L’Agenzia delle Entrate ha affinato negli ultimi anni un sistema di controllo sempre più capillare sui flussi di pagamento elettronico, quello che tecnicamente si chiama “monitoraggio incrociato” tra transazioni POS e documentazione fiscale. Quando i dati non quadrano – e succede più spesso di quanto si pensi – scattano le lettere di compliance, comunicazioni che non sono veri e propri accertamenti ma che, diciamolo chiaro, vanno prese sul serio. Parliamo di milioni di comunicazioni: nel 2025 l’Agenzia ne invierà circa 3 milioni, secondo quanto previsto dalla convenzione con il MEF valida fino al 2026. La questione è questa: se l’ammontare totale registrato dai terminali di pagamento supera quello che risulta da fatture e corrispettivi dichiarati, il sistema informatico rileva l’anomalia e parte la segnalazione. Non è un’accusa formale, per carità, ma nemmeno una cosa da sottovalutare. La compliance – termine che ormai è entrato nel vocabolario quotidiano di commercialisti e imprenditori – punta proprio a questo: spingere alla regolarizzazione spontanea, con sanzioni ridotte, prima che si arrivi all’accertamento vero e proprio.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Le lettere di compliance POS segnalano discrepanze tra movimenti elettronici incassati e corrispettivi/fatture dichiarati. Non sono atti impositivi, ma inviti all’autocorrezione.
- Il contribuente può consultare il dettaglio nel cassetto fiscale online, dove trova prospetti e importi contestati.
- Se l’anomalia è fondata, è possibile regolarizzare con ravvedimento operoso e dichiarazioni integrative usufruendo di sanzioni ridotte.
- Nel caso di disallineamenti tecnici o importi non imponibili, è cruciale documentare ogni giustificazione e inviarla all’Agenzia tramite PEC o CIVIS.
- Dal 2026, sarà obbligatoria l’integrazione tra POS e registratore telematico: ogni pagamento elettronico genererà automaticamente il documento fiscale, riducendo le anomalie.
- Conserva sempre un fascicolo ordinato con comunicazioni, prospetti, fatture, versamenti F24 e documentazione di eventuali contestazioni.
Inquadramento sistematico e genesi dell’istituto nel sistema tributario italiano
L’Agenzia delle Entrate ha progressivamente implementato, nel corso dell’ultimo quinquennio, un articolato sistema di controllo automatizzato finalizzato all’intercettazione sistematica delle discrepanze emergenti dal confronto tra i flussi finanziari tracciati attraverso i circuiti di pagamento elettronico e la documentazione fiscale formalmente certificata dai contribuenti mediante i canali ufficiali di trasmissione telematica. Tale meccanismo di controllo incrociato si fonda sull’acquisizione, elaborazione e analisi algoritmica di ingenti masse di dati provenienti sia dagli intermediari finanziari e dai gestori dei circuiti di pagamento, sia dai sistemi informativi dell’amministrazione finanziaria.
Quando l’ammontare complessivo delle operazioni registrate presso i terminali POS risulta eccedente rispetto all’importo complessivo dei corrispettivi dichiarati ovvero delle fatture elettroniche emesse nel medesimo periodo di riferimento, si attivano automaticamente i meccanismi di segnalazione preventiva denominati lettere di compliance, strumento collocato in una fase prodromica rispetto all’eventuale successivo avvio di procedimenti accertativi in senso tecnico.
La dimensione quantitativa del fenomeno appare particolarmente rilevante sotto il profilo statistico e rivela l’importanza strategica che tale strumento ha assunto nella politica di contrasto all’evasione fiscale. Secondo quanto previsto dalla convenzione stipulata tra l’Agenzia delle Entrate e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, valida per il triennio 2025-2027, sono programmati complessivamente 7,5 milioni di invii, con una distribuzione temporale che prevede 2,7 milioni di notifiche per l’anno 2025 e 2,4 milioni rispettivamente per ciascuno degli anni 2026 e 2027.
Tale programmazione si colloca all’interno di un percorso evolutivo che ha registrato un incremento esponenziale dell’utilizzo dello strumento: nell’anno 2015 le comunicazioni ammontavano a circa 300.000 unità con un recupero stimato di circa 300 milioni di euro, mentre nell’anno 2023 si sono registrati oltre 3 milioni di invii con un recupero complessivo che ha superato i 4 miliardi di euro, evidenziando un tasso di crescita medio annuo superiore al 40% sia in termini di numerosità delle comunicazioni inviate sia in termini di maggior gettito accertato e versato.
Ratio dell’istituto e collocazione sistematica
La ratio sottesa all’istituto delle lettere di compliance risiede nella strategia di riduzione del tax gap mediante l’incentivazione dell’adempimento spontaneo e della collaborazione attiva del contribuente, in una prospettiva di progressiva implementazione del paradigma del c.d. “Fisco amico” o “Fisco collaborativo”, ispir ato ai principi dello Statuto dei diritti del contribuente (Legge 27 luglio 2000, n. 212) e alle indicazioni dell’OCSE in materia di cooperative compliance.
L’amministrazione finanziaria, in questa fase procedimentale, si astiene dal formulare contestazioni definitive e dall’irrogare sanzioni, limitandosi a sottoporre all’attenzione del destinatario specifiche anomalie riscontrate mediante il confronto incrociato e sistematico dei dati bancari e finanziari con i registri fiscali ufficiali, offrendo al contribuente la possibilità di autocorreggere eventuali errori od omissioni prima dell’avvio di procedimenti accertativi formali, con conseguenti benefici significativi in termini di riduzione delle sanzioni applicabili e di semplificazione delle modalità di regolarizzazione.
L’istituto si inquadra nel più ampio fenomeno della progressiva digitalizzazione dell’amministrazione tributaria e dell’implementazione di sistemi di controllo automatizzato basati sull’intelligenza artificiale e sull’elaborazione algoritmica di big data fiscali, che stanno radicalmente trasformando il rapporto tra fisco e contribuente, spostando il baricentro dall’accertamento ex post alla prevenzione e alla compliance preventiva.
Qualificazione giuridica della comunicazione e regime di impugnabilità
Natura giuridica e caratteri distintivi rispetto agli atti impositivi
Le comunicazioni di compliance in materia di pagamenti elettronici non configurano, dal punto di vista tecnico-giuridico, atti impositivi autonomamente impugnabili ai sensi dell’articolo 19 del Decreto Legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disciplina del contenzioso tributario). Si qualificano piuttosto come comunicazioni di natura informativa e preventiva, inquadrabili nella categoria giuridica degli inviti alla verifica spontanea, privi di efficacia impositiva immediata e non suscettibili di impugnazione immediata dinanzi alle Commissioni tributarie provinciali in quanto non ancora contenenti alcuna definitiva pretesa tributaria né alcuna determinazione di maggiore imposta o irrogazione di sanzioni.
La Corte di Cassazione, con orientamento ormai consolidato e sostanzialmente pacifico (cfr. Cass., sez. trib., 23 marzo 2023, n. 8442; Cass., sez. trib., 15 gennaio 2024, n. 1254; Cass., sez. trib., 7 giugno 2024, n. 15678), ha costantemente chiarito che tali comunicazioni si collocano in una fase prodromica e preparatoria rispetto all’eventuale successivo avvio di un procedimento accertativo formale, configurandosi come strumenti di dialogo preventivo e di interlocuzione collaborativa tra amministrazione finanziaria e contribuente, ispirati ai principi di buona fede, trasparenza e leale collaborazione sanciti dallo Statuto dei diritti del contribuente.
L’Agenzia delle Entrate, in questa fase procedimentale caratterizzata dall’informalità e dalla flessibilità, si astiene dall’assumere determinazioni definitive, limitandosi a sottoporre all’attenzione del destinatario specifiche anomalie riscontrate mediante il confronto sistematico e incrociato dei dati bancari e finanziari con i registri fiscali ufficiali, senza procedere ancora ad alcuna quantificazione di maggiore imposta dovuta né all’irrogazione di sanzioni amministrative.
Tale qualificazione giuridica comporta conseguenze rilevanti sotto il profilo processuale: la comunicazione di compliance non è autonomamente impugnabile dinanzi al giudice tributario, in quanto priva dei requisiti di definitività e lesività propri degli atti impugnabili ex articolo 19 del D.Lgs. 546/1992; il contribuente che ritenga infondata la segnalazione ricevuta non può quindi proporre immediato ricorso, ma deve attendere l’eventuale successiva notifica di un atto impositivo vero e proprio (avviso di accertamento, avviso di liquidazione, provvedimento di irrogazione di sanzioni) per poter contestare giurisdizionalmente la pretesa tributaria.
Fondamento normativo primario e disciplina attuativa
Il fondamento giuridico delle lettere di compliance trova la propria disciplina normativa primaria nell’articolo 1, commi 634-636, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015), il quale ha previsto espressamente che “l’Agenzia delle entrate, sulla base dei dati e degli elementi in proprio possesso o acquisiti in base ad attività istruttoria, può invitare i contribuenti, indicandone specificamente i motivi, a fornire chiarimenti in ordine alla loro posizione fiscale ovvero a produrre atti o documenti non allegati alle dichiarazioni, anche al fine di una sollecita definizione delle irregolarità riscontrate nei termini di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218”.
Tale previsione normativa introduce formalmente nel sistema tributario italiano la possibilità per l’amministrazione finanziaria di attivare un contraddittorio preventivo e informale con il contribuente, anteriormente rispetto all’eventuale notifica di atti impositivi, offrendo al contribuente stesso l’opportunità di fornire chiarimenti, produrre documentazione integrativa e, eventualmente, procedere alla regolarizzazione spontanea della propria posizione fiscale con il beneficio della riduzione delle sanzioni.
Il successivo comma 636 del medesimo articolo prevede inoltre che “l’Agenzia delle entrate rende disponibili al contribuente, con le modalità e nei termini stabiliti con provvedimento del Direttore della stessa Agenzia, gli elementi e i dati in suo possesso, ivi comprese le informazioni presenti nell’Anagrafe tributaria, utili ai fini della verifica del corretto adempimento degli obblighi tributari, anche per consentire la correzione degli errori e l’integrazione della documentazione da allegare alle dichiarazioni fiscali”.
Tale previsione si inquadra nella più ampia strategia di adempimento collaborativo (cooperative compliance) delineata originariamente dall’articolo 6 del Decreto Legislativo 5 agosto 2015, n. 128, che ha introdotto nel sistema tributario italiano il regime di adempimento collaborativo per le imprese di maggiori dimensioni (con volume d’affari o ricavi non inferiori a 10 miliardi di euro, successivamente ridotti a 1 miliardo di euro dal D.Lgs. 30 dicembre 2023, n. 220), regime poi progressivamente esteso anche ad altre categorie di contribuenti nell’ottica di una progressiva generalizzazione del modello.
Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 giugno 2023, protocollo n. 352652, ha specificatamente disciplinato le modalità operative di invio delle comunicazioni di compliance in materia di pagamenti elettronici, definendo puntualmente: (i) i criteri algoritmici di selezione dei destinatari delle comunicazioni; (ii) le modalità tecniche di elaborazione e confronto dei dati; (iii) i termini ordinatori entro i quali procedere all’invio delle comunicazioni; (iv) le modalità formali attraverso le quali il contribuente può fornire riscontro e documentazione giustificativa; (v) i termini temporali entro i quali l’Agenzia fornisce feedback al contribuente in merito alla documentazione prodotta.
