L’accesso e la permanenza nel regime forfetario richiedono il rispetto di specifici parametri economici. Tra questi, la soglia degli 85.000 euro rappresenta un vincolo decisivo. Ma cosa succede quando un professionista o un imprenditore riceve contributi pubblici? La questione – apparentemente tecnica – nasconde insidie che possono compromettere l’applicazione del regime agevolato.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- •Limite degli 85.000 euro: I contributi pubblici in conto esercizio concorrono al calcolo del limite per l’accesso e permanenza nel regime forfetario insieme a ricavi e compensi.
- •Natura del contributo: La classificazione del contributo (conto esercizio vs conto impianti) determina se concorre o meno al calcolo della soglia di 85.000 euro.
- •Contributi in conto esercizio: Servono a integrare ricavi o ridurre costi di gestione e sono equiparati ai ricavi ai sensi dell’art. 85 TUIR, quindi fanno parte del computo.
- •Pianificazione necessaria: Chi riceve contributi pubblici deve valutare attentamente l’impatto sul limite prima di optare per il forfetario o verificare la permanenza nel regime.
Requisiti di accesso: cosa prevede la normativa
La Legge n. 190/2014, al comma 54, traccia i confini entro cui opera il regime forfetario. Si parla di persone fisiche che esercitano attività d’impresa, arti o professioni. I numeri sono chiari: ricavi o compensi non devono superare gli 85.000 euro nell’anno precedente, con ragguaglio ad anno.
C’è poi un secondo limite. Le spese per lavoro accessorio, dipendenti e collaboratori devono restare sotto i 20.000 euro lordi. Questi requisiti valgono sia per entrare nel regime sia per mantenerlo.
Contributi pubblici: la questione aperta
Qui si apre un nodo pratico che molti operatori hanno incontrato nella prassi applicativa. Si consideri il caso di un titolare di partita IVA in regime ordinario (o semplificato) durante l’anno N. Riceve contributi regionali a fondo perduto. L’anno successivo vorrebbe passare al forfetario.
La domanda sorge spontanea: quei contributi pesano sul limite degli 85.000 euro? La risposta non è scontata. Dipende dalla natura giuridica del contributo stesso.
Contributi in conto esercizio: la classificazione conta
Secondo quanto previsto dall’articolo 85 del TUIR (comma 1, lettere g) e h)), alcuni contributi non generano sopravvenienze attive. Producono invece ricavi. Si tratta dei contributi spettanti in base a contratti o quelli “spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge”.
I contributi in conto esercizio hanno una funzione precisa. Servono a:
- integrare i ricavi dell’attività
- ridurre i costi e gli oneri di gestione
La Risoluzione n. 2/E del 22 gennaio 2010 aveva già chiarito questo aspetto. La destinazione del contributo ne determina il trattamento fiscale.
Verifica della soglia: un calcolo da non sottovalutare
Nella prassi professionale si osserva come questa distinzione faccia la differenza. Un commerciante che nell’anno 2024 ha fatturato 72.000 euro e ha ricevuto 15.000 euro di contributi regionali in conto esercizio deve fare attenzione. Il totale ai fini della verifica per il passaggio al forfetario nel 2025 è di 87.000 euro. Supera quindi il limite.
Il calcolo va fatto con precisione. Non rileva il reddito netto, ma l’ammontare lordo di ricavi e compensi. Le spese sostenute (affitti, strumentazione, materie prime) non si sottraggono da questo computo.
Esempi pratici: quando i contributi fanno la differenza
Si prenda il caso di una consulente informatica. Ha conseguito compensi per 68.000 euro nel 2024. Ha ottenuto un contributo regionale di 18.500 euro per investimenti tecnologici, qualificato come contributo in conto esercizio. Il totale di 86.500 euro impedisce l’accesso al forfetario per il 2025.
Diverso sarebbe il discorso se quel contributo fosse stato classificato come contributo in conto impianti (quindi da ricondurre tra le sopravvenienze attive e non tra i ricavi). In tal caso, ai fini della verifica della soglia, si sarebbero considerati solo i 68.000 euro di compensi.
Aspetti spesso trascurati nella valutazione
Occorre prestare attenzione alla tempistica di imputazione dei contributi. Il momento in cui il contributo diventa esigibile può modificare l’anno di riferimento per il calcolo. Questo vale soprattutto quando si adotta il criterio di cassa.
Un altro elemento da considerare riguarda i contributi ricevuti da enti pubblici diversi. Contributi statali, regionali, comunali o europei seguono le stesse regole di qualificazione. Non esiste una deroga in base all’ente erogante.
Ingresso nel regime: la pianificazione è essenziale
Chi è attualmente in regime ordinario o semplificato e pianifica il passaggio al forfetario deve valutare con attenzione la propria situazione reddituale complessiva. I contributi percepiti nel corso dell’anno – se riconducibili alla categoria dei contributi in conto esercizio – fanno massa comune con ricavi e compensi.
La giurisprudenza ha talvolta interpretato in modo restrittivo queste norme. Meglio quindi documentare con precisione la natura di ogni contributo ricevuto. Le delibere di concessione, i bandi pubblici, le convenzioni possono aiutare a qualificare correttamente l’erogazione.
Permanenza nel regime: controlli annuali necessari
Anche chi è già in regime forfetario deve verificare ogni anno il rispetto della soglia. Un contributo a fondo perduto ricevuto in corso d’anno può far saltare i parametri. In tal caso, occorre considerare se si rimane entro gli 85.000 euro o se si sfora.
Tra l’altro, il superamento della soglia ha conseguenze diverse a seconda dell’entità dello sforamento. Fino a 100.000 euro si rimane nel forfetario per l’anno in corso, ma si esce dall’anno successivo. Oltre i 100.000 euro l’uscita è immediata.
Casistica ricorrente: quando il dubbio si fa concreto
Nell’esperienza applicativa emerge con frequenza il caso del professionista che riceve rimborsi spese o indennità. Non sempre è chiaro se tali somme concorrano al limite. La risposta dipende dalla natura dell’importo: se si tratta di un vero rimborso analitico, generalmente non concorre. Se invece è una somma forfettaria, va inclusa nel calcolo.
Si pensi a un geometra che nel 2024 ha incassato 76.000 euro di compensi. Ha ricevuto 12.000 euro come contributo regionale per la digitalizzazione dello studio. Quel contributo, se classificato in conto esercizio, porta il totale a 88.000 euro. Addio forfetario.
Conclusioni operative
La verifica del limite dei ricavi per il regime forfetario deve tenere conto di tutti i contributi che, per loro natura, costituiscono ricavi ai sensi dell’articolo 85 TUIR. I contributi in conto esercizio rientrano in questa categoria e concorrono alla soglia degli 85.000 euro.
È opportuno notare come la corretta qualificazione del contributo sia determinante. Una valutazione errata in fase di pianificazione può portare a sorprese sgradite in sede di verifica dei requisiti. La prudenza suggerisce di consultare documentazione ufficiale e, quando necessario, interpellare l’Agenzia delle Entrate per casi dubbi.