Sono dirigente di un’associazione sportiva campana affiliata alla FIPAV che partecipa al campionato nazionale di serie B/2 femminile. Ho letto con grande interesse il suo articolo sulla nuova disciplina degli agenti sportivi introdotta dalla riforma dello sport e desideravo sottoporle una questione sollevata da una comunicazione ricevuta nel maggio scorso. Si tratta di un’email inviata da soggetti che si sono qualificati come agenti sportivi, contenente un vero e proprio database di atleti da loro assistiti. La comunicazione risulta inviata in copia a oltre cento società sportive. I mittenti sono tre persone: due avvocati, di cui uno dichiara espressamente di essere agente sportivo per la Lega Serie A di pallavolo, e un terzo soggetto. Ho verificato sul registro nazionale degli agenti sportivi del CONI e, con mio grande stupore, nessuno dei tre risulta iscritto. Le chiedo pertanto se tale situazione possa considerarsi regolare e come mi devo comportare. Le allego copia della documentazione che ho ricevuto. |
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La situazione prospettata rivela una possibile violazione della normativa in materia di agenti sportivi che richiede un’analisi articolata sotto molteplici profili giuridici.
🕒 Cosa sapere in un minuto
🚨 Situazione:
Tre soggetti (due avvocati + un terzo) hanno inviato a oltre 100 società sportive un database di 102 atleti assistiti, presentandosi come agenti sportivi pur non essendo iscritti al Registro CONI.
⚖️ Normativa:
Dal D.Lgs. 37/2021 è obbligatoria l’iscrizione al Registro Nazionale Agenti Sportivi CONI per esercitare l’attività di intermediazione (anche nel dilettantismo). Gli avvocati possono solo fornire consulenza legale, non fare intermediazione.
⚠️ Violazioni:
- Esercizio abusivo di professione (reato art. 348 CP)
- Sanzioni amministrative: annotazione nel registro 1-24 mesi
- Sanzioni sportive: per società e atleti che li utilizzano
✅ Come comportarsi:
- 1. Non utilizzare questi soggetti
- 2. Verificare sempre l’iscrizione su agentisportivi.coni.it
- 3. Segnalare il caso alla Procura Federale FIPAV
Il quadro normativo di riferimento
Per comprendere pienamente la portata delle possibili violazioni riscontrate, occorre ripercorrere l’evoluzione del quadro normativo di riferimento. Il sistema precedente alla riforma si basava principalmente sulla Legge 23 marzo 2007 n. 31, comunemente nota come Legge Melandri, che disciplinava gli agenti sportivi esclusivamente nell’ambito del professionismo calcistico. Tale normativa, pur rappresentando un primo tentativo di regolamentazione, presentava significative lacune applicative e lasciava sostanzialmente privo di disciplina il vastissimo settore dilettantistico.
La Legge 8 agosto 2019 n. 86 ha posto le basi per una riforma complessiva del sistema sportivo italiano, delegando il Governo all’emanazione di decreti legislativi per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici. In attuazione di tale delega, il Governo ha emanato il Decreto Legislativo 28 febbraio 2021 n. 37, che costituisce il pilastro normativo fondamentale dell’attuale disciplina degli agenti sportivi.
Il decreto ha introdotto una definizione organica e onnicomprensiva di agente sportivo, contenuta nell’articolo 2, comma 1, lettera a. Secondo tale definizione, l’agente sportivo è il soggetto che, in esecuzione del contratto di mandato sportivo, mette in contatto due o più soggetti operanti nell’ambito di una disciplina sportiva riconosciuta dal CONI e dal CIO, nonché dal CIP e dall’IPC, siano essi lavoratori sportivi o società o associazioni sportive, ai fini della conclusione, della risoluzione o del rinnovo di un contratto di lavoro sportivo, del trasferimento della prestazione sportiva mediante cessione del relativo contratto di lavoro, del tesseramento di uno sportivo presso una federazione sportiva nazionale, fornendo servizi professionali di assistenza, consulenza e mediazione.
L’innovazione più significativa riguarda l’estensione dell’ambito applicativo. La normativa precedente circoscriveva la figura dell’agente al solo settore professionistico, lasciando il dilettantismo in una zona grigia caratterizzata dall’assenza di regolamentazione specifica. Il D.Lgs. 37/2021 ha invece chiarito inequivocabilmente che la disciplina si applica indiscriminatamente sia al settore professionistico che a quello dilettantistico. Tale estensione è stata ulteriormente precisata e rafforzata dal Decreto Legislativo 29 agosto 2023 n. 120, noto come decreto correttivo alla riforma dello sport, che ha ampliato il perimetro applicativo eliminando ogni residua ambiguità interpretativa.
Il D.Lgs. 120/2023 ha specificato che l’obbligo di iscrizione al Registro nazionale degli agenti sportivi riguarda anche gli agenti che operano nel settore dilettantistico, ribadendo che il contratto/mandato stipulato senza iscrizione è nullo sia per il professionismo che per il dilettantismo. Tale previsione risponde all’esigenza di garantire professionalità e trasparenza in tutti i livelli del sistema sportivo, tutelando atleti e società anche nelle categorie non professionistiche dove spesso si concentrano le situazioni di maggiore vulnerabilità.
