La Commissione Affari legali del Parlamento europeo ha dato il via libera a una modifica sostanziale del perimetro degli obblighi ESG. Con 17 voti a favore, 6 contrari e 2 astensioni, Bruxelles ha approvato un testo che – secondo molti osservatori – ridurrà drasticamente il numero di società chiamate a rendicontare la sostenibilità. Il provvedimento rientra nel pacchetto di semplificazione Omnibus I e tocca sia la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) sia la direttiva sulla due diligence (CSDDD). Ma cosa cambia davvero per le imprese? Parecchio, a quanto pare.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- La soglia per la rendicontazione obbligatoria della sostenibilità (CSRD) sale a 1.000 dipendenti e 450 milioni di euro di fatturato; sotto queste soglie si potrà rendicontare solo volontariamente con modello semplificato.
- Gli obblighi di due diligence ESG (CSDDD) si applicano solo a imprese con più di 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di euro di fatturato; esclusa la responsabilità civile armonizzata UE.
- Viene eliminato l’obbligo di redigere un piano climatico separato; la documentazione risulta semplificata.
- Prevista la creazione di uno sportello unico digitale gratuito con modelli e linee guida per gli adempimenti.
- Prossima tappa: voto parlamentare il 24 ottobre 2025 seguito dai negoziati tra le istituzioni europee.
Le nuove soglie per la rendicontazione di sostenibilità
Partiamo dai numeri, che nella prassi contano più di tante parole. La soglia di applicazione della CSRD viene innalzata in modo considerevole rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea del 26 febbraio scorso. Secondo il testo approvato dalla commissione Juri, gli obblighi di redazione del bilancio di sostenibilità scatterebbero solo per le imprese che superano i 1.000 dipendenti e registrano un fatturato netto superiore a 450 milioni di euro.
Una bella differenza rispetto ai 50 milioni di euro previsti nella versione originale del pacchetto Omnibus I. Si tratta di un cambio di rotta significativo (per usare un eufemismo), che riduce drasticamente il numero di società coinvolte.
Le imprese che restano al di sotto di queste soglie potrebbero comunque scegliere di redigere bilanci di sostenibilità. Ma su base volontaria. Per loro sarebbe disponibile il modello semplificato VSME, quello elaborato dall’Efrag. Una soluzione che, almeno sulla carta, dovrebbe rendere meno gravoso l’adempimento per chi decide comunque di percorrere questa strada.
Va detto che la rendicontazione settoriale non sarà più obbligatoria. Gli standard europei di reporting (ESRS) verranno rivisti con l’obiettivo di ridurre i datapoint richiesti e migliorare la coerenza con altre normative europee. Un passaggio non da poco, se si considera che molte imprese si sono lamentate della complessità eccessiva degli attuali standard.
Sportello digitale e strumenti di supporto
Bruxelles prevede anche la creazione di uno sportello unico digitale accessibile gratuitamente. Qui le imprese dovrebbero trovare modelli, linee guida e informazioni sui principali adempimenti. Nella pratica professionale si osserva spesso come la mancanza di strumenti chiari sia uno degli ostacoli maggiori all’implementazione corretta delle normative europee.
Resta da vedere se questo sportello sarà davvero efficace o si rivelerà l’ennesimo contenitore di documenti burocratici poco fruibili. Il tempo lo dirà.
Due diligence: si restringe ulteriormente il campo
Sul fronte della Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), il campo di applicazione si restringe ancora di più. Gli obblighi di due diligence scatterebbero solo per le grandi imprese con oltre 5.000 dipendenti e fatturato annuo superiore a 1,5 miliardi di euro. Le stesse soglie si applicano alle società extra-UE che operano nel mercato europeo.
Le verifiche dovranno concentrarsi sui partner commerciali diretti. Le informazioni aggiuntive verranno richieste solo quando sussistano rischi concreti e plausibili di impatti negativi. Un approccio più pragmatico, insomma, rispetto alla versione originale che prevedeva controlli più estesi lungo tutta la catena di fornitura.
Aspetto rilevante: viene eliminata la clausola di responsabilità civile armonizzata a livello europeo. La responsabilità per violazioni degli obblighi di due diligence resta affidata ai diritti nazionali dei singoli Stati membri. Con un tetto massimo di sanzione pari al 5% del fatturato globale.
Direttiva | Soglia Dipendenti | Soglia Fatturato | Ambito Territoriale |
---|---|---|---|
CSRD | > 1.000 | > 450 milioni € | Imprese UE |
CSDDD | > 5.000 | > 1,5 miliardi € | Imprese UE ed extra-UE |
Piani di transizione e obiettivi climatici
Le imprese restano tenute a predisporre piani di transizione coerenti con l’Accordo di Parigi. Però – e questo è un cambio importante – non sarà più necessario redigere un piano climatico separato. Si semplifica, almeno formalmente, l’architettura documentale richiesta.