Sospensioni normative degli invii: tutela del legittimo affidamento
Il Decreto Legislativo 12 febbraio 2024, n. 1, recante “Razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari”, ha introdotto all’articolo 15 specifiche limitazioni temporali all’invio di comunicazioni di compliance, ispirate all’esigenza di tutelare il legittimo affidamento del contribuente e di evitare che l’amministrazione fiscale invii comunicazioni in periodi dell’anno particolarmente gravosi per i contribuenti medesimi.
In particolare, il citato articolo 15 prevede che “l’Agenzia delle entrate si astiene dall’inviare ai contribuenti atti di liquidazione, comunicazioni di irregolarità, comunicazioni per la promozione dell’adempimento spontaneo e ogni altra comunicazione avente ad oggetto la liquidazione di imposte, interessi o sanzioni” nei seguenti periodi:
- dal 1° agosto al 4 settembre di ciascun anno (periodo feriale estivo);
- dal 1° al 31 dicembre di ciascun anno (periodo natalizio e di chiusura dell’anno fiscale).
Tale sospensione si applica espressamente anche alle lettere di compliance in materia di pagamenti elettronici, con la conseguenza che i contribuenti possono ragionevolmente attendersi di ricevere comunicazioni solo nei periodi compresi tra il 5 settembre e il 30 novembre ovvero tra il 1° gennaio e il 31 luglio di ciascun anno, con evidenti benefici in termini di programmabilità e prevedibilità degli adempimenti.
La ratio di tale previsione normativa risiede nell’esigenza di contemperare le esigenze di efficienza dell’azione amministrativa con la tutela dei diritti del contribuente, evitando che quest’ultimo si trovi a dover gestire comunicazioni dell’amministrazione fiscale nei periodi dell’anno in cui è maggiormente impegnato negli adempimenti fiscali ordinari (dichiarazioni annuali, versamenti di saldo e acconto) ovvero nei periodi tradizionalmente dedicati alle ferie.
Meccanismo di generazione delle anomalie e architettura dei flussi informativi
Fonte primaria: dati trasmessi dagli intermediari finanziari
Il primo pilastro informativo sul quale si fonda il sistema di rilevazione delle anomalie è costituito dai dati trasmessi telematicamente dagli intermediari finanziari e dai gestori dei circuiti di pagamento all’Agenzia delle Entrate.
L’articolo 22, comma 5, del Decreto Legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito con modificazioni dalla Legge 19 dicembre 2019, n. 157, ha introdotto uno specifico obbligo di comunicazione a carico degli operatori finanziari, stabilendo che “i prestatori di servizi di pagamento stabiliti nel territorio dello Stato, sia ai sensi del Titolo II del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 11, sia ai sensi dell’articolo 114-septies del testo unico bancario, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, inviano telematicamente all’Agenzia delle entrate, entro il giorno 20 del mese successivo a quello di riferimento, in forma aggregata, i dati relativi ai pagamenti elettronici effettuati tramite i propri circuiti nei confronti degli esercenti attività d’impresa, arte o professione”.
Tale obbligo si configura come una vera e propria forma di cooperazione amministrativa rafforzata tra operatori finanziari privati e amministrazione fiscale pubblica, finalizzata alla prevenzione e al contrasto dell’evasione fiscale mediante la tracciabilità capillare dei pagamenti elettronici.
I dati oggetto di trasmissione obbligatoria includono, ai sensi del provvedimento attuativo dell’Agenzia delle Entrate del 14 dicembre 2019, protocollo n. 880207:
- l’identificativo fiscale dell’esercente (codice fiscale o partita IVA del soggetto che incassa il pagamento);
- l’ammontare complessivo giornaliero delle transazioni effettuate attraverso strumenti di pagamento elettronico (carte di credito, carte di debito, carte prepagate, bonifici istantanei, altri strumenti di pagamento innovativi);
- il numero complessivo delle operazioni effettuate nella giornata di riferimento;
- la tipologia di strumento di pagamento utilizzato, con distinzione tra carte di debito (bancomat), carte di credito e altri strumenti elettronici;
- eventuali storni, rettifiche o annullamenti operati successivamente alla data dell’operazione originaria, con indicazione della data dello storno e dell’importo rettificato;
- il codice identificativo del punto vendita (terminal ID) presso il quale è stata effettuata la transazione, quando l’esercente disponga di più punti vendita o terminali.
I dati vengono trasmessi in forma aggregata giornaliera, vale a dire che l’intermediario finanziario non comunica il dettaglio analitico di ciascuna singola transazione (con indicazione dell’ora, dell’importo specifico, delle ultime cifre della carta utilizzata), ma comunica esclusivamente il totale complessivo delle transazioni effettuate da ciascun esercente in ciascuna giornata. Tale modalità di trasmissione aggregata risponde all’esigenza di contemperare le finalità di contrasto all’evasione fiscale con la tutela della privacy e della riservatezza delle informazioni personali dei clienti consumatori, in conformità al Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) e al Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 196/2003 come modificato dal D.Lgs. 101/2018).
Fonte secondaria: dati dichiarativi fiscali del contribuente
Il secondo pilastro informativo è costituito dai dati dichiarativi che il contribuente trasmette all’amministrazione finanziaria attraverso i canali ufficiali e obbligatori. Tali dati vengono desunti da molteplici fonti:
- Fatture elettroniche: tutte le fatture elettroniche transitate attraverso il Sistema di Interscambio (SdI) ai sensi dell’articolo 1, commi 3 e seguenti, del Decreto Legislativo 5 agosto 2015, n. 127, vengono acquisite e archiviate dall’Agenzia delle Entrate, la quale dispone quindi di una completa mappatura di tutte le operazioni attive (vendite, prestazioni di servizi) documentate mediante fattura elettronica. Il sistema acquisisce automaticamente i dati rilevanti ai fini del confronto: identificativo del cedente/prestatore, data della fattura, imponibile, aliquota IVA applicata, imposta, totale fattura, natura dell’operazione (imponibile, esente, non soggetta, ecc.);
- Corrispettivi telematici: i dati relativi ai corrispettivi giornalieri trasmessi telematicamente dai soggetti che effettuano operazioni al minuto o equiparate ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs. 127/2015. La trasmissione può avvenire mediante: (i) registratore telematico (c.d. “nuovo scontrino elettronico”); (ii) software di certificazione conforme alle specifiche tecniche dell’Agenzia; (iii) servizio web gratuito “Documento commerciale on line” messo a disposizione dall’Agenzia delle Entrate. I dati acquisiti includono l’ammontare complessivo giornaliero dei corrispettivi suddivisi per aliquota IVA, la tipologia di operazione (operazioni imponibili, esenti, non soggette), eventuali rettifiche;
- Comunicazioni periodiche delle liquidazioni IVA (c.d. LIPE): previste dall’articolo 21-bis del Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122, tali comunicazioni hanno periodicità trimestrale per i contribuenti trimestrali e periodicità mensile per i contribuenti mensili, e contengono il dettaglio delle operazioni attive e passive, delle liquidazioni periodiche e dei versamenti effettuati;
- Dichiarazioni annuali dei redditi (Modello Redditi Persone Fisiche, Modello Redditi Società di Persone, Modello Redditi Società di Capitali, Modello Redditi Enti non commerciali) e dichiarazioni annuali IVA, dalle quali l’Agenzia desume il volume d’affari complessivo dichiarato, le operazioni attive e passive, i ricavi o compensi dichiarati, gli acquisti deducibili.
Elaborazione algoritmica e individuazione delle anomalie
I dati provenienti dalle due fonti (intermediari finanziari e dichiarazioni fiscali) vengono sottoposti a un processo di elaborazione algoritmica automatizzata, mediante il quale il sistema informatico dell’Agenzia delle Entrate:
- Aggrega i dati relativi agli incassi elettronici per ciascun contribuente e per ciascun periodo temporale di riferimento (generalmente l’anno solare di imposta);
- Aggrega parallelamente i dati dichiarativi desunti dalle fatture elettroniche, dai corrispettivi telematici e dalle dichiarazioni fiscali, per il medesimo contribuente e per il medesimo periodo temporale;
- Confronta sistematicamente le due sommatorie, calcolando lo scostamento algebrico: Δ = Σ(incassi POS) – Σ(ricavi dichiarati);
- Seleziona i contribuenti per i quali lo scostamento supera determinate soglie di rilevanza (soglie percentuali minime e/o soglie assolute minime in valore euro), applicando criteri di materialità per evitare di inviare comunicazioni per scostamenti di importo trascurabile ovvero fisiologici;
- Genera automaticamente le comunicazioni di compliance individuali, corredandole dei prospetti di dettaglio che indicano, per ciascun giorno o periodo, l’ammontare degli incassi rilevati e l’ammontare dei ricavi dichiarati, evidenziando la differenza riscontrata.
L’algoritmo applicato dall’Agenzia delle Entrate tiene conto, nella misura del possibile, di alcune casistiche fisiologiche di disallineamento temporale (ad esempio, incassi di acconti successivamente fatturati, operazioni con regimi IVA particolari), ma la complessità e la varietà delle fattispecie concrete rendono inevitabile che il sistema generi anche “falsi positivi”, ossia segnalazioni di anomalie apparenti che in realtà trovano giustificazione in particolari condizioni tecniche, contabili o giuridiche.
Presunzione iuris tantum e riparto dell’onere probatorio
Allorché la sommatoria algebrica dei dati bancari e finanziari risulti eccedente rispetto alla medesima sommatoria ricavabile dai documenti fiscali ufficialmente trasmessi, l’Agenzia delle Entrate presume, mediante una presunzione iuris tantum (cioè relativa e non assoluta), che la differenza riscontrata rappresenti ricavi occultati o corrispettivi non certificati fiscalmente.
Tale presunzione trova il proprio fondamento giuridico:
- In materia di imposte dirette: nell’articolo 32, comma 1, n. 2), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), il quale prevede che “l’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”;
- In materia di IVA: nell’articolo 54, secondo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto), il quale dispone che “nell’accertamento in rettifica dell’imposta si applicano le disposizioni relative all’accertamento delle imposte sui redditi”.
La giurisprudenza tributaria di legittimità ha costantemente affermato (cfr. Cass., sez. trib., 18 settembre 2023, n. 26874; Cass., sez. trib., 7 febbraio 2024, n. 3456; Cass., sez. trib., 12 aprile 2024, n. 9823) che l’amministrazione finanziaria, nell’ambito di un successivo eventuale accertamento basato su presunzioni semplici, ha l’onere di allegare e dimostrare la sussistenza di elementi gravi, precisi e concordanti idonei a fondare la presunzione di maggiori ricavi non dichiarati.
Nel caso specifico delle anomalie sui pagamenti POS, la giurisprudenza ha precisato che:
- Il mero riscontro di uno scostamento quantitativo tra incassi elettronici e ricavi dichiarati costituisce indizio grave, preciso e concordante idoneo a fondare una presunzione di omessi ricavi, in quanto i dati provengono da fonti terze e indipendenti (intermediari finanziari) e presentano un elevato grado di affidabilità oggettiva;
- Tuttavia, tale presunzione non è assoluta e rimane gravante sul contribuente l’onere di fornire la prova contraria mediante la produzione di idonea documentazione probatoria che dimostri l’insussistenza di ricavi effettivamente omessi ovvero la presenza di giustificazioni tecniche, contabili o giuridiche che legittimino lo scostamento rilevato;
- La prova contraria fornita dal contribuente deve essere specifica, circostanziata e documentale, non essendo sufficiente la formulazione di generiche contestazioni o di ipotesi alternative non supportate da riscontri oggettivi;
- L’amministrazione finanziaria mantiene comunque un potere di confutazione della prova contraria fornita dal contribuente, potendo dimostrare che le giustificazioni addotte non sono attendibili o non spiegano integralmente lo scostamento riscontrato.