I requisiti per l’esercizio della professione di agente sportivo
L’articolo 4 del D.Lgs. 37/2021 disciplina in modo dettagliato e tassativo i requisiti per l’accesso e l’esercizio della professione di agente sportivo. Il sistema si articola su due pilastri fondamentali: il superamento di un esame di abilitazione e l’iscrizione al Registro nazionale degli agenti sportivi tenuto presso il CONI.
L’esame di abilitazione costituisce lo strumento attraverso cui viene verificata la preparazione tecnica e giuridica del candidato. Non si tratta di una mera formalità amministrativa, ma di una prova selettiva che richiede competenze specifiche in molteplici ambiti. Il programma d’esame comprende la conoscenza approfondita della normativa sportiva nazionale e internazionale, del diritto del lavoro sportivo, dei principi di contrattualistica, delle disposizioni fiscali e previdenziali applicabili ai rapporti di lavoro sportivo, della deontologia professionale e del codice etico. La prova mira a garantire che solo soggetti dotati di adeguata preparazione possano accedere alla professione, tutelando gli interessi di atleti e società che si affidano a tali intermediari professionali.
Il superamento dell’esame costituisce presupposto necessario ma non sufficiente per l’esercizio della professione. Il candidato idoneo deve successivamente richiedere l’iscrizione al Registro nazionale degli agenti sportivi, dimostrando di possedere anche i requisiti di onorabilità previsti dalla normativa. In particolare, non possono essere iscritti coloro che abbiano riportato condanne penali definitive per delitti non colposi, coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, coloro che abbiano subito l’applicazione di misure di prevenzione o di sicurezza, e coloro che siano stati sanzionati per illeciti sportivi con provvedimenti definitivi di inibizione superiore a un anno.
Il comma 8 dell’articolo 4 introduce una disposizione di cruciale importanza, stabilendo il divieto espresso e tassativo per lavoratori sportivi, società e associazioni sportive di avvalersi di soggetti privi della regolare iscrizione al registro competente. Tale divieto non si limita a vietare l’esercizio abusivo della professione da parte di soggetti non iscritti, ma coinvolge direttamente anche atleti e società, responsabilizzandoli nella scelta dei propri intermediari. La ratio della norma è evidente: non è sufficiente sanzionare chi esercita abusivamente la professione se poi atleti e società possono liberamente avvalersi dei suoi servizi. Solo attraverso un sistema di responsabilità condivisa è possibile garantire l’effettività della disciplina.
La distinzione fondamentale tra consulenza legale e intermediazione sportiva
Una delle questioni più delicate e fonte di frequenti equivoci riguarda il confine tra attività consentite agli avvocati e attività riservate agli agenti sportivi iscritti. L’articolo 3, comma 3, del D.Lgs. 37/2021 riconosce espressamente agli avvocati iscritti a un albo circondariale la facoltà di svolgere attività di consulenza legale e assistenza legale stragiudiziale dei lavoratori sportivi, delle società e delle associazioni sportive anche senza la prescritta iscrizione al registro nazionale degli agenti sportivi. Tale previsione risponde all’esigenza di non sottrarre agli avvocati le tradizionali competenze professionali in materia di assistenza e consulenza giuridica.
Tuttavia, la norma delimita con estrema chiarezza l’ambito di tale facoltà, circoscrivendola rigorosamente alle attività di carattere strettamente legale. Rimane infatti preclusa l’attività di intermediazione o messa in relazione delle parti finalizzata alla conclusione del contratto sportivo, attività che resta specificamente e tassativamente riservata agli agenti sportivi regolarmente iscritti al registro professionale competente. La Commissione Agenti Sportivi CONI ha fornito importanti chiarimenti interpretativi con la delibera n. 12/2020, precisando che l’iscrizione all’albo forense non abilita automaticamente all’esercizio della professione di agente sportivo, richiedendo quest’ultima una specifica abilitazione conseguita attraverso il superamento dell’esame di Stato appositamente previsto.
La distinzione cruciale riguarda la natura dell’attività concretamente svolta. La consulenza legale ricomprende l’assistenza su questioni giuridiche, l’interpretazione e la redazione di clausole contrattuali, la valutazione della validità e dell’efficacia di accordi, la tutela dei diritti del cliente in sede contenziosa o stragiudiziale, la rappresentanza processuale e stragiudiziale in controversie, l’assistenza nelle procedure di risoluzione delle controversie. Si tratta di attività che presuppongono una questione giuridica da risolvere o un diritto da tutelare e che si collocano nella fase successiva o precedente alla formazione del contratto, senza tuttavia partecipare attivamente alla fase delle trattative commerciali.
