La Corte di Giustizia tributaria di Bologna ha tracciato un confine netto e importante. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può iscrivere fermi su beni intestati al trustee quando il credito tributario appartiene al trust. Una sentenza che arriva dopo una controversia giudiziaria dove l’Agenzia ha dovuto riconoscere, seppur tardivamente, l’illegittimità del provvedimento. I dettagli della decisione (n. 420/1/25) offrono spunti preziosi su come funziona la titolarità dei beni nel contesto delle strutture fiduciarie.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- L’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può iscrivere fermi su beni intestati al trustee quando il credito appartiene al trust.
- Sentenza CGT Bologna n. 420/1/25: fermo su bene non intestato al debitore è illegittimo.
- È obbligatoria la verifica preliminare della titolarità del bene prima del fermo amministrativo.
- Responsabilità amministrativa e rischio condanna per lite temeraria dell’Agenzia in caso di errore nella titolarità.
- Il diritto alla riscossione cede di fronte al principio del giusto procedimento e della netta separazione tra beni del trustee e del trust.
La questione dibattuta in giudizio
Una società di capitali, che ricopriva il ruolo di trustee di un trust già costituito, ha impugnato il provvedimento cautelare che aveva colpito un’autovettura. Il veicolo era di proprietà della stessa trustee secondo la documentazione del Pubblico Registro Automobilistico. La ricorrente ha eccepito, non senza fondamento, di essere estranea al debito tributario che l’Agenzia intendeva recuperare. Quest’ultimo, infatti, riguardava il patrimonio affidato alla struttura di trust, non il patrimonio personale della persona giuridica incaricata della gestione. Una distinzione che sulla carta appare semplice, ma che la prassi amministrativa talvolta tende a ignorare.
La documentazione fornita e il comportamento dell’Agenzia
La ricorrente ha depositato copia integrale del certificato di proprietà e della visura del Pubblico Registro Automobilistico. Documentazione che, aspetto cruciale, era già stata trasmessa all’Agenzia delle Entrate-Riscossione dopo la notificazione del preavviso di fermo. Nonostante questa comunicazione, l’Agenzia ha proceduto comunque all’iscrizione del fermo. Solo dopo l’avvio del ricorso, e dunque in assenza di una vera revoca amministrativa spontanea, il provvedimento è stato cancellato. La ricorrente ha quindi invocato le ipotesi di mala fede o colpa grave ai sensi dell’art. 96 c.p.c., chiedendo la condanna dell’Agenzia al pagamento delle spese di lite.
L’accertamento della titolarità del bene
La Corte di Giustizia ha riconosciuto come fondato il ricorso, partendo da una premessa semplice ma talvolta trascurata. Non è possibile sottoporre a fermo amministrativo beni che appartengono a soggetto diverso dal debitore. Nel caso specifico, il credito tributario era riferito al trust gestito dalla ricorrente nella qualità di trustee. La ricorrente stessa, però, era la proprietaria dell’autovettura sottoposta al fermo. Due momenti processuali messi in luce dalla sentenza: la proprietà era documentata (visura PRA), e il legame tra proprietario e debito tributario era assente.
Gli obblighi di verifica dell’Agenzia della Riscossione
Il Collegio bolognese ha sottolineato con chiarezza un aspetto procedurale rilevante. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, prima ancora di notificare il preavviso di fermo, avrebbe potuto compiere una semplice verifica della proprietà del bene. Consultare i registri del Pubblico Registro Automobilistico era un’operazione alla portata di qualsiasi amministrazione moderna. In nessun caso si poteva eccepire difficoltà tecnica o economica nell’accertamento. La ricorrente ha, inoltre, fornito ulteriore documentazione in chiaro formato digitale, richiedendo espressamente l’esercizio dell’autotutela amministrativa.
La mala fede e la responsabilità amministrativa
Nonostante la comunicazione ricevuta, l’Agenzia ha proceduto all’iscrizione del fermo amministrativo in maniera consapevole. La cancellazione è avvenuta solo dopo la notifica del ricorso presso il tribunale. Questo comportamento tardivo ha indotto la ricorrente all’instaurazione del giudizio, generando costi legali e disagi organizzativi. Il Collegio ha ravvisato, in questa sequenza di fatti, i presupposti della “soccombenza virtuale” e dunque della fondatezza della domanda risarcitoria. La ricorrente aveva ragione, anche se l’Agenzia l’ha riconosciuta in modo tardivo e sottratto.
La decisione del tribunale tributario
La Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Bologna ha dichiarato cessata la materia del contendere. Contemporaneamente, però, ha proceduto alla valutazione circa la sussistenza dei presupposti di responsabilità dell’Agenzia sulla base di quanto allegato. La risposta è stata affermativa. Il Collegio bolognese ha rinvenuto la fondatezza nelle ragioni della ricorrente e ha condannato l’Agenzia delle Entrate-Riscossione alla refusione di tutte le spese di lite sostenute dalla controparte. Una sentenza che riconosce, di fatto, l’illegittimità del fermo amministrativo trustee quando il debito appartiene al trust e non al trustee stesso.
Profili applicativi e rischi operativi
La sentenza tocca un tema centrale nella gestione ordinaria dell’amministrazione tributaria: la responsabilità civile degli enti per conduct illegittime verso i contribuenti. Nel caso delle strutture fiduciarie, il rischio è particolarmente elevato. La confusione tra soggetto debitore e proprietario del bene rappresenta un errore frequente nella prassi, specialmente quando si tratta di trust con patrimonio composito. L’art. 96 c.p.c. prevede la condanna per lite temeraria qualora ricorrano elementi di evidente cattiva fede o colpa grave.
Implicazioni per la riscossione coattiva
La pronuncia della Corte bolognese aggiunge un tassello importante nella giurisprudenza tributaria. I principi enunciati hanno portata generale, per quanto circoscritti al caso specifico. L’Agenzia deve operare con maggiore diligenza nel verificare la titolarità dei beni prima di procedere all’iscrizione di fermi amministrativi. Nel contesto dei trust, la distinzione tra patrimonio del trustee e patrimonio della struttura fiduciaria non è una questione di lana caprina, ma un elemento sostanziale che tocca il diritto di proprietà e le garanzie procedurali.
Riferimenti normativi e questioni ricostruttive
Secondo quanto previsto dall’articolo 86, comma 2 del D.P.R. 602/1973, il fermo amministrativo è uno strumento cautelare volto al recupero di crediti tributari. L’articolo 96 c.p.c. costituisce il fondamento processuale per l’imputazione di lite temeraria qualora sussistano elementi di mala fede manifestata. La sentenza n. 420/1/25 della CGT di Bologna riconduce entrambi i riferimenti normativi a una logica di equilibrio: il diritto dell’amministrazione tributaria di riscuotere deve cedere il passo al principio del giusto procedimento quando la proprietà del bene non coincide con la titolarità del debito.
Considerazioni conclusive
La struttura fiduciaria del trust, con la separazione tra disponente, trustee e beneficiario, rappresenta una delle questioni più delicate nel sistema tributario italiano. La sentenza del Collegio bolognese invita alla riflessione sulla necessità di una verifica preliminare scrupolosa. Non basta l’iscrizione a ruolo di un debito tributario intestato al trust o al trustee; occorre accertare con precisione quale sia il proprietario del bene da assoggettare a misure cautelari. Quando questa verifica non avviene, il rischio di condanna dell’Agenzia per lite temeraria diventa concreto e misurabile in termini economici, anche rispetto alle spese legali sostenute dal ricorrente.