Modalità di accesso e consultazione della comunicazione
Canali di accesso telematici e credenziali di autenticazione
Il contribuente destinatario della comunicazione di compliance può accedere al contenuto integrale della segnalazione e ai prospetti dettagliati attraverso il portale telematico dell’Agenzia delle Entrate, nella propria area riservata, avvalendosi di una delle modalità di autenticazione previste dalla normativa in materia di identità digitale:
- SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale): sistema di autenticazione che permette ai cittadini e alle imprese di accedere con un’unica identità digitale ai servizi online della Pubblica Amministrazione e dei soggetti privati aderenti, ai sensi del D.P.C.M. 24 ottobre 2014 e del D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla Legge 11 settembre 2020, n. 120;
- CIE (Carta d’Identità Elettronica): documento d’identità rilasciato dai Comuni che integra funzionalità di autenticazione digitale, utilizzabile per l’accesso ai servizi online della Pubblica Amministrazione ai sensi del D.L. 78/2015 e del D.M. 23 dicembre 2015;
- CNS (Carta Nazionale dei Servizi): dispositivo (smart card, token USB, SIM card) contenente un certificato digitale di autenticazione rilasciato da un certificatore accreditato, che permette l’identificazione certa del cittadino nell’accesso ai servizi telematici;
- Credenziali Fisconline/Entratel: credenziali di autenticazione specifiche rilasciate direttamente dall’Agenzia delle Entrate, utilizzabili esclusivamente per l’accesso ai servizi telematici dell’Agenzia stessa.
Percorso di navigazione nell’area riservata
Una volta effettuato l’accesso all’area riservata mediante una delle modalità sopra indicate, il contribuente deve seguire il seguente percorso di navigazione per consultare la comunicazione di compliance:
- Accesso all’area riservata del contribuente sul sito www.agenziaentrate.gov.it;
- Selezione della sezione denominata “Cassetto fiscale”, repository digitale nel quale l’Agenzia delle Entrate rende disponibili al contribuente tutti i documenti, le comunicazioni, i dati e le informazioni che lo riguardano;
- All’interno del Cassetto fiscale, selezione del sottomenu “L’Agenzia scrive”, sezione specificamente dedicata alle comunicazioni ufficiali inviate dall’amministrazione finanziaria al contribuente;
- Localizzazione della sottosezione “Invito alla compliance” o “Comunicazioni di compliance”, nella quale vengono catalogate specificamente le lettere di compliance di varia tipologia;
- Consultazione dell’elenco delle lettere disponibili, suddivise per tipologia di anomalia (ad esempio: “Anomalie pagamenti POS”, “Omessa presentazione dichiarazione”, “Anomalie spese detraibili”, ecc.) e per periodo d’imposta di riferimento;
- Selezione e download della specifica comunicazione di interesse, disponibile in formato PDF e corredata dei relativi allegati e prospetti di dettaglio.
Contenuto documentale della comunicazione
Ciascuna comunicazione di compliance scaricabile dal contribuente si compone tipicamente dei seguenti elementi:
- Lettera di accompagnamento: documento in formato PDF che contiene l’intestazione del contribuente destinatario (denominazione/cognome e nome, codice fiscale/partita IVA, domicilio fiscale), l’indicazione sintetica della tipologia di anomalia riscontrata, l’invito a verificare la propria posizione e a regolarizzare eventuali omissioni od errori, l’indicazione dei canali attraverso i quali il contribuente può fornire chiarimenti o documentazione giustificativa, l’eventuale indicazione di un termine temporale entro il quale fornire riscontro (benché si tratti di termine meramente ordinatorio e non perentorio);
- Prospetti di dettaglio: documenti allegati in formato PDF e/o Excel che riportano il dettaglio analitico delle anomalie riscontrate, con indicazione, per ciascun giorno o periodo, di: (i) ammontare degli incassi elettronici rilevati dai dati trasmessi dagli intermediari finanziari; (ii) ammontare dei corrispettivi o delle fatture risultanti dai dati dichiarativi; (iii) differenza (scostamento) riscontrata in valore assoluto e in percentuale; (iv) eventualmente, numero di operazioni rilevate;
- Note metodologiche: sezione esplicativa che illustra sinteticamente la metodologia di elaborazione dei dati, le fonti informative utilizzate, i criteri di selezione, eventuali precisazioni tecniche sulla natura della segnalazione.
Permanenza documentale e assenza di rischio di smarrimento
Un aspetto di particolare rilievo, che merita specifica considerazione, consiste nel fatto che le lettere di compliance rimangono permanentemente disponibili nel cassetto fiscale del contribuente indipendentemente dalle modalità di comunicazione formale prescelte (notifica cartacea tramite raccomandata A/R, trasmissione via PEC all’indirizzo di posta elettronica certificata del contribuente, ovvero mera pubblicazione nel portale con generazione di avviso nell’area riservata).
Tale circostanza presenta indubbi vantaggi:
- Esclude sostanzialmente il rischio di smarrimento della comunicazione da parte del contribuente, in quanto il documento resta consultabile e scaricabile in qualsiasi momento successivo;
- Permette al contribuente di consultare agevolmente i prospetti di dettaglio e i dati analitici anche dopo un periodo di tempo dalla ricezione iniziale, facilitando l’attività di verifica e l’eventuale predisposizione di documentazione giustificativa;
- Consente al contribuente di delegare l’accesso al proprio commercialista o consulente fiscale mediante il rilascio di delega telematica attraverso il servizio “Cassetto fiscale delegato”, permettendo al professionista incaricato di consultare direttamente la comunicazione e i relativi allegati senza necessità di acquisire copie cartacee o scansioni.
Casistiche tipiche di segnalazione: fattispecie patologiche e fisiologiche
Ipotesi di anomalie sostanziali: sottodichiarazione e omessa certificazione
L’Agenzia delle Entrate procede all’invio della comunicazione di compliance in presenza di una serie di fattispecie tipiche, che possono essere ricondotte fondamentalmente a due macro-categorie: anomalie sostanziali (che effettivamente rivelano l’occultamento di ricavi o la mancata certificazione di corrispettivi) e anomalie apparenti (che trovano giustificazione in particolari condizioni tecniche, contabili o giuridiche).
Le fattispecie patologiche più ricorrenti nella prassi applicativa sono le seguenti:
- Primo profilo – Sottodichiarazione sistematica: l’importo totale incassato mediante strumenti di pagamento elettronico (POS, carte di credito, carte di debito, altri strumenti elettronici) risulta sistematicamente e significativamente superiore all’ammontare complessivo dei corrispettivi certificati telematicamente ovvero delle fatture elettroniche emesse nel medesimo periodo d’imposta. Questa rappresenta la casistica più frequente nella pratica e riflette il fenomeno della sottodichiarazione deliberata di ricavi, che costituisce una delle principali modalità di evasione fiscale nel settore del commercio al dettaglio, della ristorazione e dei servizi alla persona. In tali ipotesi, l’operatore economico incassa regolarmente i pagamenti dei clienti mediante terminale POS, ma omette deliberatamente di certificare fiscalmente l’operazione mediante emissione di scontrino telematico o fattura elettronica, ovvero certifica solo parzialmente l’importo effettivamente incassato;
- Secondo profilo – Omessa certificazione puntuale: emergono singole operazioni o gruppi di operazioni pagate elettronicamente che non trovano corrispondenza in alcun documento fiscale ufficialmente trasmesso (scontrini telematici omessi, fatture elettroniche non emesse, corrispettivi giornalieri trasmessi in misura inferiore rispetto agli incassi effettivi). Tale situazione configura quello che nella prassi professionale viene definito un vero e proprio “buco documentale” nella certificazione fiscale, e può derivare sia da condotte intenzionalmente evasive sia da errori organizzativi o dimenticanze nella gestione quotidiana del punto vendita;
- Terzo profilo – Utilizzo improprio del POS aziendale: l’imprenditore individuale ovvero l’amministratore o il socio di una società ha personalmente incassato somme di denaro tramite il terminale POS intestato all’attività aziendale, senza tuttavia dichiarare formalmente tali importi come ricavi dell’attività d’impresa o come corrispettivi dell’attività professionale. Questa fattispecie risulta particolarmente rilevante e ricorrente nel commercio al dettaglio, nella ristorazione, nell’attività di alloggio turistico e nei servizi professionali, dove talvolta si verifica una commistione tra incassi aziendali e movimenti finanziari personali del titolare, con conseguente difficoltà nella corretta imputazione contabile e fiscale delle operazioni;
- Quarto profilo – Incongruenze ripetute e sistematiche: si osservano incongruenze sistematiche, ripetute nel tempo e di importo significativo, tra i dati bancari aggregati trasmessi dagli intermediari finanziari e quelli desumibili dai registri fiscali ufficiali (fatture elettroniche, corrispettivi telematici, dichiarazioni IVA e dei redditi). Tali incongruenze ripetute sono indicative di difetti organizzativi strutturali nella certificazione dei corrispettivi, di errate impostazioni dei registratori telematici, di insufficiente formazione del personale addetto alla cassa, ovvero di procedure contabili inadeguate che generano sistematicamente disallineamenti tra la realtà economica degli incassi e la rappresentazione fiscale delle operazioni.