L’intermediazione sportiva implica invece la messa in contatto di atleti e società, la ricerca attiva di opportunità contrattuali, la presentazione di atleti a società interessate, la negoziazione delle condizioni economiche del contratto, la gestione attiva delle trattative per conto dell’atleta o della società, la definizione della durata contrattuale e delle clausole economiche, la promozione commerciale di portafogli di atleti disponibili sul mercato. Si tratta di attività che si collocano nella fase genetica del contratto e che hanno natura essenzialmente commerciale piuttosto che giuridica.
La giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di pronunciarsi sulla distinzione, affermando che costituisce intermediazione vietata agli avvocati non iscritti al registro anche la semplice messa in contatto di atleta e società quando tale attività sia finalizzata alla conclusione di un contratto sportivo e non si limiti alla consulenza su questioni giuridiche relative a rapporti già esistenti. Anche la promozione di un atleta presso società sportive, attraverso la diffusione di informazioni sulle sue caratteristiche tecniche e sulla sua disponibilità contrattuale, costituisce attività di intermediazione riservata.
Un criterio distintivo particolarmente utile riguarda la fase in cui interviene il professionista. Se l’intervento si colloca nella fase delle trattative, contribuendo attivamente alla formazione dell’accordo commerciale, si configura intermediazione. Se invece l’intervento si colloca successivamente, per assistere il cliente nella formalizzazione giuridica di un accordo già raggiunto o nella tutela di diritti derivanti da contratti esistenti, si rimane nell’ambito della consulenza legale. Analogamente, se il professionista assume l’iniziativa di contattare società per proporre atleti o di contattare atleti per proporre opportunità contrattuali, tale comportamento esula dalla consulenza legale e integra intermediazione.
Gli elementi costitutivi dell’esercizio abusivo rilevati nella fattispecie
Nel caso descritto emergono molteplici elementi che fanno presagire l’esercizio sistematico e organizzato dell’attività di agente sportivo da parte di soggetti completamente privi della prescritta abilitazione. L’analisi di tali elementi consente di qualificare giuridicamente la condotta e di individuare le violazioni normative sussistenti.
Il primo elemento di rilievo riguarda l’invio massivo di comunicazioni contenenti database di atleti assistiti a un numero elevatissimo di società sportive. La comunicazione elettronica inviata simultaneamente a oltre 70 destinatari, tutti chiaramente identificabili come società sportive operanti nei campionati nazionali, costituisce tipica attività di scouting e intermediazione commerciale. Non si tratta di risposta a una specifica richiesta di consulenza legale da parte di un cliente, ma di iniziativa commerciale proattiva volta a promuovere servizi di intermediazione sportiva. La modalità di invio massivo, attraverso mailing list strutturate, rivela un approccio sistematico e professionale nell’esercizio dell’attività riservata.
Il contenuto della comunicazione conferma ulteriormente la natura commerciale dell’attività. La presentazione di elenchi dettagliati con caratteristiche tecniche degli atleti, comprensivi di anno di nascita, ruolo di gioco, altezza in centimetri, status contrattuale e categoria massima raggiungibile, non ha alcuna attinenza con la consulenza giuridica. Tali informazioni sono esclusivamente funzionali all’attività di scouting e intermediazione commerciale tipica degli agenti sportivi. Un avvocato che fornisca consulenza legale non avrebbe alcuna ragione di raccogliere e diffondere informazioni di carattere tecnico-sportivo. La natura del database dimostra che l’obiettivo non è fornire assistenza legale agli atleti per questioni giuridiche, ma gestire la loro carriera sportiva e le trattative con le società.
Il database presentato contiene 102 atleti suddivisi per ruoli tecnici: 9 liberi, 19 opposte, 35 laterali, 23 centrali, 16 alzatrici, oltre a 3 tecnici e allenatori. Tale livello di dettaglio tecnico-commerciale è esclusivamente tipico dell’attività professionale di agente sportivo e non ha alcuna attinenza con la consulenza legale.
Particolarmente significativa risulta la dicitura relativa alla disponibilità sul mercato. L’indicazione che alcune atlete “non sono più disponibili” costituisce confessione esplicita della natura commerciale del documento, che si configura come vero e proprio catalogo per la compravendita di prestazioni sportive. Tale linguaggio è tipicamente commerciale e dimostra che l’obiettivo è il collocamento degli atleti presso società interessate, attività esclusivamente riservata agli agenti sportivi regolarmente abilitati. Nessuna consulenza legale potrebbe giustificare l’utilizzo di espressioni che si riferiscono alla disponibilità o indisponibilità di atleti su un mercato.
La promozione pubblicitaria attraverso canali social costituisce ulteriore elemento di particolare gravità. La creazione di profili appositamente dedicati alla promozione dell’attività di rappresentanza sportiva, con qualifiche esplicite quali “agente sportivo” o “procuratore sportivo”, unitamente alla presentazione pubblica di portafogli estesi di atleti con caratteristiche tecniche dettagliate, configura l’esercizio sistematico e organizzato dell’attività riservata per legge. La pubblicizzazione attraverso piattaforme digitali non costituisce comportamento occasionale o isolato, ma strategia commerciale strutturata per acquisire clientela nel settore della rappresentanza sportiva. L’utilizzo di denominazioni che richiamano strutture associative o studi professionali dedicati alla rappresentanza sportiva aggrava ulteriormente i profili di illegittimità, dimostrando la volontà di presentarsi al pubblico come operatori professionali abilitati quando in realtà si è completamente privi dei requisiti di legge.
