientamento giurisprudenziale sempre più estensivo, come già visto con la sentenza della Cassazione n. 26881/2024, che aveva applicato lo stesso principio a un contratto atipico nella grande distribuzione.
La sottile differenza tra appalto e franchising
A prima vista, si potrebbe pensare che la questione sia semplice, ma non è così. Anzi. La Corte stessa si premura di sottolineare come franchising e appalto non siano affatto la stessa cosa. Nel contratto d’appalto, anche in quello specifico per servizi di logistica (disciplinato dall’art. 1677-bis c.c.), l’appaltatore gode di una sua autonomia gestionale, organizzando i mezzi e gli aspetti tecnico-operativi come meglio crede.
Nel franchising, la musica è diversa. L’affiliato, il franchisee, non ha questa libertà. Deve, per contratto, attenersi scrupolosamente alla cosiddetta “formula commerciale” imposta dall’affiliante. In pratica, esegue l’attività – sia essa di distribuzione o di servizi – secondo un’organizzazione tecnico-operativa che è già stata definita a monte dal franchisor.
Il principio che scavalca le etichette contrattuali
E allora, come si arriva a questa conclusione? Attraverso un principio di diritto che, potremmo dire, “guarda oltre” il nome scritto sul contratto. La Corte d’Appello di Torino, infatti, sposa un’interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata dell’articolo 29.
Il ragionamento è questo: la norma sulla responsabilità solidale va applicata ogni volta che ci troviamo di fronte a un fenomeno di decentramento produttivo. Un fenomeno caratterizzato da due elementi chiave:
- La dissociazione tra chi è formalmente il datore di lavoro e chi, nella realtà, utilizza concretamente la prestazione del dipendente.
- Una situazione di dipendenza economica del soggetto che si trova a valle della catena (l’affiliato, in questo caso).
Questo approccio non è nuovo. Già la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 254/2017, aveva aperto la strada a un’applicazione analogica della responsabilità solidale anche alla sub-fornitura, proprio perché ciò che conta davvero è individuare chi sia il destinatario finale della prestazione lavorativa.
La tutela del lavoratore come faro interpretativo
Il legislatore, con l’articolo 29 del D.Lgs. 276/2003, aveva un’idea ben precisa: evitare che i meccanismi di esternalizzazione e decentramento si trasformassero in una trappola per i lavoratori impiegati nell’esecuzione del contratto. Il rischio da scongiurare è che la frammentazione delle attività produttive porti a un danno per l’anello più debole della catena.
Di conseguenza, non è tanto l’esatta qualificazione giuridica del contratto (appalto, franchising, sub-fornitura) a essere decisiva. Ciò che rileva, ai fini della tutela, è l’esistenza stessa del decentramento. Se la prestazione di un lavoratore viene di fatto utilizzata da un’entità diversa dal suo formale datore di lavoro, all’interno di una catena organizzata, la garanzia della responsabilità solidale deve scattare.
Quali scenari futuri? Dalla vendita all’agenzia
Questa interpretazione, così ampia e fondata su un’analisi che è tanto giuridica quanto economica, non può che far suonare un campanello d’allarme per molte realtà imprenditoriali. L’estensione della responsabilità al franchising, che è un rapporto di natura prettamente commerciale e distributiva, apre la porta a scenari simili in altri contesti contrattuali.
Si pensi, ad esempio, alla concessione di vendita o persino a certi contratti di agenzia, dove spesso si riscontrano gli stessi elementi di dipendenza economica e di stretta integrazione nella filiera commerciale del proponente. In futuro, non è affatto da escludere che anche in questi ambiti possa porsi la stessa questione. La questione, quindi, è tutt’altro che chiusa e potrebbe portare a riconsiderare i confini della responsabilità solidale franchising e di altre forme di collaborazione commerciale.