Ipotesi di anomalie apparenti: disallineamenti tecnici e operazioni particolari
Accanto alle ipotesi patologiche sopra descritte, esistono tuttavia numerosi scenari di scostamento apparente che non necessariamente presuppongono o rivelano omissioni fiscali intenzionali, ma che possono trovare giustificazione in particolarità tecniche, contabili o giuridiche dell’attività svolta:
Primo profilo – Disallineamenti temporali: rappresentano probabilmente la causa più frequente di “falsi positivi” nella pratica professionale. Si verificano quando esiste uno sfasamento temporale tra il momento del pagamento elettronico e il momento della fatturazione o della registrazione contabile dell’operazione. Esempi tipici includono:
- Acconti incassati in un determinato anno solare ma fatturati nell’anno successivo: ad esempio, un acconto incassato a dicembre 2024 mediante pagamento POS viene fatturato a gennaio 2025; l’algoritmo dell’Agenzia rileva un incasso nel 2024 privo di corrispondente fatturazione nello stesso anno;
- Operazioni con fattura differita: nel commercio tra imprese (B2B), è prassi comune incassare il corrispettivo in una determinata data ed emettere la fattura differita entro il 15 del mese successivo, ai sensi dell’articolo 21, comma 4, lettera a), del D.P.R. 633/1972; tale differimento può generare disallineamenti tra anno di incasso e anno di fatturazione quando le operazioni si concentrano a cavallo d’anno;
- Fatture scartate dal Sistema di Interscambio: quando una fattura elettronica viene scartata dal SdI per errori formali (codice destinatario errato, formato file non conforme, certificato di firma scaduto, ecc.) e viene successivamente ritrasmessa corretta, può verificarsi che l’incasso sia stato registrato dai circuiti di pagamento nella data originaria mentre la fattura risulta registrata dal SdI nella data di ritrasmissione, generando un disallineamento apparente;
Secondo profilo – Duplicazioni tecniche: si verificano quando i sistemi informatici degli intermediari finanziari registrano erroneamente due volte la medesima transazione, generando un’apparente duplicazione dell’importo incassato. Tale fenomeno, pur relativamente raro grazie ai controlli automatici implementati dagli operatori finanziari, può ancora verificarsi in presenza di malfunzionamenti tecnici, problemi di connessione durante l’elaborazione delle transazioni, ovvero in caso di storni successivamente operati ma non correttamente rilevati dal sistema di aggregazione dei dati. L’Agenzia delle Entrate, come emerso nel dicembre 2023 a seguito di numerose segnalazioni pervenute dall’Associazione Nazionale Commercialisti e da altri ordini professionali, ha dovuto riconoscere che alcuni operatori finanziari avevano commesso errori sistematici nella trasmissione dei dati, conteggiando la medesima transazione due o addirittura tre volte, e ha conseguentemente inviato comunicazioni di annullamento ai contribuenti coinvolti;
Terzo profilo – Operazioni transitate su POS intestati a soggetti terzi: nella moderna economia digitale è sempre più frequente che i pagamenti dei clienti transitino attraverso terminali POS o piattaforme di pagamento intestati non direttamente all’esercente che effettua la cessione del bene o la prestazione del servizio, ma a intermediari terzi (marketplace, piattaforme di e-commerce, aggregatori di pagamenti). Esempi tipici includono:
- Vendite effettuate tramite piattaforme di e-commerce (Amazon, eBay, altri marketplace) dove il pagamento viene incassato dalla piattaforma che successivamente riversa al venditore l’importo al netto delle commissioni;
- Pagamenti raccolti tramite app di pagamento digitale (Satispay, PayPal, Stripe, altri payment service provider) dove l’intestatario del “POS virtuale” è la piattaforma tecnologica e non l’esercente finale;
- Sistemi di prenotazione online per hotel, ristoranti, servizi turistici (Booking.com, TheFork, altri portali) che incassano il pagamento dal cliente e lo girano successivamente all’esercente;
In tutti questi casi, l’incasso transita su un POS intestato fiscalmente al terzo intermediario, il quale lo dichiara regolarmente nella propria contabilità, mentre l’esercente finale dichiara correttamente il ricavo quando riceve il riversamento dal terzo. Il sistema automatico dell’Agenzia, tuttavia, potrebbe erroneamente attribuire l’incasso originario direttamente all’esercente, generando un’anomalia apparente;
Quarto profilo – Mancate sincronizzazioni tecniche: si verificano quando esiste un difetto di sincronizzazione tra il terminale POS e il registratore telematico dovuto a fattori puramente tecnici quali: malfunzionamenti temporanei della connessione internet, errori nei software di gestione, mancati aggiornamenti del firmware dei dispositivi, incompatibilità temporanee tra versioni software diverse. Tali problematiche tecniche, pur generando disallineamenti nei dati trasmessi, non rivelano alcuna condotta evasiva ma solo deficienze organizzative o tecnologiche che vanno prontamente corrette;
Quinto profilo – Operazioni esenti da obbligo di certificazione: determinate categorie di cessioni di beni sono esenti dall’obbligo di emissione di scontrino fiscale o fattura, pur potendo essere pagate mediante strumenti elettronici. Esempi tipici includono:
- Vendita di giornali quotidiani e periodici: esente ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera hh), del D.Lgs. 127/2015, in quanto trattasi di beni che fruiscono di specifiche agevolazioni editoriali;
- Vendita di tabacchi: i generi di monopolio sono soggetti a un regime fiscale speciale e non richiedono certificazione fiscale mediante scontrino ai sensi della normativa vigente in materia di monopoli;
- Determinati prodotti farmaceutici: alcune categorie di farmaci venduti in farmacia beneficiano di esenzione dall’obbligo di certificazione;
- Servizi bancari e finanziari: molti servizi resi da banche e intermediari finanziari sono esenti IVA e non richiedono certificazione fiscale nel modo ordinario;
In tutti questi casi, l’incasso elettronico viene regolarmente registrato dai circuiti di pagamento e trasmesso all’Agenzia, ma non trova corrispondenza nei corrispettivi telematici perché l’operazione è legittimamente esclusa dall’obbligo di certificazione, generando un disallineamento fisiologico;
Sesto profilo – Operazioni non rappresentative di ricavi: esistono numerose tipologie di movimenti finanziari che transitano attraverso il POS aziendale ma che non costituiscono ricavi imponibili dell’attività:
- Versamenti di soci: apporti di capitale effettuati dai soci tramite pagamento elettronico sul POS dell’impresa;
- Caparre confirmatorie: anticipi ricevuti a titolo di caparra confirmatoria che vengono successivamente restituiti al cliente in caso di mancata conclusione del contratto;
- Rimborsi a clienti: restituzione di somme precedentemente incassate a seguito di resi di merce, annullamenti di servizi, risoluzioni contrattuali;
- Operazioni di giroconto interno: movimenti finanziari tra conti correnti intestati allo stesso soggetto o tra società del medesimo gruppo che transitano tecnicamente attraverso il POS ma non rappresentano operazioni attive imponibili;
- Incassi per conto terzi: somme incassate in qualità di mandatario senza rappresentanza o di intermediario che verranno successivamente riversate al mandante effettivo;
- Depositi cauzionali: somme ricevute a titolo di deposito cauzionale che verranno restituite al termine del rapporto contrattuale.
Tutte queste operazioni, pur generando un movimento finanziario registrato dai circuiti di pagamento, non costituiscono ricavi da dichiarare e quindi generano legittimamente un disallineamento tra incassi e ricavi.
Strategie difensive in presenza di anomalia sostanziale: ravvedimento operoso
Qualora il contribuente destinatario della comunicazione di compliance, dopo aver effettuato le necessarie verifiche contabili e documentali, riconosca la fondatezza della segnalazione e ammetta l’effettiva esistenza di ricavi non dichiarati o di corrispettivi non certificati, la strada più conveniente dal punto di vista economico risulta indubbiamente quella del ravvedimento operoso, istituto disciplinato dagli articoli 13 e 14 del Decreto Legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, recante “Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie”.
Tale meccanismo di regolarizzazione spontanea permette al contribuente di sanare le violazioni commesse beneficiando di riduzioni significative delle sanzioni amministrative ordinariamente applicabili, tanto maggiori quanto più tempestiva è la regolarizzazione rispetto al momento della commissione della violazione.
Fase preliminare: identificazione puntuale dell’anomalia
Prima di procedere materialmente alla regolarizzazione, il contribuente deve effettuare un’accurata attività di ricognizione e verifica finalizzata a identificare con precisione l’entità e la natura dell’anomalia. Tale fase preliminare si articola nelle seguenti attività operative:
- Recupero e analisi dei prospetti: il contribuente, attraverso il proprio consulente fiscale, recupera dal cassetto fiscale i prospetti dettagliati allegati alla lettera di compliance, nei quali figurano il dettaglio giornaliero o periodico degli importi contestati. È fondamentale acquisire anche i file in formato Excel eventualmente disponibili, che facilitano l’elaborazione dei dati e i calcoli successivi;
- Confronto analitico giornaliero: si procede a un confronto giornaliero tra gli importi indicati come “incassati via POS” e gli importi indicati come “certificati fiscalmente”, individuando con precisione assoluta la data esatta e l’ammontare specifico di ciascuna discrepanza. Questa fase è particolarmente critica poiché condiziona tutte le successive elaborazioni tecniche e determina l’esatta quantificazione dell’imponibile da regolarizzare;
- Riscontro con la documentazione contabile interna: si effettua un riscontro sistematico tra i dati segnalati dall’Agenzia e la documentazione contabile interna dell’impresa (registri IVA, prima nota, estratti conto bancari, report dei POS forniti dalle banche, giornale di cassa). Tale riscontro permette di verificare se effettivamente le operazioni indicate come non certificate sono realmente prive di documentazione fiscale ovvero se esistono documenti fiscali emessi ma non correttamente rilevati dal sistema dell’Agenzia;
- Riconciliazione bancaria: si effettua una riconciliazione tra gli importi indicati dall’Agenzia come incassati via POS e gli accrediti effettivamente registrati sui conti correnti aziendali, tenendo conto dei tempi tecnici di accredito (generalmente 1-3 giorni lavorativi dalla transazione), delle commissioni bancarie trattenute dagli intermediari finanziari e di eventuali storni o rettifiche operate successivamente;
- Quantificazione dell’effettivo scostamento non giustificabile: concluse le attività di verifica, si quantifica l’importo complessivo dello scostamento che effettivamente non trova giustificazione in cause fisiologiche e che pertanto deve essere oggetto di regolarizzazione mediante ravvedimento operoso.
Fase seconda: verifica dell’esistenza di cause giustificative
Prima di procedere alla regolarizzazione mediante versamento di imposte, sanzioni e interessi, il contribuente e il suo consulente fiscale devono verificare attentamente se gli incassi contestati derivino da fattispecie che avrebbero legittimamente giustificato la mancata certificazione fiscale. In particolare, occorre esaminare se gli incassi contestati derivino da:
- Storni o rimborsi a clienti: in tal caso occorre verificare la documentazione probatoria (note di credito emesse, ordini di bonifico di restituzione, estratti conto che evidenziano il riversamento, comunicazioni scritte con i clienti) che dimostri l’avvenuta restituzione delle somme inizialmente incassate;
- Acconti successivamente stornati: occorre verificare se acconti inizialmente incassati via POS sono stati successivamente trasformati in altre forme di regolamento (versamenti in conto capitale, finanziamenti soci, ecc.) ovvero stornati per mancata conclusione del contratto;
- Ritenute di garanzia non esigibili: in determinati settori (appalti pubblici, subappalti, prestazioni professionali per committenti pubblici) possono esistere ritenute di garanzia che riducono l’importo effettivamente incassato rispetto all’importo nominale del corrispettivo;
- Operazioni non soggette a IVA né a certificazione: occorre verificare se alcune delle operazioni contestate rientrino in fattispecie esenti, non imponibili, escluse dall’ambito di applicazione dell’IVA ovvero escluse dall’obbligo di certificazione fiscale per specifiche previsioni normative;
- Errori di contabilità interna: è necessario verificare se esistano errori materiali nella tenuta della contabilità che abbiano determinato la mancata registrazione di documenti fiscali effettivamente emessi, ovvero la registrazione in periodi diversi rispetto all’effettivo incasso.
Nel caso in cui le verifiche sopra descritte rivelino l’esistenza di giustificazioni plausibili e documentabili, il contribuente non procede alla regolarizzazione per gli importi giustificati, ma predispone invece una memoria difensiva da trasmettere all’Agenzia delle Entrate unitamente alla documentazione probatoria, secondo le modalità che verranno illustrate nel paragrafo dedicato alle strategie difensive in caso di anomalia contestabile.
In difetto di giustificazioni attendibili, il contribuente procede alla regolarizzazione mediante ravvedimento operoso per gli importi effettivamente non certificati.
Fase terza: emissione retroattiva della documentazione fiscale
Una volta accertato che sussistono effettivamente ricavi incassati e non certificati, il contribuente procede all’emissione retroattiva della documentazione fiscale mancante, nei limiti e secondo le modalità consentite dalla normativa vigente.
Le modalità di emissione retroattiva variano a seconda della tipologia di operazione e del regime fiscale applicabile:
Per operazioni soggette a fatturazione elettronica:
Il contribuente emette fatture elettroniche con data operazione corrispondente alla data effettiva dell’operazione originaria (data di incasso via POS), ma con data emissione corrispondente alla data attuale di emissione del documento nell’ambito del ravvedimento. Nel campo “Data” della fattura elettronica si indica la data dell’operazione originaria, mentre il sistema SdI registra automaticamente la data di effettiva trasmissione del documento.
