Una recente pronuncia della magistratura tributaria partenopea potrebbe aprire nuove prospettive interpretative per i contribuenti che abbiano subito la decadenza da piani di dilazione concessi dall’Agenzia delle Entrate Riscossione. La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli, con sentenza n. 8878 depositata il 19 maggio 2025, ha infatti fornito un’interpretazione restrittiva delle condizioni che determinano la perdita del beneficio rateatorio, focalizzando l’attenzione sui presupposti sostanziali piuttosto che su aspetti meramente formali. La decisione si inserisce nel complesso panorama normativo che disciplina la rateazione delle cartelle esattoriali, tema che ha acquisito particolare rilevanza dopo l’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 110/2024, che ha modificato l’articolo 19 del D.P.R. 602/1973. Il giudice napoletano ha dovuto dirimere una questione procedurale che tocca direttamente la sfera giuridica di migliaia di contribuenti: quando si configura effettivamente la decadenza dal piano dilatorio?
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Sentenza cardine: la CGT di Napoli (n. 8878/2025) ha stabilito che la decadenza dalla rateazione AdER si verifica solo in caso di mancato pagamento di almeno 8 rate, non basta il semplice ritardo.
- Momento decisivo: conta la situazione debitoria al momento della notifica dell’intimazione, non quella pregressa.
- Principi di proporzionalità e buona fede: l’Amministrazione deve valutare la volontà solutoria del contribuente.
- Novità normative: dal 2025 dilazioni fino a 84 rate ordinarie (in alcuni casi 120), ma le soglie di decadenza restano invariate.
- Cosa fare: regolarizza tempestivamente le rate e documenta ogni pagamento; contesta atti di decadenza se i requisiti normativi non sono soddisfatti.
- Attenzione professionale: possibile riduzione del contenzioso e maggiore attenzione di AdER nella valutazione delle posizioni prima della decadenza.
Decadenza rateazione cartelle: contesto procedurale e fattispecie esaminata
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La vicenda giudiziaria ha coinvolto una società commerciale che aveva ottenuto dall’AdER un piano di rateazione in 72 rate mensili per un debito di rilevante entità . Il contribuente, nel corso dell’esecuzione del piano, aveva accumulato diverse rate non versate tempestivamente – alcune delle quali erano state saldate successivamente con ritardo variabile da alcuni giorni fino ad un mese oltre la scadenza originaria.
Il comportamento tenuto dalla società debitrice evidenziava una sostanziale volontà di adempiere agli obblighi assunti, pur in presenza di difficoltà economiche che avevano comportato slittamenti nei pagamenti. Tale circostanza si era manifestata anche nei giorni immediatamente precedenti la notifica dell’intimazione di pagamento, avvenuta il 7 ottobre 2024, quando il contribuente aveva provveduto a versare alcune rate rimaste in sospeso nel settembre precedente.
L’AdER, rilevando formalmente l’esistenza di più rate non versate nei termini stabiliti, procedeva alla notificazione dell’atto di intimazione per dichiarare la decadenza dal beneficio dilatorio. La società , attraverso i propri legali, proponeva ricorso presso la competente Commissione Tributaria, eccependo l’illegittimità del provvedimento impugnato.
Principi giuridici applicabili alla decadenza ratearia
La normativa di riferimento trova il proprio fondamento nell’articolo 19, comma 3, del D.P.R. 602/1973, il quale stabilisce che la decadenza si concretizza al mancato pagamento di otto rate anche non consecutive per le rateazioni richieste successivamente al 16 luglio 2022. Tale disposizione deve essere interpretata alla luce dei principi generali dell’ordinamento tributario.
La Corte partenopea ha richiamato l’orientamento consolidato della Cassazione Civile, Sezione V, che con sentenza n. 25213 del 7 dicembre 2016 aveva chiarito un aspetto fondamentale: “La decadenza del beneficio della rateazione si verifica esclusivamente in caso di mancato pagamento di almeno otto rate non consecutive, il semplice ritardo nel versamento non è sufficiente a determinare la decadenza”.
Questa distinzione concettuale tra “mancato pagamento” e “ritardo nel versamento” risulta dirimente ai fini della valutazione procedurale. Secondo la giurisprudenza di legittimità , infatti, rileva esclusivamente l’omissione totale dell’adempimento, mentre il versamento tardivo – seppur censurabile sotto il profilo della tempestività – non può essere equiparato al mancato pagamento.
