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Esenzione IMU per entrambi i coniugi con residenze separate in immobili diversi

23 Ottobre, 2025

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Io e mia moglie siamo sposati in regime di separazione dei beni e possediamo ciascuno una prima casa di proprietà in due comuni diversi. Entrambe le abitazioni sono esenti da IMU, se la proprietà esclusiva di ciascun coniuge e condizione che anche la dimora sia abituale. Infatti, sebbene la normativa (articolo 1, comma 741, lettera b, della legge 160/2019, di Bilancio per l’anno 2020) imponga per immobili condizionati anche nei casi in cui nell’immobile deve risiedere l’intero nucleo familiare, quindi occorre che la disposizione è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, con sentenza 209/2022. Quindi, l’esenzione IMU opera quando il soggetto passivo ha in quell’immobile esclusivamente la dimora abituale e la residenza anagrafica, anche se il coniuge ha diversa residenza abituale e dimora degli altri componenti del nucleo familiare. Dobbiamo pagare l’IMU in caso di risposta positiva, su quale delle due case?

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La risposta al quesito sollevato è affermativa ed è fondata sulla recente evoluzione del quadro normativo e giurisprudenziale in materia di esenzione IMU per l’abitazione principale, evoluzione che ha trovato il suo punto di svolta nella sentenza numero 209 del 13 ottobre 2022 della Corte Costituzionale, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della disciplina precedentemente vigente che subordinava il riconoscimento dell’esenzione dall’imposta municipale propria alla circostanza che il possessore dell’immobile e l’intero suo nucleo familiare avessero stabilito congiuntamente la residenza anagrafica e la dimora abituale nel medesimo immobile. La pronuncia della Consulta ha rappresentato un intervento decisivo per rimuovere una norma che, nella sua applicazione pratica, determinava una ingiustificata penalizzazione dei coniugi e delle coppie unite civilmente rispetto ai conviventi di fatto e alle persone singole, creando una disparità di trattamento contraria ai principi costituzionali di uguaglianza, tutela della famiglia e capacità contributiva sanciti rispettivamente dagli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione. Prima di tale intervento della Corte Costituzionale, la giurisprudenza di legittimità aveva adottato un’interpretazione estremamente rigorosa delle disposizioni contenute nell’articolo 13, comma 2, del decreto legge 6 dicembre 2011 numero 201, convertito con modificazioni nella legge 22 dicembre 2011 numero 214, come successivamente modificato dall’articolo 1, comma 707, della legge 27 dicembre 2013 numero 147, giungendo a negare ogni forma di esenzione ai coniugi che avessero stabilito la propria residenza anagrafica in due abitazioni site in comuni diversi, ritenendo che in tal caso nessuno dei due immobili potesse essere considerato abitazione principale del nucleo familiare e quindi beneficiare dell’agevolazione fiscale. Tale orientamento giurisprudenziale si basava sul principio secondo cui per fruire del beneficio dell’esenzione IMU fosse necessario che tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare non solo vi dimorassero stabilmente ma vi risiedessero anche anagraficamente, subordinando pertanto l’esenzione alla contestuale residenza e dimora unitaria del contribuente e del suo intero nucleo familiare. La Corte Costituzionale con la citata sentenza 209 del 2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del quarto periodo dell’articolo 13, comma 2, del decreto legge numero 201 del 2011, nella parte in cui stabiliva che per abitazione principale si intendesse l’immobile nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente, ritenendo tale previsione in contrasto con i principi costituzionali di cui agli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione. Secondo la Consulta, infatti, in un contesto sociale caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici e dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale. In tali situazioni, ai fini del riconoscimento dell’esenzione dell’abitazione principale, non ritenere sufficiente la residenza e la dimora abituale in un determinato immobile determina una evidente discriminazione rispetto a chi, in quanto singolo o convivente di fatto, si vede riconosciuto il suddetto beneficio al semplice sussistere del doppio contestuale requisito della residenza e della dimora abituale nell’immobile di cui sia possessore. La Corte ha inoltre sottolineato che non vi è ragionevole motivo per discriminare tali situazioni, dal momento che una determinazione consensuale o una giusta causa non impediscono ai coniugi, indiscussa l’affectio coniugalis, di stabilire residenze disgiunte, come confermato anche dalle norme sulla residenza personale dei genitori contenute nell’articolo 45, secondo comma, del codice civile. Pertanto, in base alla sentenza della Corte Costituzionale, ciascun coniuge ha diritto all’esenzione IMU per l’immobile nel quale ha stabilito la propria residenza anagrafica e dimora abituale, a prescindere dal luogo di residenza dell’altro coniuge, con la conseguenza che l’esenzione spetta per entrambe le abitazioni, purché ciascun coniuge vi abbia effettivamente fissato la propria dimora abituale e residenza anagrafica. Tale principio è stato successivamente confermato dalla Corte di Cassazione, che con l’ordinanza numero 9620 del 13 aprile 2025 ha ribadito che in presenza di due abitazioni principali con residenze effettive e distinte, entrambe possono beneficiare dell’esenzione IMU, superando definitivamente l’interpretazione restrittiva precedentemente adottata dalla giurisprudenza di legittimità. Anche per quanto riguarda specificamente i coniugi in regime di separazione dei beni, come nel caso prospettato dal lettore, la doppia esenzione IMU spetta senza alcuna limitazione, poiché il regime patrimoniale prescelto dai coniugi non rileva ai fini dell’applicazione dell’agevolazione fiscale, che dipende esclusivamente dalla sussistenza dei requisiti oggettivi della residenza anagrafica e della dimora abituale in ciascuno degli immobili posseduti dai coniugi.

Nel caso specifico, dunque, entrambe le abitazioni, quella in cui risiede anagraficamente e dimora abitualmente il lettore e quella in cui risiede anagraficamente e dimora abitualmente la moglie, possono essere considerate esenti da IMU come abitazioni principali, a condizione che si tratti di immobili non classificati nelle categorie catastali di lusso A1, A8 e A9, per le quali invece l’imposta rimane dovuta anche se si tratta di abitazione principale. Va inoltre precisato che ai fini del riconoscimento dell’esenzione assume rilevanza fondamentale la sussistenza del doppio requisito della residenza anagrafica e della dimora abituale in ciascuno degli immobili, trattandosi di elementi facilmente accertabili attraverso i controlli che i Comuni possono effettuare anche mediante l’accesso ai dati relativi alla somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio, come previsto dall’articolo 2, comma 10, lettera c, punto 2, del decreto legislativo 14 marzo 2011 numero 23. Il legislatore è inoltre intervenuto con l’articolo 5-decies, comma 1, del decreto legge 21 ottobre 2021 numero 146, convertito con modificazioni nella legge 17 dicembre 2021 numero 215, che ha integrato l’articolo 1, comma 741, lettera b, della legge 27 dicembre 2019 numero 160, prevedendo espressamente che nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale o in comuni diversi, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile scelto dai componenti del nucleo familiare, norma che tuttavia va letta e interpretata alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità della disciplina precedente.

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