Tale modalità operativa è conforme a quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 14/E del 17 giugno 2019, la quale ha precisato che “la fattura emessa tardivamente deve riportare la data di effettuazione dell’operazione, con l’indicazione che trattasi di fattura emessa ai sensi dell’articolo 6, comma 8, del D.Lgs. 471/1997”, ossia nell’ambito di un ravvedimento per omessa o tardiva fatturazione;
Per operazioni soggette a corrispettivi telematici:
La situazione è più complessa, in quanto il sistema dei corrispettivi telematici prevede la trasmissione giornaliera aggregata degli importi e non consente, tecnicamente, l’emissione retroattiva di singoli scontrini o documenti commerciali riferiti a date passate. In tali casi, nella prassi professionale si sono consolidate due modalità operative alternative:
- integrazione del corrispettivo giornaliero: si trasmette un documento commerciale integrativo riferito alla data originaria, utilizzando la funzionalità di “rettifica corrispettivi” messa a disposizione dai registratori telematici ovvero dal servizio web “Documento commerciale on line” dell’Agenzia delle Entrate. Tale rettifica incrementa l’ammontare dei corrispettivi precedentemente trasmessi per quella specifica giornata;
- Emissione di autofattura interna: in alternativa, viene emessa una c.d. “autofattura” o “documento interno di regolarizzazione”, nel quale il contribuente attesta l’avvenuto incasso di corrispettivi non certificati, indica l’importo complessivo omesso suddiviso per aliquota IVA, e utilizza tale documento come base per la liquidazione dell’IVA e per la determinazione del reddito imponibile nell’ambito del ravvedimento.
Quest’ultima soluzione, pur non trovando una specifica codificazione normativa esplicita, è ormai pacificamente tollerata dalla prassi amministrativa dell’Agenzia delle Entrate nell’ambito di procedimenti di ravvedimento operoso, in quanto funzionale alla regolarizzazione e alla quantificazione dell’imposta dovuta;
Contenuto minimo della documentazione emessa:
La documentazione fiscale emessa retroattivamente deve contenere i seguenti elementi essenziali:
- Chiara indicazione che trattasi di documento emesso nell’ambito di ravvedimento operoso per omessa/tardiva certificazione;
- Data dell’operazione originaria (data di incasso effettivo);
- Imponibile suddiviso per aliquota IVA (22%, 10%, 5%, 4% ovvero operazioni esenti/non imponibili/fuori campo IVA);
- Imposta calcolata per ciascuna aliquota;
- Totale documento;
- Causale dell’operazione (“vendite non certificate”, “prestazioni non documentate”, ecc.);
- Riferimento normativo al ravvedimento operoso (art. 13 D.Lgs. 472/1997).
Fase quarta: quantificazione degli elementi tributari dovuti
Una volta emessa la documentazione fiscale mancante, il contribuente procede alla quantificazione puntuale degli elementi tributari dovuti nell’ambito del ravvedimento, i quali si articolano in:
a) Determinazione della base imponibile:
La base imponibile è costituita dall’importo lordo (comprensivo di IVA) dei ricavi omessi, dal quale si deve però scorporare l’IVA per determinare l’imponibile netto sul quale calcolare le imposte dirette. Lo scorporo dell’IVA si effettua applicando i seguenti coefficienti in relazione all’aliquota IVA applicabile all’operazione:
- Aliquota 22%: imponibile = importo lordo / 1,22
- Aliquota 10%: imponibile = importo lordo / 1,10
- Aliquota 5%: imponibile = importo lordo / 1,05
- Aliquota 4%: imponibile = importo lordo / 1,04
- Operazioni esenti/non imponibili/fuori campo IVA: imponibile = importo lordo (non si effettua scorporo)
b) IVA dovuta:
L’IVA dovuta si determina applicando l’aliquota appropriata all’imponibile scorporato, ovvero, più semplicemente, effettuando lo scorporo dall’importo lordo:
IVA dovuta = Importo lordo – Imponibile netto
L’IVA deve essere liquidata con riferimento al periodo (mese o trimestre) nel quale si è verificata l’operazione originaria, non al periodo nel quale si effettua il ravvedimento. Occorre quindi individuare il periodo di liquidazione IVA originario (ad esempio: gennaio 2024, primo trimestre 2024, ecc.) e versare l’IVA con riferimento a quel periodo, utilizzando nell’F24 i codici tributo appropriati (6001 per IVA mensile, 6002 per IVA trimestrale) e indicando come “anno di riferimento” l’anno nel quale si è verificata l’operazione;
c) Imposte dirette:
Sugli imponibili omessi (al netto dell’IVA) occorre calcolare le imposte sui redditi dovute, che variano a seconda della natura giuridica del soggetto:
- Ditte individuali, professionisti, società di persone: IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche) con applicazione dell’aliquota marginale del contribuente, che può variare dal 23% al 43% a seconda dello scaglione di reddito; addizionale regionale IRPEF (aliquota variabile per regione, generalmente compresa tra 1,23% e 3,33%); addizionale comunale IRPEF (aliquota variabile per comune, generalmente compresa tra 0% e 0,9%);
- Società di capitali: IRES (Imposta sul Reddito delle Società) con aliquota fissa del 24%;
- Società di capitali ed enti commerciali soggetti a IRAP: occorre considerare anche l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive) con aliquota ordinaria del 3,9%, eventualmente maggiorata o diminuita a seconda della regione di residenza e del settore di attività;
Le imposte dirette devono essere calcolate con riferimento al periodo d’imposta (anno solare) nel quale si è verificato l’omesso ricavo, e versate utilizzando i codici tributo appropriati nell’F24 (ad esempio: codice 4001 per IRPEF da dichiarazione, codice 2001 per IRES, codice 3800 per IRAP);
d) Sanzione ridotta per ravvedimento:
La sanzione ordinaria prevista per l’omessa dichiarazione di ricavi ammonta, ai sensi degli articoli 5 e 6 del D.Lgs. 471/1997:
- In materia di IVA: dal 90% al 180% dell’imposta evasa (art. 5, comma 1);
- In materia di imposte dirette: dal 90% al 180% dell’imposta evasa (art. 1, comma 2);
- Per omessa emissione di scontrino/ricevuta: da 100% dell’imposta con un minimo di 500 euro (art. 6, comma 2-bis, ridotto a 300 euro dal D.Lgs. 87/2024).
Mediante il ravvedimento operoso, tali sanzioni vengono ridotte secondo i seguenti coefficienti, in relazione al tempo trascorso tra la commissione della violazione e la regolarizzazione:
- Ravvedimento sprint: 1/9 della sanzione minima (cioè 10%) se effettuato entro 90 giorni dalla commissione della violazione ovvero dalla scadenza per l’adempimento;
- Ravvedimento breve: 1/8 della sanzione minima (cioè 11,25%) se effettuato oltre il 90° giorno ma entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel quale è stata commessa la violazione;
- Ravvedimento intermedio: 1/7 della sanzione minima (cioè 12,86%) se effettuato oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno della violazione ma entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo;
- Ravvedimento lungo: 1/6 della sanzione minima (cioè 15%) se effettuato oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello della violazione ma prima che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altra attività di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati abbiano avuto formale conoscenza;
- Ravvedimento oltre i 2 anni: 1/5 della sanzione minima (cioè 18%) se effettuato dopo la scadenza per la presentazione della dichiarazione del periodo d’imposta successivo a quello di commissione della violazione.
Il Decreto Legge 29 dicembre 2023, n. 131 (c.d. “Decreto Energia”), convertito con modificazioni dalla Legge 29 febbraio 2024, n. 12, ha introdotto riduzioni speciali transitorie per le violazioni commesse tra il 1° gennaio 2022 e il 30 giugno 2023, prevedendo ulteriori abbattimenti delle sanzioni anche per violazioni già verbalizzate. Tuttavia, tali riduzioni transitorie hanno carattere eccezionale e temporaneo, e non si applicano alle violazioni commesse al di fuori del periodo specificato;
e) Interessi legali:
Gli interessi legali vengono computati a partire dal momento in cui il tributo avrebbe dovuto essere versato (termine ordinario di versamento per ciascun tributo) sino alla data effettiva del versamento nell’ambito del ravvedimento operoso. Il tasso di interesse legale viene determinato annualmente con Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze ed è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Per l’anno 2025, il tasso di interesse legale è stato fissato al 2,5% annuo (D.M. 10 dicembre 2024).
Gli interessi si calcolano applicando il tasso annuo proporzionalmente ai giorni effettivamente trascorsi, secondo la formula:
Interessi = (Tributo × Tasso × Giorni) / 36.500
dove:
- Tributo = importo dell’imposta evasa
- Tasso = tasso di interesse legale vigente (2,5% per il 2025)
- Giorni = numero di giorni tra la scadenza ordinaria del versamento e la data del ravvedimento
- 36.500 = denominatore convenzionale che tiene conto della capitalizzazione annua e dell’anno civile (365 giorni)
Fase quinta: versamento mediante modello F24
Il contribuente effettua il versamento unitario di tutti gli elementi tributari quantificati (tributo, sanzioni ridotte, interessi) tramite modello F24, compilando la sezione “Erario” e utilizzando i codici tributo specifici previsti per ciascun elemento.
I principali codici tributo utilizzati nel ravvedimento per omessi ricavi sono:
Per l’IVA:
- 6001: IVA mensile a debito
- 6002: IVA trimestrale a debito
- 1989: sanzioni per ravvedimento IVA
- 1991: interessi per ravvedimento IVA
Per IRPEF:
- 4001: IRPEF derivante da dichiarazione dei redditi
- 3801: addizionale regionale IRPEF
- 3844: addizionale comunale IRPEF
- 8901: sanzioni per ravvedimento imposte dirette
- 1989: interessi per ravvedimento imposte dirette
Per IRES:
- 2001: IRES
- 8901: sanzioni per ravvedimento IRES
- 1990: interessi per ravvedimento IRES
Per IRAP:
- 3800: IRAP
- 8907: sanzioni per ravvedimento IRAP
- 1994: interessi per ravvedimento IRAP
Nel modello F24 occorre compilare correttamente anche il campo “anno di riferimento”, indicando l’anno nel quale è stata commessa la violazione (anno di competenza del ricavo omesso) e non l’anno nel quale si effettua il ravvedimento.
Il versamento deve essere perfezionato presso banche, Poste Italiane, agenti della riscossione ovvero mediante home banking, e deve essere conservata la ricevuta di pagamento che attesta l’avvenuto versamento e la corretta imputazione delle somme.
Fase sesta: dichiarazioni integrative e comunicazioni
Il contribuente è tenuto a trasmettere le dichiarazioni fiscali integrative per il periodo d’imposta interessato dall’omissione, al fine di emendare le dichiarazioni originarie e includere i maggiori ricavi precedentemente omessi.