La produzione e diffusione di materiale promozionale costituisce elemento probatorio di eccezionale rilevanza. Il documento strutturato su più pagine, presentato su carta intestata e diffuso per finalità commerciali, costituisce confessione esplicita e diretta dell’esercizio dell’attività di agente sportivo. La descrizione delle attività professionali svolte, con riferimento espresso alla “definizione della durata del contratto di prestazione sportiva” e alla “gestione del relativo contratto”, eccede manifestamente i limiti della consulenza legale e configura vera e propria intermediazione commerciale nella definizione e gestione dei rapporti contrattuali tra atleti e società. La presentazione congiunta di più soggetti come struttura unitaria operante nel settore, con condivisione di contatti e gestione comune del portafoglio atleti, dimostra l’esistenza di un sodalizio stabile finalizzato all’esercizio sistematico dell’attività riservata.
Le sanzioni amministrative e disciplinari previste dalla normativa
Il sistema sanzionatorio introdotto dalla riforma dello sport si articola su più livelli, prevedendo sanzioni amministrative, disciplinari e penali per i diversi soggetti coinvolti nelle violazioni. L’articolo 15 della Circolare attuativa CONI, approvata con delibera della Giunta Nazionale del 18 novembre 2021, disciplina le sanzioni applicabili ai soggetti che svolgono attività di agente sportivo senza essere regolarmente iscritti nei registri competenti.
La sanzione principale consiste nell’annotazione nel registro per un periodo che può variare da 1 mese fino a 2 anni. Tale annotazione, pur non configurandosi formalmente come sanzione pecuniaria o interdittiva, produce effetti particolarmente gravi. Per l’intera durata della sua efficacia, l’annotazione costituisce causa di incompatibilità assoluta per l’iscrizione ai registri degli agenti sportivi. Il soggetto annotato, pertanto, anche qualora successivamente consegua i requisiti di abilitazione superando l’esame di Stato, non può essere iscritto al registro fino alla scadenza del periodo di annotazione. Tale conseguenza mira a sanzionare in modo particolarmente severo chi ha esercitato abusivamente la professione, impedendogli di accedere alla stessa anche dopo aver sanato i requisiti formali.
L’annotazione comporta inoltre l’inibizione totale allo svolgimento di qualsiasi attività sportiva organizzata. Il soggetto annotato non può tesserarsi presso federazioni sportive, non può svolgere attività agonistica, non può ricoprire cariche o funzioni all’interno di società o associazioni sportive, non può partecipare a competizioni o manifestazioni sportive organizzate. Tale interdizione mira a escludere completamente dall’ordinamento sportivo chi ha violato le regole fondamentali, impedendogli di continuare a operare in qualsiasi veste all’interno del sistema.
Le federazioni sportive nazionali hanno il potere e il dovere di applicare ulteriori sanzioni disciplinari nei confronti dei soggetti che violano la normativa sugli agenti sportivi. Lo Statuto federale della FIPAV, approvato dalla Giunta Nazionale del CONI con delibera n. 66 del 14 marzo 2025, dedica l’articolo 72 alla disciplina degli agenti sportivi, prevedendo espressamente il divieto per tesserati e società di avvalersi di soggetti non iscritti al registro o privi dei requisiti previsti dalla normativa vigente, a pena di sanzioni disciplinari.
Le sanzioni disciplinari applicabili variano in funzione della gravità della violazione e della qualità del soggetto trasgressore. Per gli atleti che si avvalgano di agenti non iscritti, le sanzioni possono comprendere l’ammenda, l’inibizione temporanea dalla partecipazione a competizioni sportive, la squalifica per periodi più o meno lunghi in funzione della gravità e della reiterazione della condotta. Nei casi più gravi, può essere disposta la radiazione dall’ordinamento federale, con conseguente perdita definitiva del tesseramento e impossibilità di partecipare ad attività sportive organizzate.
Per le società sportive che si avvalgano di agenti non iscritti o che partecipino attivamente a operazioni di trasferimento intermediate da soggetti non abilitati, le sanzioni possono comprendere l’ammenda anche di importo rilevante, l’inibizione dei dirigenti responsabili, la penalizzazione in classifica, la retrocessione all’ultima posizione del campionato, l’esclusione dal campionato in corso. Il sistema federale prevede inoltre il principio della responsabilità oggettiva delle società per l’operato dei propri tesserati, dirigenti e collaboratori, con la conseguenza che la società risponde automaticamente delle condotte poste in essere da soggetti che operano nell’ambito della propria organizzazione, anche quando non sussista una responsabilità diretta degli organi societari.