Jörgen Warborn, relatore del provvedimento per il Partito Popolare Europeo (Svezia), ha sottolineato che il voto “garantisce prevedibilità alle aziende europee, riduce i costi e rafforza la competitività, mantenendo la transizione verde sulla giusta rotta”. Parole che, come spesso accade in questi comunicati, mescolano pragmatismo economico e retorica ambientalista.
I prossimi passaggi legislativi
Il Parlamento europeo voterà il mandato negoziale nella sessione plenaria del 24 ottobre 2025. Dopo di che si aprirà la fase dei negoziati tra Parlamento, Consiglio e Commissione per arrivare alla versione finale del testo.
L’Omnibus I si inserisce in un piano più ampio di semplificazione normativa volto a ridurre del 25% gli oneri amministrativi a carico delle imprese europee. Nel pacchetto rientra anche la proposta “Stop the Clock”, che prevede il rinvio al 2028 dell’applicazione della CSRD e della CSDDD per alcune categorie di imprese.
Secondo quanto previsto dall’art. 19-bis della CSRD (come modificata), il periodo transitorio permetterebbe alle piccole e medie imprese quotate di adeguarsi gradualmente. Ma occorre attendere l’esito dei negoziati per capire quali saranno le tempistiche definitive.
Impatti sul tessuto imprenditoriale europeo
Le modifiche proposte sollevano questioni non banali. Da un lato, c’è chi sostiene che soglie così alte rischiano di svuotare di significato le direttive sulla sostenibilità. Dall’altro, le associazioni di categoria hanno accolto con favore l’alleggerimento degli oneri, considerati eccessivi soprattutto per le imprese di dimensioni medio-piccole.
Nella casistica comune, le aziende con fatturati tra i 50 e i 450 milioni di euro – quelle che sarebbero state coinvolte dalla versione originale della CSRD – rappresentano una fetta significativa del tessuto produttivo europeo. Escluderle dall’obbligo di rendicontazione significa, nei fatti, ridurre notevolmente la trasparenza complessiva sul fronte della sostenibilità.
Si consideri anche che molte di queste imprese sono fornitori di grandi gruppi che dovranno comunque rendicontare. La pressione per fornire informazioni ESG potrebbe quindi arrivare non dalla normativa ma dalla catena di fornitura stessa.
Considerazioni operative per professionisti e imprese
Per i professionisti del settore (commercialisti, consulenti, revisori) si prospetta un periodo di incertezza. Le società che stavano già preparandosi agli adempimenti CSRD potrebbero decidere di sospendere gli investimenti in corso, in attesa di capire se rientreranno o meno nelle nuove soglie.
D’altra parte, chi supera le nuove soglie dovrà affrontare gli stessi obblighi, probabilmente con standard leggermente semplificati ma comunque complessi. La riduzione dei datapoint ESRS potrebbe alleggerire il carico amministrativo, ma il diavolo – come sempre – si nasconde nei dettagli.
Le società extra-UE che operano nel mercato europeo dovranno valutare attentamente se i loro fatturati superano la soglia di 1,5 miliardi di euro. Per loro, gli obblighi di due diligence potrebbero rappresentare una barriera all’ingresso non indifferente.
Tabella riepilogativa delle principali modifiche
Elemento | Versione originale Omnibus I | Versione approvata JURI |
---|---|---|
Soglia fatturato CSRD | 50 milioni di euro | 450 milioni di euro |
Soglia dipendenti CSRD | Non specificata | 1.000 |
Rendicontazione settoriale | Obbligatoria | Non obbligatoria |
Piano climatico separato | Obbligatorio | Non più richiesto |
Responsabilità civile CSDDD | Armonizzata UE | Rimessa al diritto nazionale |
Sanzione massima CSDDD | Da definire | 5% fatturato globale |
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Prospettive future e incognite
Il voto del 24 ottobre 2025 non sarà l’ultimo passaggio. I negoziati tra le istituzioni europee potrebbero portare a ulteriori modifiche. Il Consiglio, in particolare, potrebbe avere una posizione diversa su alcuni punti controversi.
La proposta “Stop the Clock” introduce un’altra variabile: se approvata, alcune imprese potrebbero beneficiare di un rinvio al 2028 per l’applicazione delle direttive. Un tempo prezioso per adeguare sistemi informativi, processi di controllo interno e competenze professionali.
Resta da vedere se questo alleggerimento degli obblighi sarà sufficiente a placare le proteste di chi considera le normative ESG un fardello insostenibile. O se, al contrario, chi spinge per una maggiore trasparenza ambientale e sociale riuscirà a far modificare nuovamente il testo durante i negoziati.
Una cosa è certa: il dibattito sulla sostenibilità e sulla sua rendicontazione è tutt’altro che concluso. E le imprese – quelle sopra e quelle sotto le nuove soglie – faranno bene a monitorare attentamente l’evoluzione normativa nei prossimi mesi.