Le dichiarazioni da integrare includono:
- a) Dichiarazione IVA integrativa: si trasmette una dichiarazione IVA integrativa per l’anno nel quale sono stati conseguiti i ricavi omessi, modificando i quadri VE (liquidazioni IVA periodiche) e VF (determinazione dell’IVA da versare o del credito IVA), incrementando l’ammontare delle operazioni attive e dell’IVA a debito;
- b) Dichiarazione dei redditi integrativa: si trasmette una dichiarazione dei redditi integrativa (Modello Redditi PF, Modello Redditi SP, Modello Redditi SC, a seconda della natura giuridica del soggetto), incrementando i ricavi dichiarati e il conseguente reddito imponibile nel quadro RF (reddito d’impresa), quadro RE (reddito di lavoro autonomo) ovvero altro quadro appropriato. La dichiarazione integrativa deve riportare nel frontespizio il codice “1” (dichiarazione integrativa a sfavore) e deve essere corredata dalla stampa del Modello F24 attestante l’avvenuto versamento delle maggiori imposte, sanzioni e interessi;
- c) Comunicazione dei corrispettivi integrativa: laddove l’omissione riguardi corrispettivi telematici, occorre valutare se sia tecnicamente possibile e opportuno trasmettere rettifiche puntuali dei corrispettivi giornalieri mediante il registratore telematico ovvero il servizio web dell’Agenzia. Tale adempimento, tuttavia, non sempre è tecnicamente agevole per operazioni riferite a periodi remoti nel tempo;
- d) Nota esplicativa: è altamente consigliabile allegare alle dichiarazioni integrative una breve relazione esplicativa che illustri sinteticamente:
-
- Le ragioni che hanno determinato l’omissione originaria (errore materiale, inadeguatezza delle procedure interne, incomprensioni normative, ecc.);
- Le operazioni oggetto di regolarizzazione (tipologia di cessioni/prestazioni, periodo di riferimento, importi complessivi);
- Il percorso di regolarizzazione seguito (emissione di fatture retroattive/autofatture, versamento di imposte e sanzioni ridotte, presentazione di dichiarazioni integrative);
- L’impegno a implementare misure correttive per evitare il ripetersi di analoghe omissioni in futuro.
La relazione esplicativa deve essere redatta in tono collaborativo e trasparente, evitando toni difensivi o giustificativi eccessivi che potrebbero risultare controproducenti. L’obiettivo è dimostrare all’amministrazione finanziaria la buona fede del contribuente e la volontà di regolarizzare integralmente la propria posizione.
Fase settima: conservazione documentale
Il contribuente deve costituire e conservare, per almeno 10 anni (termine di prescrizione dei tributi erariali ai sensi dell’articolo 2946 del codice civile, come richiamato dall’articolo 43 del D.P.R. 600/1973), un fascicolo documentale ordinato contenente:
- La comunicazione di compliance originale ricevuta dall’Agenzia delle Entrate (copia scaricata dal cassetto fiscale);
- Gli elenchi e i prospetti di dettaglio allegati alla comunicazione;
- Le fatture elettroniche o le autofatture emesse retroattivamente per certificare i ricavi omessi;
- La documentazione contabile interna di supporto (estratti conto bancari, report POS, registri IVA, prima nota, giornale di cassa);
- Le ricevute dei versamenti effettuati tramite modello F24, con evidenza dei codici tributo utilizzati e delle date di versamento;
- Le copie delle dichiarazioni fiscali integrative trasmesse telematicamente, complete delle ricevute di presentazione rilasciate dal sistema Entratel/Fisconline;
- La relazione esplicativa predisposta;
- Eventuale corrispondenza intercorsa con l’Agenzia delle Entrate (trasmissioni via PEC, risposte ricevute, richieste di chiarimenti);
- Documentazione fotografica o screenshot dell’area del cassetto fiscale contenente la comunicazione di compliance.
Tale fascicolo, oltre a costituire una best practice di natura organizzativa, rappresenta una fondamentale tutela probatoria in caso di futuri controlli o verifiche da parte dell’amministrazione finanziaria ovvero della Guardia di Finanza, consentendo al contribuente di dimostrare tempestivamente e documentalmente di aver regolarizzato integralmente la propria posizione mediante ravvedimento operoso.
Effetti giuridici del ravvedimento correttamente eseguito
Un ravvedimento operoso eseguito secondo le modalità e nei termini sopra illustrati produce i seguenti effetti giuridici rilevanti:
- Preclusione dell’accertamento: se il ravvedimento è stato effettuato prima che l’amministrazione finanziaria abbia iniziato accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza, il ravvedimento preclude la possibilità per l’Agenzia di procedere all’accertamento formale delle medesime violazioni oggetto di ravvedimento, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, ultimo periodo, del D.Lgs. 472/1997;
- Riduzione sostanziale del carico sanzionatorio: il contribuente beneficia di una riduzione delle sanzioni che può arrivare fino al 90% rispetto alle sanzioni ordinarie, con conseguente abbattimento significativo del costo economico complessivo della regolarizzazione;
- Evitamento delle sanzioni accessorie: il ravvedimento operoso esclude l’applicazione delle sanzioni accessorie previste dall’articolo 12 del D.Lgs. 471/1997, quali la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, che invece potrebbero essere irrogate in caso di accertamento formale;
- Conservazione della reputazione fiscale: evitare un accertamento formale consente al contribuente di preservare la propria reputazione fiscale e di non incorrere in quelle conseguenze negative (segnalazioni alle centrali rischi, difficoltà nell’ottenimento di finanziamenti bancari, esclusioni da gare pubbliche, ecc.) che spesso accompagnano l’emissione di atti impositivi;
- Riduzione del rischio penale: benché il ravvedimento operoso in sé non costituisca causa di non punibilità ai fini penali (se non nei casi espressamente previsti dall’articolo 13 del D.Lgs. 74/2000 in tema di reati tributari), la regolarizzazione tempestiva e spontanea costituisce comunque un elemento di valutazione positivo in caso di eventuali procedimenti penali, potendo essere valutata come circostanza attenuante ovvero come elemento di esclusione del dolo specifico di evasione.
Il cumulo giuridico delle sanzioni: aspetti critici e valutazioni tattiche
Quando l’amministrazione finanziaria rileva, nell’ambito di un unico procedimento accertativo ovvero di una comunicazione di compliance, plurime violazioni tributarie riferibili al medesimo soggetto e concernenti il medesimo tributo ovvero tributi diversi ma riferibili a una condotta unitaria, trova applicazione il meccanismo del cumulo giuridico delle sanzioni, disciplinato dall’articolo 12 del D.Lgs. 472/1997 e dall’articolo 6, commi 2-bis e 3, del D.Lgs. 471/1997 per le violazioni tributarie specifiche.
Disciplina normativa del cumulo giuridico
L’articolo 12, comma 1, del D.Lgs. 472/1997 stabilisce il principio generale secondo cui “quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, ovvero, in materia di tributi che non danno luogo a obbligazioni periodiche, in momenti diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo”.
L’articolo 12, comma 5, del medesimo decreto prevede inoltre che “quando, anche in tempi diversi, vengono contestate o irrogate sanzioni riferibili a violazioni delle quali l’autore è già stato Constatato con atto divenuto definitivo, si applica la sanzione determinata ai sensi del comma 1 nei confronti dell’ulteriore violazione ovvero, se più favorevole, del complesso delle violazioni”.
L’articolo 6, comma 2-bis, del D.Lgs. 471/1997, specificamente riferito alle violazioni in materia di IVA e imposte dirette, stabilisce che “se le violazioni previste nei commi 1 e 2 sono commesse in più annualità e sono contestate con un unico atto, la sanzione di base è aumentata dalla metà al triplo”.
Il comma 3 del medesimo articolo prevede inoltre che “se nel corso di un quinquennio vengono commesse, anche con riferimento a tributi diversi, quattro o più violazioni degli obblighi di emissione della ricevuta fiscale e dello scontrino fiscale, si applica la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, o dell’esercizio dell’attività medesima, da tre giorni ad un mese”.
Meccanismo applicativo del cumulo giuridico
A differenza del ravvedimento operoso, che può essere spontaneamente attivato dal contribuente, il cumulo giuridico costituisce una prerogativa esclusiva dell’amministrazione finanziaria e non può essere applicato direttamente dal contribuente nell’ambito di una regolarizzazione spontanea.
Quando l’Agenzia delle Entrate rileva contemporaneamente molteplici violazioni tributarie riferibili al medesimo soggetto, procede secondo il seguente schema operativo:
- Identifica la sanzione più grave tra quelle astrattamente applicabili alle singole violazioni rilevate;
- Applica alla sanzione più grave un aumento compreso tra un quarto (minimo) e la metà (massimo), a seconda della gravità complessiva della condotta, del numero delle violazioni, della loro distribuzione temporale, dell’entità economica complessiva degli importi evasi, della condotta complessiva tenuta dal contribuente (collaborativa o ostruzionistica);
- Determina la sanzione complessiva unica derivante dall’applicazione del cumulo giuridico, che sostituisce la sommatoria aritmetica delle singole sanzioni che sarebbero state altrimenti applicabili.
Occorre evidenziare che il cumulo giuridico opera esclusivamente quando le violazioni sono contestate o irrogate con un unico atto (avviso di accertamento, processo verbale di constatazione, comunicazione di compliance seguita da accertamento), e non quando le violazioni sono oggetto di distinti procedimenti accertativi notificati in momenti diversi.
Valutazioni tattiche: ravvedimento spontaneo versus attesa dell’accertamento
Quando un contribuente riceve una comunicazione di compliance che evidenzia plurime violazioni riferite a periodi diversi ovvero a fattispecie diverse, emerge un dilemma tattico di particolare rilevanza: è più conveniente procedere immediatamente al ravvedimento operoso (pagando le sanzioni ridotte su ciascuna violazione) oppure attendere l’eventuale accertamento formale da parte dell’Agenzia (nella prospettiva che quest’ultima applichi il cumulo giuridico, determinando una sanzione complessiva potenzialmente inferiore alla sommatoria dei ravvedimenti)?
La scelta tra le due strategie richiede un’attenta analisi costi-benefici che tenga conto dei seguenti elementi:
Fattori favorevoli al ravvedimento immediato:
- Certezza della riduzione sanzionatoria (da 1/9 a 1/5 della sanzione ordinaria minima);
- Evitamento del rischio di un accertamento formale con conseguente iscrizione a ruolo e procedure esecutive;
- Preclusione dell’accertamento stesso, con conseguente chiusura definitiva della vertenza;
- Evitamento delle sanzioni accessorie (sospensione licenza/autorizzazione);
- Evitamento dei costi difensivi (consulenze, eventuali controversie, impegno di tempo e risorse);
- Conservazione della reputazione fiscale;
- Possibilità di rateizzare il versamento ai sensi dell’articolo 3-bis del D.Lgs. 462/1997 (fino a 20 rate trimestrali senza presentazione di garanzie per importi fino a 50.000 euro);
Fattori favorevoli all’attesa dell’accertamento:
- Possibilità che l’Agenzia applichi il cumulo giuridico, determinando una sanzione complessiva potenzialmente inferiore;
- In caso di successivo accertamento, possibilità di accedere a istituti deflattivi quali: (i) acquiescenza ex art. 15 D.Lgs. 218/1997, con pagamento entro il termine per il ricorso di un terzo delle somme complessivamente dovute a titolo di imposte, sanzioni e interessi; (ii) definizione agevolata ai sensi dell’articolo 15-bis del D.Lgs. 218/1997, con pagamento delle imposte, degli interessi e delle sanzioni nella misura di un terzo del dovuto, se effettuato entro 60 giorni dalla notifica dell’atto;
- Possibilità di contestare giurisdizionalmente l’eventuale accertamento, qualora emergano vizi formali o sostanziali dell’atto impositivo;
- Differimento temporale dei versamenti, con conseguente vantaggio finanziario derivante dal mantenimento della liquidità;
- Possibilità che l’Agenzia, dopo aver esaminato l’intera posizione, ritenga non opportuno procedere all’accertamento per ragioni di convenienza amministrativa (importi modesti, scarsa probabilità di recupero, costi istruttori elevati).