Gli agenti sportivi regolarmente iscritti che collaborino con soggetti non iscritti o che consentano a questi ultimi di operare utilizzando il proprio nominativo e la propria abilitazione sono soggetti a sanzioni disciplinari particolarmente severe. Il Regolamento Disciplinare Agenti Sportivi prevede che la prestazione del nome a soggetti non abilitati comporti la sospensione o la radiazione dal registro, oltre all’applicazione di sanzioni pecuniarie. Tale previsione mira a impedire che agenti regolarmente abilitati prestino copertura formale a soggetti che operano effettivamente senza i requisiti di legge, aggirando così il sistema di controlli.
La rilevanza penale: il reato di esercizio abusivo di professione
La condotta di chi esercita l’attività di agente sportivo senza essere iscritto al registro nazionale può integrare il reato di esercizio abusivo di una professione previsto dall’articolo 348 del Codice penale. Tale disposizione punisce con la reclusione fino a 6 mesi o con la multa da euro 10.000 a euro 50.000 chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato.
La fattispecie penale richiede la sussistenza di alcuni elementi costitutivi. In primo luogo, deve trattarsi di professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato. La professione di agente sportivo rientra indubbiamente in tale categoria, in quanto l’articolo 4 del D.Lgs. 37/2021 stabilisce espressamente che l’iscrizione al registro nazionale costituisce condizione obbligatoria per l’esercizio della professione e che tale iscrizione è subordinata al superamento di un esame di abilitazione statale. L’abilitazione è pertanto rilasciata dallo Stato attraverso il CONI, ente pubblico cui la legge affida la tenuta del registro e l’organizzazione delle procedure di abilitazione.
In secondo luogo, occorre che l’agente compia effettivamente atti tipici della professione riservata. Non è sufficiente la semplice qualificazione o presentazione come agente sportivo, ma è necessario che il soggetto svolga concretamente attività di intermediazione sportiva. Nel caso descritto, tale requisito è ampiamente soddisfatto. I soggetti hanno compiuto atti tipici dell’agente sportivo quali la presentazione di atleti a società interessate, la gestione di trattative contrattuali, la negoziazione di condizioni economiche, la promozione commerciale di portafogli di atleti, la partecipazione attiva alla formazione di accordi tra atleti e società.
Il terzo elemento riguarda la consapevolezza dell’abusività. L’articolo 348 richiede che il soggetto agisca nella consapevolezza di non possedere l’abilitazione richiesta. Tale elemento soggettivo è facilmente desumibile dalle modalità di svolgimento dell’attività. Chi si presenta pubblicamente come agente sportivo, promuove i propri servizi attraverso materiale pubblicitario, gestisce portafogli di atleti e conduce trattative contrattuali non può ignorare che per tali attività è richiesta una specifica abilitazione. La consapevolezza è ulteriormente provata dalla circostanza che i soggetti hanno tentato di presentare la propria attività come consulenza legale o hanno utilizzato qualifiche ambigue, dimostrando di essere consci della necessità di un titolo abilitativo e del fatto di non possederlo.
Il reato si consuma nel momento in cui viene compiuto il primo atto di esercizio abusivo della professione. Non è necessario che l’attività sia svolta in modo continuativo o professionale, essendo sufficiente anche un singolo atto tipico della professione riservata. Tuttavia, la sistematicità e la professionalità dell’esercizio costituiscono elementi che aggravano il disvalore della condotta e che possono influire sulla determinazione della pena. Nel caso descritto, la condotta non si è limitata a un episodio isolato, ma si è articolata in una pluralità di atti coordinati e sistematici: invio massivo di comunicazioni promozionali a oltre 70 società, gestione di molteplici trattative, conduzione di negoziazioni complesse, partecipazione a più operazioni contrattuali. Tale sistematicità denota un’attività svolta con carattere professionale e organizzato, circostanza che aggrava significativamente la responsabilità penale.
La pena prevista per il reato è la reclusione fino a 6 mesi o la multa da euro 10.000 a euro 50.000. Si tratta di sanzioni non trascurabili, che dimostrano la particolare attenzione del legislatore per la tutela delle professioni riservate. Nel caso di condanna, anche non definitiva, il giudice può disporre la pubblicazione della sentenza, con conseguente grave danno reputazionale per il condannato. Inoltre, la condanna per il reato di esercizio abusivo di professione costituisce impedimento assoluto per l’accesso alla professione, con la conseguenza che il soggetto condannato non potrà mai essere iscritto al registro degli agenti sportivi, nemmeno dopo aver conseguito i requisiti formali di abilitazione.
La competenza per territorio spetta alla Procura della Repubblica del luogo in cui è stato commesso il reato. Poiché il reato può essere commesso attraverso condotte plurime realizzate in luoghi diversi, la competenza può essere individuata sia nel luogo di residenza del soggetto agente, sia nel luogo in cui sono state compiute le trattative, sia nel luogo in cui ha sede la società interessata. Tale pluralità di criteri di collegamento territoriale amplia le possibilità di azione penale e garantisce l’effettività della tutela.