Valutazione della situazione debitoria alla data dell’intimazione
L’elemento procedurale che ha caratterizzato la decisione napoletana riguarda il momento temporale di riferimento per la verifica dei presupposti della decadenza. La Corte ha infatti stabilito che occorre considerare la situazione esistente alla data di notifica dell’intimazione di pagamento, non già quella sussistente in momenti anteriori.
Nel caso specifico, alla data dell’intimazione risultavano sette rate effettivamente non pagate, numero inferiore alla soglia di otto prevista dalla normativa. Tale circostanza rendeva prematura e quindi illegittima la dichiarazione di decadenza operata dall’Ente di riscossione, poiché il presupposto normativo non si era ancora perfezionato.
La valutazione operata dai giudici evidenzia come la disciplina della decadenza debba essere applicata con rigore scientifico, non potendosi presumere l’inadempimento futuro sulla base di comportamenti passati del contribuente. L’amministrazione finanziaria può dichiarare la decadenza soltanto quando si sia effettivamente verificato il mancato pagamento del numero di rate previsto dalla legge.
Principi di proporzionalità e ragionevolezza nell’azione amministrativa
La pronuncia ha inoltre sviluppato considerazioni di carattere sistematico sui principi generali che devono ispirare l’azione amministrativa in materia tributaria. La Corte ha richiamato l’articolo 97 della Costituzione e l’articolo 1 dello Statuto dei diritti del contribuente (Legge 212/2000), evidenziando come l’attività dell’amministrazione finanziaria debba conformarsi ai canoni di proporzionalità , ragionevolezza e collaborazione.
Nella fattispecie esaminata, l’azione dell’AdER veniva considerata sproporzionata rispetto alla condotta tenuta dal contribuente, il quale aveva dimostrato una sostanziale volontà solutoria attraverso i pagamenti effettuati, seppur con ritardo. L’anticipazione dell’esecuzione sulla base di presupposti non ancora maturati risultava quindi contraria ai principi fondamentali dell’ordinamento.
Tale impostazione si allinea con l’orientamento giurisprudenziale che valorizza il principio di buona fede nei rapporti tributari, secondo cui l’amministrazione deve tenere conto del comportamento complessivo del contribuente, evitando interpretazioni eccessivamente formalistiche che potrebbero compromettere il recupero del credito erariale.
Scenario normativo attuale e prospettive evolutive
L’analisi della sentenza napoletana deve essere inquadrata nel più ampio contesto delle modifiche normative introdotte dal Decreto Legislativo n. 110/2024, che ha riformato il sistema della riscossione esattoriale. Le nuove regole, applicabili alle richieste di rateizzazione presentate dal 1° gennaio 2025, prevedono dilazioni fino a 84 rate per importi fino a 120.000 euro su semplice richiesta.
Per le rateazioni documentate, il contribuente può ottenere fino a 120 rate (corrispondenti a 10 anni) dimostrando una condizione di temporanea difficoltà economico-finanziaria attraverso parametri oggettivi come l’ISEE per le persone fisiche o specifici indici contabili per le imprese.
Le soglie di decadenza rimangono sostanzialmente invariate: otto rate non consecutive per le rateazioni richieste dal 16 luglio 2022, mentre per i piani precedenti si applicano parametri diversi (10 rate per quelli concessi nel periodo pandemico, 18 rate per i più risalenti).
Implicazioni operative per la prassi professionale
La pronuncia esaminata fornisce elementi di riflessione significativi per la gestione dei rapporti con l’Agenzia delle Entrate Riscossione. In primo luogo, evidenzia l’importanza di monitorare costantemente la propria posizione debitoria, cercando di regolarizzare tempestivamente eventuali rate arretrate prima che si configuri la soglia di decadenza.
Dal punto di vista processuale, la sentenza dimostra come sia possibile contestare con successo intimazioni di pagamento premature, purché si riesca a dimostrare che alla data della notifica non sussistevano ancora i presupposti normativi per la decadenza. Tale strategia richiede però una documentazione accurata dei versamenti effettuati e delle relative date.
L’orientamento giurisprudenziale potrebbe inoltre favorire una maggiore attenzione da parte dell’AdER nella valutazione delle posizioni debitorie prima di procedere alla dichiarazione di decadenza, con possibili benefici in termini di riduzione del contenzioso e di ottimizzazione del recupero crediti.