Indicazioni operative di sintesi
Alla luce delle considerazioni sopra svolte, è possibile formulare le seguenti indicazioni operative di carattere generale:
- Violazioni singole o limitate: in presenza di violazioni singole o di poche violazioni di importo contenuto, il ravvedimento operoso costituisce sempre la scelta preferibile, in quanto assicura certezza, riduzione significativa delle sanzioni ed evita ulteriori complicazioni;
- Violazioni plurime di importo significativo: quando le violazioni sono numerose (4 o più violazioni in periodi diversi) e gli importi complessivamente evasi sono rilevanti (indicativamente superiori a euro 20.000-30.000), può risultare conveniente effettuare un’analisi comparativa dettagliata dei due scenari (ravvedimento versus accertamento con cumulo e acquiescenza/definizione agevolata), avvalendosi del supporto di consulenti fiscali esperti;
- Violazioni con circostanze aggravanti: in presenza di circostanze che potrebbero indurre l’Agenzia ad applicare sanzioni aggravate (recidiva, condotte fraudolente, utilizzo di fatture false, occultamento di documenti, ecc.), il ravvedimento operoso immediato costituisce senza dubbio la strategia più prudente e conveniente;
- Violazioni con dubbi sulla sussistenza: quando sussistono fondati dubbi sulla sussistenza stessa della violazione ovvero sulla correttezza dell’importo contestato dall’Agenzia, è preferibile attendere l’eventuale accertamento per poter contestare giurisdizionalmente le pretese infondate, piuttosto che procedere a un ravvedimento che implicherebbe il riconoscimento della fondatezza della contestazione;
- Violazioni ripetute nel tempo: quando si tratta della quarta o ulteriore violazione dell’obbligo di certificazione fiscale commessa nel corso di un quinquennio, il ravvedimento operoso assume importanza cruciale per evitare la sanzione accessoria della sospensione della licenza/autorizzazione, che verrebbe invece applicata in caso di accertamento formale.
Strategie difensive in presenza di anomalia apparente o contestabile
Quando il contribuente destinatario della comunicazione di compliance, dopo aver effettuato le necessarie verifiche contabili e documentali, ritenga che i dati comunicati dall’Agenzia delle Entrate non siano corretti ovvero possa provare che i pagamenti elettronici contestati non costituiscono ricavi imponibili ovvero trovino giustificazione in particolari condizioni tecniche, contabili o giuridiche, il contribuente ha il pieno diritto di contestare la presunzione dell’amministrazione finanziaria fornendo idonea documentazione probatoria.
Onere della prova e standard probatorio
Occorre preliminarmente ribadire che l’onere della prova rimane gravante sul contribuente. La presunzione formulata dall’Agenzia delle Entrate sulla base dello scostamento tra incassi POS e ricavi dichiarati non è assoluta (presunzione iuris et de iure) ma relativa (presunzione iuris tantum), e può quindi essere superata mediante la produzione di elementi probatori convincenti che dimostrino l’assenza di ricavi effettivamente omessi.
Lo standard probatorio richiesto è quello della prova documentale specifica e circostanziata. Non sono sufficienti:
- Generiche contestazioni o affermazioni non supportate da riscontri oggettivi;
- Dichiarazioni testimoniali non accompagnate da documentazione;
- Ricostruzioni ipotetiche o congetturali degli eventi;
- Spiegazioni verbali fornite in sede di interlocuzione informale.
La giurisprudenza tributaria ha costantemente affermato (cfr. Cass., sez. trib., 28 gennaio 2024, n. 2345; Cass., sez. trib., 15 marzo 2024, n. 7123) che la prova contraria fornita dal contribuente deve consistere nella produzione di documenti formali (estratti conto bancari, ricevute, note di credito, contratti, fatture, certificazioni di terzi, corrispondenza commerciale, ecc.) che dimostrino in modo chiaro e inequivocabile le ragioni dello scostamento apparente.
Tipologie di documentazione probatoria utilizzabile
La documentazione utile ai fini della discolpa e del superamento della presunzione formulata dall’Agenzia varia evidentemente a seconda della specifica casistica fattuale. Le principali categorie di documentazione probatoria includono:
A) Storni e rimborsi a clienti:
Quando lo scostamento derivi da rimborsi effettuati a clienti a seguito di resi di merce, annullamenti di servizi, risoluzioni contrattuali, ecc., la documentazione probatoria deve includere:
- Note di credito emesse nei confronti dei clienti, riportanti gli estremi della fattura o del corrispettivo originario oggetto di rettifica;
- Ricevute bancarie o postali attestanti l’avvenuto riversamento delle somme al cliente mediante bonifico bancario, assegno circolare, rimessa su conto corrente;
- Estratti conto bancari dell’impresa che evidenzino l’operazione di addebito corrispondente al rimborso effettuato;
- Corrispondenza commerciale intercorsa con il cliente (email, PEC, lettere raccomandate) nella quale si faccia riferimento al reso, all’annullamento ovvero alla risoluzione contrattuale;
- Documenti di trasporto (DDT) attestanti il rientro della merce presso i magazzini dell’impresa;
B) Operazioni non imponibili o esenti:
Quando lo scostamento derivi da operazioni esenti da IVA, non imponibili, escluse dal campo di applicazione dell’IVA ovvero esenti dall’obbligo di certificazione fiscale, la documentazione probatoria deve includere:
- Contratti stipulati con i clienti che evidenzino la natura particolare dell’operazione (cessione di azienda, cessione di partecipazioni societarie, operazioni finanziarie, servizi bancari, ecc.);
- Fatture emesse con indicazione della specifica norma di esenzione o non imponibilità (ad esempio: “Operazione esente IVA ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. X, D.P.R. 633/1972”);
- Documentazione amministrativa rilasciata da enti pubblici o monopoli di Stato attestante il regime fiscale particolare applicabile (ad esempio, per la vendita di tabacchi, giornali, farmaci, ecc.);
- Certificazioni rilasciate da ordini professionali, enti di settore, associazioni di categoria che confermino l’applicabilità di regimi fiscali particolari;
C) Errori tecnici degli intermediari finanziari:
Quando lo scostamento derivi da errori commessi dagli intermediari finanziari nella trasmissione dei dati all’Agenzia delle Entrate (duplicazioni di transazioni, attribuzioni errate di incassi, errori di conteggio), la documentazione probatoria deve includere:
- Estratti conto bancari ufficiali dell’impresa, rilasciati dalla banca o dall’intermediario finanziario, che attestino gli effettivi accrediti ricevuti, evidenziando eventuali discrepanze rispetto ai dati trasmessi all’Agenzia;
- Certificazioni rilasciate dall’intermediario finanziario nelle quali quest’ultimo riconosca espressamente di aver commesso errori nella trasmissione dei dati e fornisca il dettaglio degli errori stessi;
- Report dettagliati delle transazioni POS forniti dall’intermediario, contenenti il dettaglio puntuale di ciascuna operazione con indicazione di data, ora, importo, codice autorizzazione, eventuali storni;
- Corrispondenza intercorsa con l’intermediario finanziario nella quale quest’ultimo confermi l’esistenza degli errori e si impegni a trasmettere dati corretti all’Agenzia;
D) Incassi tramite soggetti terzi o piattaforme:
Quando lo scostamento derivi dal fatto che i pagamenti siano transitati su terminali POS o piattaforme intestati a soggetti terzi (marketplace, payment service provider, aggregatori), la documentazione probatoria deve includere:
- Contratti stipulati con le piattaforme di e-commerce, i marketplace, i payment service provider, nei quali siano definiti i termini economici del rapporto e le modalità di incasso e riversamento dei pagamenti;
- Estratti conto delle piattaforme che attestino i pagamenti ricevuti dai clienti finali e i successivi riversamenti effettuati all’esercente al netto delle commissioni;
- Fatture emesse dalle piattaforme nei confronti dell’esercente per le commissioni applicate sui pagamenti transitati;
- Registrazioni contabili dell’esercente che evidenzino la corretta contabilizzazione dei ricavi al netto delle commissioni, nel momento del riversamento da parte della piattaforma;
- Dichiarazioni rilasciate dalle piattaforme attestanti che i pagamenti indicati dall’Agenzia come incassati dall’esercente sono in realtà transitati sulla piattaforma medesima;
E) Disallineamenti temporali:
Quando lo scostamento derivi da sfasamenti temporali tra momento del pagamento e momento della fatturazione, la documentazione probatoria deve includere:
- Ricevute del Sistema di Interscambio che attestino la data di trasmissione e la data di accettazione/rifiuto delle fatture elettroniche, evidenziando eventuali scarti e successive ritrasmissioni;
- File fatture elettroniche in formato XML, dai quali sia possibile desumere la “data operazione” (tag <Data> nel file) e confrontarla con la data di effettiva trasmissione al SdI;
- Estratti conto bancari che evidenzino la data di accredito delle somme incassate, confrontandola con la data di emissione/trasmissione delle fatture;
- Registri IVA (registro fatture emesse, registro corrispettivi) dai quali risulti l’annotazione delle operazioni e la loro collocazione temporale;
- Prospetti di riconciliazione redatti dal commercialista o dal contribuente che mettano in corrispondenza analitica ciascun incasso con la corrispondente fattura, evidenziando gli sfasamenti temporali;
F) Operazioni non rappresentative di ricavi:
Quando lo scostamento derivi da movimenti finanziari che, pur transitando attraverso il POS aziendale, non costituiscono ricavi imponibili, la documentazione probatoria deve includere:
- Verbali di assemblea o delibere sociali attestanti l’effettuazione di versamenti in conto capitale da parte dei soci;
- Contratti preliminari nei quali siano state previste caparre confirmatorie, con evidenza degli estremi del contratto e degli importi pattuiti;
- Atti di risoluzione contrattuale attestanti l’obbligo di restituzione delle caparre inizialmente incassate;
- Ricevute bancarie attestanti l’avvenuta restituzione delle somme ai clienti;
- Contratti di mandato attestanti l’attività di incasso svolta per conto di terzi mandanti;
- Prospetti di rendicontazione trasmessi ai mandanti con evidenza degli importi incassati e delle modalità di riversamento.
Modalità formali di comunicazione della documentazione difensiva
Una volta raccolta e organizzata la documentazione probatoria idonea a dimostrare l’insussistenza dell’omissione fiscale ovvero l’esistenza di giustificazioni tecniche o giuridiche dello scostamento, il contribuente deve trasmettere formalmente tale documentazione all’Agenzia delle Entrate unitamente a una memoria difensiva articolata.
Le modalità di trasmissione previste sono le seguenti:
A) Trasmissione tramite Posta Elettronica Certificata (PEC):
Il contribuente trasmette la documentazione mediante messaggio PEC indirizzato all’ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate competente in base al proprio domicilio fiscale. L’indirizzo PEC dell’ufficio competente può essere reperito sul sito istituzionale www.agenziaentrate.gov.it, nella sezione “Contatti”, sottosezione “Indirizzi degli uffici”, selezionando la Direzione Provinciale di riferimento.
Il messaggio PEC deve contenere:
- Nell’oggetto: indicazione sintetica e precisa del contenuto (esempio: “Riscontro comunicazione compliance POS – anno 2024 – codice fiscale RSSMRA80A01H501U”);
- Nel corpo del messaggio: breve introduzione con i dati identificativi del contribuente, il protocollo della comunicazione di compliance ricevuta, l’indicazione sintetica del contenuto della documentazione trasmessa in allegato;
- In allegato: la memoria difensiva in formato PDF; la documentazione probatoria in formato PDF (estratti conto, contratti, fatture, note di credito, ecc.); eventualmente, prospetti riepilogativi in formato Excel;
La trasmissione via PEC garantisce:
- Certezza della data di invio;
- Certezza dell’avvenuta consegna al destinatario mediante ricevuta di avvenuta consegna;
- Opponibilità nei confronti dell’amministrazione della documentazione trasmessa;
- Tracciabilità completa della corrispondenza;
B) Trasmissione tramite servizio CIVIS (Comunicazioni di compliance):
In alternativa alla PEC, il contribuente può utilizzare il servizio telematico CIVIS, accessibile tramite l’area riservata del portale Fisconline/Entratel, sezione “Comunicazioni di compliance”. Tale servizio, specificamente progettato per la gestione delle lettere di compliance, consente di:
- Accedere direttamente alla comunicazione di compliance ricevuta;
- Consultare il dettaglio delle anomalie segnalate;
- Caricare documenti digitalizzati in formato PDF (con limite dimensionale generalmente fissato a 30 MB per singolo file);
- Redigere note esplicative testuali direttamente all’interno della piattaforma;
- Ricevere notifiche automatiche relative alle comunicazioni inviate e alle eventuali risposte dell’Agenzia;
- Monitorare lo stato di lavorazione della pratica;
Il servizio CIVIS presenta il vantaggio di integrare l’intero processo di gestione della comunicazione all’interno di un’unica piattaforma telematica, evitando la necessità di reperire indirizzi PEC e facilitando il tracciamento dello scambio di corrispondenza.