La segnalazione all’autorità giudiziaria può essere effettuata da chiunque abbia conoscenza dei fatti. Le società sportive, gli atleti, le federazioni, il CONI stesso possono trasmettere alla Procura della Repubblica competente una denuncia o un esposto contenente la descrizione dei fatti costituenti reato e la documentazione probatoria disponibile. Non sussiste alcun obbligo giuridico di sporgere denuncia, trattandosi di reato perseguibile d’ufficio ma non rientrante tra quelli per i quali sussiste l’obbligo di denuncia previsto dall’articolo 361 del Codice penale. Tuttavia, la segnalazione può risultare opportuna per garantire l’effettività della tutela e per contribuire alla repressione di fenomeni che ledono gli interessi dell’ordinamento sportivo.
Il caso specifico degli avvocati che esercitano attività di intermediazione
La posizione degli avvocati che esercitano attività di intermediazione sportiva senza iscrizione al registro nazionale degli agenti sportivi merita un approfondimento specifico, in quanto presenta profili di particolare delicatezza sotto il profilo sia normativo sia deontologico. Come già evidenziato, l’articolo 3, comma 3, del D.Lgs. 37/2021 riconosce agli avvocati la facoltà di svolgere attività di consulenza legale e assistenza legale stragiudiziale anche senza iscrizione al registro, ma tale facoltà è rigorosamente circoscritta alle attività di carattere strettamente legale.
Quando un avvocato supera i confini della consulenza legale e svolge attività di intermediazione sportiva senza possedere l’abilitazione di agente sportivo, incorre nelle medesime violazioni e sanzioni previste per qualsiasi altro soggetto non abilitato. Non sussiste alcuna deroga o esenzione per gli avvocati che eccedano i limiti dell’attività consentita. La circostanza di essere iscritti all’albo forense non costituisce titolo abilitante per l’esercizio dell’attività di agente sportivo quando questa ecceda i confini della mera consulenza legale.
Oltre alle sanzioni amministrative, disciplinari e penali già esaminate, l’avvocato che esercita abusivamente l’attività di agente sportivo può incorrere in sanzioni deontologiche inflitte dall’ordine professionale di appartenenza. Il Codice Deontologico Forense, approvato dal Consiglio Nazionale Forense, vieta agli avvocati di esercitare attività incompatibili con la professione legale o di svolgere attività che possano compromettere l’indipendenza e il decoro della professione. L’esercizio abusivo di una professione riservata costituisce violazione del dovere di probità e dignità professionale, potendo comportare l’applicazione di sanzioni disciplinari che vanno dall’avvertimento alla sospensione, fino alla radiazione dall’albo nei casi più gravi.
Particolarmente problematica risulta la situazione in cui l’avvocato utilizzi la propria qualifica professionale per mascherare l’effettivo esercizio dell’attività di agente sportivo. La presentazione dei servizi di intermediazione sportiva come consulenza legale, l’utilizzo della carta intestata dello studio legale per promuovere attività di scouting, la qualificazione formale come assistenza legale di operazioni che sostanzialmente costituiscono intermediazione commerciale configurano una strategia di dissimulazione che aggrava ulteriormente la condotta illecita. Tale comportamento non solo viola la normativa sugli agenti sportivi, ma integra anche un inganno nei confronti di atleti e società che si rivolgono al professionista confidando nella sua qualifica di avvocato e non immaginando che lo stesso stia esercitando abusivamente una professione diversa.
Il tentativo di presentare l’attività di intermediazione come consulenza legale si manifesta attraverso alcuni indicatori tipici. L’avvocato che svolge effettivamente consulenza legale normalmente interviene su richiesta del cliente per questioni giuridiche specifiche, mentre l’avvocato che esercita intermediazione assume l’iniziativa di contattare società per proporre atleti o di contattare atleti per proporre opportunità. L’avvocato consulente predispone e rivede clausole contrattuali su accordi già definiti nelle loro linee essenziali, mentre l’intermediario partecipa attivamente alla definizione delle condizioni economiche e della durata. Il consulente legale viene remunerato secondo i parametri forensi in base al valore della controversia o alla complessità dell’attività, mentre l’intermediario richiede percentuali sulle retribuzioni degli atleti. Il consulente interviene su mandato specifico per singole questioni, mentre l’intermediario gestisce la carriera dell’atleta attraverso un rapporto continuativo che comprende la ricerca di opportunità contrattuali.
La collaborazione tra avvocati e soggetti completamente privi di qualifiche professionali per l’esercizio congiunto di attività di intermediazione sportiva aggrava ulteriormente i profili di responsabilità. Quando un avvocato opera in stretta coordinazione con soggetti che si presentano come agenti sportivi senza possedere né l’abilitazione forense né l’iscrizione al registro degli agenti, si configura un sodalizio finalizzato all’aggiramento sistematico delle norme di legge. L’avvocato che presta il proprio nome e la propria qualifica professionale per fornire copertura formale ad attività effettivamente svolte da soggetti totalmente privi di abilitazione non solo viola la normativa sugli agenti sportivi, ma tradisce anche i doveri fondamentali della propria professione.
