La Suprema Corte interviene con le Sezioni Unite per stabilire il destino dei Crediti delle società estinte nei bilanci finali di liquidazione. Il principio del trasferimento ai soci trova conferma definitiva, salvo l’ipotesi di rinuncia dimostrata del creditore.
La pronuncia delle Sezioni Unite
Un orientamento giurisprudenziale consolidato si è finalmente delineato grazie alla sentenza 17 luglio 2025, n. 19750 delle Sezioni Unite della Cassazione. Il Supremo Collegio ha definitivamente risolto il contrasto interpretativo relativo alle crediti delle società estinte che non risultavano annotati nei bilanci conclusivi del procedimento liquidatorio.
La statuizione del massimo consesso nomofilattico si sostanzia nel principio secondo cui l’estinzione dell’ente sociale conseguente alla cancellazione dal registro imprese non determina l’estinzione delle posizioni creditorie. Questi diritti, piuttosto, vengono trasferiti agli ex soci secondo un meccanismo di tipo successorio.
L’evoluzione della giurisprudenza di legittimità
Nell’esperienza applicativa si era manifestata una certa oscillazione interpretativa che merita di essere ripercorsa. La precedente giurisprudenza aveva operato una distinzione – oggi superata – tra crediti certi e liquidi da un lato e mere pretese dall’altro. Secondo questo primo orientamento, consolidatosi con le pronunce delle Sezioni Unite del 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071 e 6072, solamente i diritti di carattere liquido ed esigibile si trasferivano ai soci.
Le ragioni creditorie ancora incerte o illiquide venivano invece considerate oggetto di rinuncia implicita qualora non fossero state adeguatamente liquidate dal soggetto preposto alle operazioni. Questa impostazione presentava evidenti criticità applicative, principalmente legate al dubbio significato abdicativo attribuito all’omessa contabilizzazione.
I presupposti della rinuncia al credito
La sentenza in commento chiarisce definitivamente che la mera omissione contabile non costituisce di per sé elemento sufficiente per presumere l’avvenuta rinuncia. Nella prassi giurisprudenziale si era già manifestata una crescente sensibilità verso questa problematica, con orientamenti che richiedevano un esame rigoroso delle circostanze concrete.
Per configurare una valida rimessione del debito ai sensi dell’articolo 1236 del Codice Civile, secondo quanto precisato dalla Suprema Corte, risulta necessaria una comunicazione inequivocabile della volontà remissiva. Tale manifestazione deve pervenire a conoscenza del soggetto debitore, il quale mantiene la facoltà di rifiutare il beneficio entro un termine congruo.
L’onere probatorio del debitore convenuto
Particolare rilievo assume la questione dell’onere probatorio nei rapporti processuali. La Cassazione ha stabilito che grava sul debitore convenuto in giudizio dall’ex socio l’onere di allegare e dimostrare la sussistenza dei presupposti necessari per l’estinzione del credito.
Questo principio vale sia nell’ipotesi in cui l’ex socio promuova direttamente l’azione, sia nel caso in cui intenda proseguire un giudizio già avviato dalla società prima della sua estinzione. Si consideri che tale impostazione rafforza significativamente la posizione dei soci nella tutela dei diritti ereditati dalla società estinta.
Distinzione tra crediti certi e pretese controverse
Un aspetto che merita particolare attenzione nella giurisprudenza consolidatasi riguarda la distinzione tra posizioni creditorie certe e mere pretese. La Suprema Corte ha chiarito che si trasferiscono ai soci non soltanto i crediti liquidi ed esigibili, ma anche quelli ancora allo stadio di pretese illiquide o sopravvenuti alla cancellazione.
Questa interpretazione estensiva del fenomeno successorio rappresenta un’evoluzione significativa rispetto all’orientamento precedente. Nella casistica applicativa si osserva come spesso emergano situazioni in cui il liquidatore, per ragioni operative o di opportunità processuale, non ha proceduto all’iscrizione di determinate posizioni creditorie controverse.
Meccanismi operativi del trasferimento
Il trasferimento dei crediti agli ex soci opera secondo le regole della successione “pro quota”, in proporzione alle rispettive partecipazioni detenute nella società prima dell’estinzione. Questo principio si applica sia per i crediti compresi nel bilancio di liquidazione ma non riscossi, sia per quelli omessi dalla contabilizzazione finale.
È opportuno notare che i soci subentrano nella titolarità delle posizioni creditorie in regime di contitolarità o comunione indivisa. Tale configurazione comporta che ciascun ex socio può agire per l’intero credito, salvo poi procedere alle opportune regolazioni interne secondo le quote di partecipazione.
Riflessi sulla responsabilità del liquidatore
L’orientamento consolidato dalla Cassazione presenta riflessi significativi anche sulla responsabilità del soggetto che ha condotto le operazioni liquidatorie. Quando il liquidatore omette di inserire crediti conosciuti nel bilancio finale, tale condotta può configurare una violazione dei doveri d’ufficio.
Tuttavia, la trasmissibilità delle posizioni creditorie ai soci prescinde dalla valutazione della correttezza dell’operato del liquidatore. Questo principio tutela efficacemente gli ex soci da eventuali negligenze o omissioni del soggetto preposto alla liquidazione.
Implicazioni processuali e sostanziali
Le conseguenze pratiche della pronuncia si riflettono significativamente nell’attività processuale. I soci di società estinte possono ora proseguire con maggiore sicurezza le azioni creditorie, anche quando i relativi diritti non risultino annotati nei bilanci di liquidazione.
Sul piano sostanziale, la decisione valorizza il principio della conservazione dei diritti patrimoniali e dell’equità negli rapporti tra privati. L’automatica estinzione dei crediti per effetto della mera cancellazione della società avrebbe infatti comportato un ingiustificato arricchimento dei debitori a scapito degli ex soci.