Struttura e contenuto della memoria difensiva
La memoria difensiva deve essere redatta con rigore formale e sostanziale, seguendo una struttura logica e argomentativa che consenta all’ufficio dell’Agenzia di comprendere agevolmente le ragioni della contestazione. La struttura tipica di una memoria difensiva articolata può essere la seguente:
1. Intestazione e dati identificativi:
- Denominazione/cognome e nome del contribuente;
- Codice fiscale/partita IVA;
- Domicilio fiscale;
- Recapiti (telefono, email, PEC);
- Protocollo della comunicazione di compliance cui si risponde;
- Data della comunicazione;
2. Premessa e sintesi della contestazione:
Breve paragrafo introduttivo che riassuma sinteticamente il contenuto della comunicazione ricevuta, l’entità dello scostamento segnalato e la posizione del contribuente in merito (contestazione integrale, contestazione parziale, riconoscimento parziale);
3. Esposizione dei fatti:
Sezione nella quale il contribuente espone in modo chiaro, analitico e cronologico i fatti rilevanti, ossia le circostanze concrete che hanno determinato lo scostamento apparente tra incassi POS e ricavi dichiarati. L’esposizione deve essere:
- Cronologica: seguire l’ordine temporale degli eventi;
- Analitica: fornire tutti i dettagli rilevanti (date, importi, soggetti coinvolti, modalità operative);
- Oggettiva: limitarsi all’esposizione dei fatti senza formulare valutazioni giuridiche anticipate;
- Documentata: fare riferimento puntuale alla documentazione probatoria allegata;
4. Richiami normativi:
Sezione nella quale vengono richiamati i riferimenti normativi rilevanti per la fattispecie, tra cui:
- Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 giugno 2023, prot. n. 352652, che disciplina le modalità di invio delle comunicazioni di compliance in materia di pagamenti elettronici;
- Articolo 22, comma 5, del D.L. 124/2019, che disciplina l’obbligo di trasmissione dei dati sui pagamenti elettronici da parte degli intermediari finanziari;
- Articolo 1, commi 634-636, della Legge 190/2014, che disciplina le comunicazioni preventive dell’Agenzia ai contribuenti;
- Eventuali norme specifiche applicabili alla fattispecie (norme di esenzione IVA, norme sui regimi speciali, ecc.);
- Circolari, risoluzioni e prassi amministrativa dell’Agenzia delle Entrate che confermino l’interpretazione prospettata dal contribuente;
5. Argomentazioni difensive:
Sezione centrale della memoria, nella quale il contribuente sviluppa le proprie argomentazioni difensive, dimostrando mediante richiamo alla documentazione probatoria allegata che:
- Gli importi segnalati come “incassati e non dichiarati” in realtà sono stati regolarmente dichiarati, ma non sono stati correttamente rilevati dal sistema automatizzato dell’Agenzia a causa di disallineamenti temporali, modalità particolari di fatturazione, utilizzo di regimi fiscali speciali;
- Gli importi segnalati non costituiscono ricavi imponibili in quanto si tratta di operazioni esenti, non imponibili, escluse dall’ambito IVA ovvero di movimenti finanziari non rappresentativi di ricavi (versamenti soci, rimborsi, caparre restituite, ecc.);
- Lo scostamento è determinato da errori tecnici commessi dagli intermediari finanziari nella trasmissione dei dati all’Agenzia (duplicazioni, attribuzioni errate, errori di conteggio);
- Gli incassi sono transitati su POS intestati a soggetti terzi (piattaforme, marketplace) e sono stati regolarmente dichiarati da tali soggetti terzi;
Ciascuna argomentazione deve essere supportata da:
- Riferimento puntuale alla documentazione probatoria allegata (esempio: “come risulta dall’estratto conto bancario allegato sub. A”);
- Citazione di norme, circolari, risoluzioni, sentenze che confermino l’interpretazione proposta;
- Eventuale ricostruzione contabile che dimostri la corrispondenza tra incassi e ricavi dichiarati;
6. Conclusioni e richieste:
Sezione conclusiva nella quale il contribuente:
- Riepiloga sinteticamente le argomentazioni svolte;
- Formula espressamente le proprie richieste (archiviazione della comunicazione di compliance senza ulteriori azioni; rideterminazione dello scostamento; richiesta di interlocuzione con l’ufficio; ecc.);
- Dichiara la propria disponibilità a fornire ulteriori chiarimenti o documentazione integrativa qualora necessario;
- Fornisce i recapiti per eventuali comunicazioni;
7. Sottoscrizione:
La memoria deve essere sottoscritta:
- Dal contribuente (se persona fisica);
- Dal legale rappresentante (se persona giuridica);
- Dal difensore munito di procura (commercialista, avvocato tributarista);
La sottoscrizione deve essere accompagnata da copia di un documento di identità in corso di validità del sottoscrittore. In alternativa, la memoria può essere sottoscritta digitalmente mediante firma elettronica qualificata ovvero firma digitale.
8. Allegati:
Elenco dettagliato di tutti i documenti allegati alla memoria, con indicazione per ciascun allegato di:
- Lettera identificativa (A, B, C, ecc.);
- Descrizione sintetica del contenuto;
- Numero di pagine;
Evoluzione del procedimento e possibili esiti
Una volta trasmessa la documentazione difensiva all’Agenzia delle Entrate mediante PEC o servizio CIVIS, il procedimento può evolvere secondo diverse direttrici:
Esito A – Archiviazione favorevole:
Qualora l’ufficio dell’Agenzia, dopo aver esaminato la documentazione prodotta, ritenga convincenti e pienamente dimostrate le giustificazioni addotte dal contribuente, procederà all’archiviazione della comunicazione senza intraprendere ulteriori azioni. In tal caso, il contribuente riceverà una comunicazione (via PEC ovvero tramite pubblicazione nel cassetto fiscale) nella quale l’Agenzia darà atto dell’avvenuta verifica della documentazione trasmessa e dell’archiviazione della pratica. Talvolta l’archiviazione avviene in modo implicito, senza alcuna comunicazione formale, e il contribuente può presumere l’esito favorevole dal decorso del termine di decadenza per l’accertamento (ordinariamente 5 anni dalla presentazione della dichiarazione) senza che sia stato notificato alcun atto impositivo;
Esito B – Interlocuzione costruttiva:
Qualora l’ufficio ritenga che la documentazione prodotta sia parzialmente convincente ma necessiti di chiarimenti ulteriori ovvero di integrazioni documentali, potrà attivare un’interlocuzione costruttiva con il contribuente, richiedendo:
- Ulteriori chiarimenti su specifici aspetti della vicenda;
- Documentazione integrativa che confermi o specifichi meglio quanto già prodotto;
- Incontri presso gli uffici per esaminare congiuntamente la documentazione;
- Prospetti di riconciliazione analitica tra incassi e ricavi;
Tale fase di interlocuzione, benché non formalmente disciplinata dalla normativa, si è progressivamente affermata nella prassi operativa degli uffici, in coerenza con i principi dello Statuto dei diritti del contribuente e con l’orientamento verso un rapporto di maggiore collaborazione e trasparenza. Durante tale fase il contribuente, assistito dal proprio consulente fiscale, ha l’opportunità di fornire ulteriori elementi di convincimento e di dimostrare la buona fede e la volontà collaborativa, fattori che possono indurre l’ufficio a riconsiderare positivamente la posizione;
Esito C – Rigetto parziale:
Qualora l’ufficio ritenga che le giustificazioni addotte dal contribuente siano parzialmente fondate ma non spieghino integralmente lo scostamento rilevato, potrà comunicare al contribuente l’accoglimento parziale delle difese, invitandolo eventualmente a regolarizzare la parte residua di scostamento non giustificato mediante ravvedimento operoso ovvero comunicando l’intenzione di procedere all’accertamento limitatamente alla quota non giustificata;
Esito D – Rigetto e successivo accertamento:
Qualora l’ufficio ritenga che la documentazione prodotta non sia convincente ovvero non sia idonea a superare la presunzione di omessi ricavi, procederà all’emissione di un avviso di accertamento formale ai sensi degli articoli 38 e seguenti del D.P.R. 600/1973 (per le imposte dirette) e dell’articolo 54 del D.P.R. 633/1972 (per l’IVA). L’avviso di accertamento costituisce atto autonomamente impugnabile dinanzi alle Commissioni tributarie provinciali entro 60 giorni dalla notifica, ai sensi dell’articolo 21 del D.Lgs. 546/1992. A questo punto il contribuente avrà la possibilità di:
- Impugnare giurisdizionalmente l’avviso di accertamento mediante ricorso alla Commissione tributaria provinciale, articolando motivi di censura avverso le pretese dell’amministrazione finanziaria e producendo nuovamente la documentazione probatoria già trasmessa in sede di contraddittorio preventivo;
- Aderire all’accertamento mediante gli istituti deflattivi previsti (acquiescenza ex art. 15 D.Lgs. 218/1997, definizione agevolata ex art. 15-bis del medesimo decreto, accertamento con adesione ex artt. 1 e ss. del D.Lgs. 218/1997), beneficiando di riduzioni sanzionatorie e procedimentali;
- Tentare una conciliazione giudiziale in sede di primo grado di giudizio, ai sensi dell’articolo 48 del D.Lgs. 546/1992, transigendo con l’amministrazione finanziaria su una somma ridotta rispetto a quella originariamente accertata e beneficiando di ulteriori riduzioni sanzionatorie.
Conclusioni
Le comunicazioni di compliance in materia di pagamenti POS rappresentano uno strumento di intervento amministrativo sempre più centrale nella strategia di contrasto all’evasione fiscale perseguita dall’Agenzia delle Entrate. Sebbene non configurino accertamenti formali, esse segnalano anomalie significative e offrono ai contribuenti l’opportunità di regolarizzare spontaneamente la propria posizione, con vantaggi economici e procedurali sostanziali rispetto ai regimi sanzionatori ordinari.
La corretta gestione di una comunicazione di compliance richiede la capacità di distinguere tra fattispecie patologiche (ricavi effettivamente omessi) e situazioni di disallineamento apparente o tecnicamente giustificato. Nel primo caso, il ravvedimento operoso rappresenta la soluzione più conveniente; nel secondo, la produzione di documentazione difensiva articolata risulta determinante.
La prospettiva riformatrice che si aprirà nel 2026, con l’obbligatoria integrazione tra POS e registratori telematici, segna il passaggio definitivo verso un modello di compliance automatica, dove il conflitto tra incassi e dichiarazioni cesserà di costituire un’anomalia gestibile attraverso comunicazioni preventive, ma sarà prevenuto strutturalmente dal sistema informatico stesso.