La posizione particolare degli iscritti esclusivamente agli albi di lega
Alcune leghe sportive professionistiche, prima dell’entrata in vigore della riforma dello sport, hanno istituito propri elenchi di agenti sportivi, regolamentati da specifici regolamenti interni. Nel caso della pallavolo, la Lega Pallavolo Serie A ha istituito un registro di agenti sportivi distinto per settore maschile e femminile. Tale registro è disciplinato da un regolamento interno della lega che prevede requisiti di iscrizione e obblighi di condotta per gli agenti abilitati a operare nell’ambito delle società di Serie A.
È fondamentale chiarire che tali registri hanno validità esclusivamente nell’ambito delle operazioni tra società e tesserati della specifica lega e non costituiscono titolo abilitante per l’esercizio generale della professione su tutto il territorio nazionale. Il D.Lgs. 37/2021 ha introdotto un sistema di abilitazione unitario e nazionale, affidando al CONI la tenuta del Registro Nazionale degli Agenti Sportivi quale unico registro effettivamente abilitante per l’esercizio della professione in ogni ambito e categoria del sistema sportivo italiano.
L’iscrizione all’albo di una lega professionale, pertanto, costituisce requisito aggiuntivo e complementare rispetto all’iscrizione al Registro Nazionale, ma non può sostituirla. Per operare legittimamente come agente sportivo in Italia è sempre e comunque necessaria l’iscrizione al Registro Nazionale CONI, con superamento del relativo esame di abilitazione. L’iscrizione agli albi di lega può essere richiesta dalle singole leghe come ulteriore requisito per operare specificamente nell’ambito delle società affiliate alla lega stessa, ma tale iscrizione presuppone comunque il possesso dell’abilitazione nazionale.
La conseguenza pratica è che un soggetto iscritto esclusivamente all’albo di una lega professionale, senza iscrizione al Registro Nazionale CONI, non è legittimato a esercitare l’attività di agente sportivo nemmeno nell’ambito ristretto della lega medesima. L’iscrizione alla lega senza abilitazione nazionale non costituisce titolo sufficiente, trattandosi di requisito aggiuntivo che presuppone il possesso della qualifica di base.
L’obiettivo è garantire che chiunque eserciti la professione di agente sportivo, indipendentemente dalla categoria o dalla disciplina, possegga un livello minimo di preparazione tecnica e giuridica certificato attraverso il superamento dell’esame nazionale.
Il ruolo degli organi di giustizia sportiva
Di fronte a violazioni della normativa sugli agenti sportivi, gli organi di giustizia sportiva hanno il compito e il dovere di intervenire per reprimere gli illeciti e ripristinare la legalità. Il sistema di giustizia sportiva si articola su più livelli, con competenze distribuite tra organi federali, organi del CONI e, in ultima istanza, giurisdizione statale.
La Procura Federale della federazione competente ha il compito di esercitare l’azione disciplinare nei confronti dei tesserati e delle società che violano la normativa federale. Nel caso specifico della pallavolo, la Procura Federale FIPAV ha competenza per procedere disciplinarmente nei confronti degli atleti che abbiano partecipato ad allenamenti non autorizzati, delle società che abbiano accolto atleti vincolati senza le prescritte autorizzazioni, dei tesserati che si siano avvalsi di agenti non iscritti al registro. Il procedimento disciplinare si svolge secondo le regole del Regolamento Giurisdizionale federale e può concludersi con l’applicazione delle sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva.
Gli articoli 2, 30, 54 e 76 del Regolamento di Affiliazione e Tesseramento FIPAV, nonché le disposizioni del Regolamento Giurisdizionale federale, disciplinano in modo tassativo la repressione degli illeciti sportivi e la tutela dell’integrità delle competizioni. Le condotte oggetto di violazione risultano configurare gravi e reiterate violazioni normative che richiedono l’intervento degli organi di giustizia federale.
La Commissione Agenti Sportivi CONI ha invece competenza per le violazioni commesse dagli agenti sportivi o da soggetti che esercitano abusivamente tale professione. La Commissione può applicare le sanzioni amministrative previste dalla normativa, compresa l’annotazione nel registro con efficacia interdittiva. La Commissione ha inoltre il potere di segnalare all’autorità giudiziaria ordinaria i casi in cui l’esercizio abusivo della professione integri gli estremi del reato previsto dall’articolo 348 del Codice penale.
Le federazioni sportive hanno l’obbligo di segnalare alla Commissione Agenti Sportivi CONI i casi di esercizio abusivo della professione di cui vengano a conoscenza nell’ambito della propria attività. Tale obbligo risponde all’esigenza di garantire un sistema coordinato di controlli e sanzioni, evitando che soggetti non abilitati possano continuare a operare grazie alla frammentazione delle competenze. La segnalazione federale costituisce presupposto per l’avvio del procedimento sanzionatorio presso la Commissione CONI.
