Sono un medico libero professionista e vorrei assumere mia moglie, che è infermiera, per un aiuto in segreteria nella gestione degli appuntamenti e della fatturazione. Il contratto di lavoro sarebbe a tempo determinato con una durata di 3 mesi e l’orario di lavoro coinciderebbe con quello effettivamente svolto nel mio studio medico. Il problema è che, pur essendo coniugi e iscritti all’anagrafe della stessa famiglia, non conviviamo e abbiamo residenze diverse. Ho sentito dire che l’INPS potrebbe disconoscere automaticamente il rapporto di lavoro perché siamo coniugi, ma ho anche letto che le prestazioni lavorative tra familiari conviventi si presumono gratuite e questa presunzione può essere superata dimostrando l’onerosità e la subordinazione del rapporto. Nel mio caso, poiché non conviviamo, posso instaurare regolarmente questo rapporto di lavoro oppure sussistono comunque dubbi sulla sua validità? Quali accertamenti preventivi devo fare per evitare problemi con l’INPS e gli organi ispettivi? |
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La questione che lei pone è di particolare rilevanza e la risposta è che il rapporto di lavoro subordinato tra coniugi può essere validamente instaurato, ma l’onerosità e la subordinazione devono essere rigorosamente dimostrate, anche in assenza di convivenza. In base alla circolare INPS n. 179 del 1989, le prestazioni lavorative tra familiari conviventi si presumono gratuite e quindi non configurano un rapporto di lavoro subordinato, con la conseguenza che l’INPS può disconoscere automaticamente il rapporto senza dover effettuare ulteriori verifiche. Tuttavia, come chiarito dalla giurisprudenza della Cassazione con l’ordinanza n. 19144 del 2021 e recentemente confermato dall’ordinanza n. 23919 del 26 agosto 2025, la mancanza di convivenza non fa automaticamente presumere l’onerosità del rapporto di lavoro. Ciò significa che chi intende far valere l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra familiari non conviventi ha l’onere di provare in modo preciso tutti gli elementi costitutivi della subordinazione e dell’onerosità, con particolare rigore rispetto ai normali rapporti di lavoro. Non è sufficiente l’esistenza formale di buste paga o contratti scritti, ma occorre dimostrare l’effettivo pagamento delle retribuzioni mediante bonifici bancari o altri mezzi tracciabili, l’osservanza di un orario di lavoro determinato e verificabile, la continuità della prestazione lavorativa, il vincolo di soggezione al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro e l’inserimento effettivo nell’organizzazione dello studio medico. Nel suo caso specifico, la coincidenza degli orari di lavoro con quelli dello studio e la durata determinata di 3 mesi costituiscono elementi che possono facilitare la verifica della genuinità del rapporto, ma è fondamentale conservare tutta la documentazione che attesti l’effettività della prestazione e del pagamento delle retribuzioni. Gli organi ispettivi e l’INPS mantengono il potere di verificare la sussistenza dei requisiti e possono disconoscere il rapporto qualora emergano elementi di non genuinità, con conseguente recupero dei contributi versati e applicazione di sanzioni. Pertanto, se lei è in grado di dimostrare con prove certe tutti gli elementi della subordinazione e dell’onerosità, il rapporto di lavoro con sua moglie è perfettamente lecito e può essere instaurato regolarmente, tenendo presente che l’onere della prova grava su di lei come datore di lavoro.