Il Collegio di Garanzia dello Sport presso il CONI rappresenta l’ultimo grado della giustizia sportiva e conosce in via esclusiva delle controversie riguardanti l’osservanza e l’applicazione delle norme dell’ordinamento sportivo. Avverso le decisioni degli organi di giustizia federale è possibile proporre ricorso al Collegio di Garanzia, che può confermare, modificare o riformare la decisione impugnata. Solo dopo l’esaurimento dei gradi della giustizia sportiva è possibile adire la giurisdizione statale, nei limiti e con le modalità previste dalla legge.
Le verifiche preventive da effettuare
Per prevenire situazioni problematiche, le società sportive e gli atleti devono adottare un approccio di rigorosa verifica preventiva prima di avvalersi dei servizi di presunti agenti sportivi. Le verifiche devono essere documentate e conservate agli atti, in modo da dimostrare la diligenza impiegata nella scelta dell’intermediario.
La verifica fondamentale riguarda l’iscrizione al Registro Nazionale degli Agenti Sportivi tenuto dal CONI. Il registro è consultabile online sul sito istituzionale del CONI, nella sezione dedicata agli agenti sportivi: https://agentisportivi.coni.it/ricerca.
La consultazione è gratuita e consente di verificare immediatamente se un soggetto è effettivamente iscritto al registro. La ricerca può essere effettuata per cognome e nome o per numero di iscrizione. Il sistema fornisce informazioni sulla data di iscrizione, sullo stato dell’iscrizione (attiva, sospesa, cancellata), sulle eventuali annotazioni o sanzioni disciplinari.
La verifica deve essere effettuata anche quando il soggetto si presenta come avvocato o presenta qualifiche professionali che potrebbero far ritenere superflua l’iscrizione al registro. Come già chiarito, l’iscrizione all’albo forense non abilita automaticamente all’esercizio della professione di agente sportivo quando l’attività ecceda i confini della mera consulenza legale. Pertanto, anche quando ci si rivolge a un avvocato, occorre verificare se lo stesso è iscritto al Registro Nazionale qualora si richieda attività di intermediazione sportiva.
Analogamente, l’iscrizione a registri o albi tenuti da leghe professionistiche non sostituisce l’iscrizione al Registro Nazionale. Un soggetto che si presenti come agente iscritto all’albo della Lega Serie A deve comunque essere iscritto al Registro Nazionale CONI per poter operare legittimamente. La verifica deve accertare entrambe le iscrizioni quando necessarie.
Oltre alla verifica dell’iscrizione, è opportuno richiedere al presunto agente la documentazione relativa alla propria abilitazione. Un agente regolarmente abilitato è in possesso di un certificato di iscrizione rilasciato dal CONI che attesta lo status di agente sportivo e riporta il numero di iscrizione al registro. La mancata esibizione di tale certificato su richiesta della società o dell’atleta costituisce elemento di sospetto che dovrebbe indurre a non procedere con l’affidamento dell’incarico.
È importante verificare anche l’esistenza di eventuali annotazioni o sanzioni disciplinari a carico dell’agente. Il registro pubblico riporta tutte le annotazioni e le sanzioni applicate, consentendo di valutare l’affidabilità professionale del soggetto. Un agente che abbia subito sanzioni disciplinari per violazioni deontologiche, condotte scorrette o inadempimenti professionali potrebbe non rappresentare la scelta più adeguata, anche se formalmente abilitato.
La verifica dovrebbe estendersi anche alla reputazione professionale dell’agente. È opportuno richiedere referenze ad altre società o atleti che abbiano già utilizzato i servizi dell’agente, verificando il livello di soddisfazione e l’assenza di problematiche. Gli agenti seri e professionali sono normalmente in grado di fornire referenze verificabili e non si oppongono a che i potenziali clienti acquisiscano informazioni sulla loro attività pregressa.
Particolare attenzione deve essere posta alle modalità di presentazione dei servizi e alla richiesta di compensi. Un agente che si presenti con materiale promozionale contenente elenchi di 102 atleti assistiti, come nel caso descritto, potrebbe non essere in grado di garantire un’assistenza personalizzata e adeguata. La qualità del servizio di un agente sportivo si misura anche dalla capacità di seguire attentamente ciascun atleta assistito, fornendo consulenza personalizzata e dedicando il tempo necessario alla cura degli interessi del cliente. Un portafoglio eccessivamente esteso rischia di compromettere tale capacità.
Anche le modalità di determinazione del compenso richiedono attenzione. I compensi degli agenti sportivi sono normalmente parametrati a percentuali sulle retribuzioni degli atleti, con limiti massimi stabiliti dai regolamenti federali o dalle leghe professionistiche. Richieste di compensi eccessivi, anticipi significativi, pagamenti in contanti o altre modalità anomale dovrebbero costituire segnali di allarme che inducono a riconsiderare l’affidamento dell’incarico.