La disciplina civilistica del comodato immobiliare continua a generare questioni rilevanti sul piano tributario, soprattutto quando entrano in gioco agevolazioni fiscali legate alla detenzione di immobili. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione ha chiarito alcuni aspetti cruciali relativi alla legittimazione del comodatario ad accedere a determinati benefici fiscali.
La natura giuridica del comodato
Il contratto di comodato trova la propria definizione nell’articolo 1803 del Codice civile. Si tratta di un negozio attraverso cui il comodante mette a disposizione del comodatario un bene (mobile o immobile) per un utilizzo temporaneo. Il bene deve poi tornare nelle mani di chi l’ha ceduto. La caratteristica fondamentale? La gratuità essenziale del rapporto.
Sul piano giuridico il comodato non rientra tra i contratti a prestazioni patrimoniali. Anzi – viene considerato un rapporto di cortesia fondato sulla fiducia personale (intuitus personae). Tuttavia l’ordinamento lo disciplina perché, a differenza di altri rapporti informali, qui la detenzione del bene passa materialmente al comodatario. E con la detenzione nascono obblighi precisi.
Dal punto di vista strutturale si possono individuare quattro caratteristiche:
- I. La realità : il contratto diventa efficace solo con la consegna effettiva del bene.
- II. L’obbligatorietà : il comodatario acquisisce un diritto personale di godimento, ma non diventa proprietario.
- III. La unilateralità : l’unica prestazione prevista è la restituzione da parte di chi ha ricevuto il bene.
- IV. La gratuità : qualsiasi corrispettivo trasformerebbe il contratto in locazione o altro negozio oneroso.
Secondo i principi generali sulla libertà delle forme, il comodato può essere concluso verbalmente oppure per iscritto. Nella prassi operativa emerge però una distinzione rilevante: il comodato si dice precario quando manca un termine prestabilito. In questa ipotesi, secondo l’art. 1810 c.c., il comodante può chiedere la restituzione in qualsiasi momento (ad nutum).
Gli obblighi del comodatario e le spese
Chi riceve il bene in comodato assume obblighi specifici disciplinati dall’art. 1804 del Codice civile. Occorre custodire e conservare la cosa «con la diligenza del buon padre di famiglia». Non si può usare il bene per scopi diversi da quelli previsti. E soprattutto: è vietato concedere a terzi il godimento della cosa senza il consenso del comodante.
L’obbligo di custodia riguarda anche gli accessori. Persiste fino al momento della riconsegna effettiva, anche dopo la cessazione formale del contratto.
Sul fronte economico, secondo quanto previsto dall’art. 1808 c.c., il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese ordinarie per l’uso del bene. Ha però diritto al rimborso delle spese straordinarie necessarie e urgenti per la conservazione. Questo significa che il comodatario deve sostenere sia le spese d’uso sia quelle di manutenzione ordinaria.
Il trattamento fiscale dei beni in comodato
Ai fini delle imposte dirette, i beni concessi in comodato vanno sempre dichiarati dal comodante. Il comodatario infatti non è titolare di un diritto reale di godimento, ma solo di un diritto personale.
Quando il comodato ha per oggetto beni immobili, è soggetto a registrazione obbligatoria. Se redatto in forma scritta, deve essere registrato entro 30 giorni dalla stipula. Se invece il contratto è verbale, l’obbligo di registrazione scatta solo se viene richiamato in un altro atto da registrare.
Nella prassi professionale si osserva come sia comunque opportuno – anche se non strettamente obbligatorio – che il comodato abbia una data certa. Questo può avvenire attraverso registrazione o mediante altri strumenti (ad esempio: raccomandata con ricevuta di ritorno, PEC). La data certa consente agli organi di controllo di verificare la deducibilità dei costi. Tutela inoltre il contribuente da eventuali presunzioni fiscali sfavorevoli.
L’ordinanza della Cassazione n. 19143/2025
Il tema assume particolare rilievo alla luce dell’ordinanza n. 19143/2025 della Corte di Cassazione, depositata il 12 luglio 2025. La pronuncia nasce da un contenzioso relativo alla detrazione per riqualificazione energetica disciplinata dall’art. 1, commi 344 e seguenti, della Legge n. 296/2006.
Come noto, quella norma ha introdotto una detrazione del 55% (poi modificata nel tempo) per spese documentate relative a interventi di riqualificazione energetica su edifici esistenti. L’agevolazione è stata più volte prorogata.
Gli Ermellini hanno richiamato la circolare n. 36/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate. Quel documento di prassi riconosce nel comodato uno dei titoli idonei a legittimare l’accesso alla detrazione. La legittimazione permane anche dopo la cessazione del comodato, se il comodatario ha sostenuto le spese durante il rapporto.
Secondo la Corte: «La sussistenza del comodato integra, quale titolo idoneo alla detenzione, anche la prova della sussistenza di quest’ultima, per quanto attiene l’onere gravante sulla contribuente comodataria ai fini dell’agevolazione».
La posizione del comodatario nelle agevolazioni fiscali
La giurisprudenza ha affermato che, di norma, il comodatario non deve dimostrare un effettivo potere di fatto sul bene. L’esistenza del contratto di comodato costituisce già prova della detenzione. Questo principio era stato già espresso dalla sentenza n. 1975/2022 della Cassazione.
Tuttavia – ed è qui il punto delicato – rimane salva la possibilità per l’Ufficio di contestare e fornire prova contraria. Come spesso accade, l’Amministrazione finanziaria può allegare una situazione oggettiva difforme rispetto a quella risultante dal contratto. Questo può verificarsi quando emerge la natura meramente fittizia del comodato.
I giudici di Piazza Cavour hanno quindi ribadito che la prova dell’esistenza del contratto non chiude la questione. L’Ufficio può sempre dimostrare che il comodato sia stato stipulato solo formalmente, senza una reale detenzione da parte del comodatario.
Comodato immobiliare e riflessi tributari
Nella pratica applicativa emerge quindi un quadro articolato. Da un lato il comodato – se correttamente documentato – costituisce titolo idoneo per accedere alle agevolazioni fiscali legate alla detenzione dell’immobile. Dall’altro lato, occorre che la detenzione sia effettiva e non meramente cartolare.
Si consideri ad esempio il caso di un contribuente che stipula un comodato con un familiare per poi sostenere spese di ristrutturazione e fruire delle relative detrazioni. La registrazione del contratto (o comunque la data certa) diventa elemento fondamentale per dimostrare la sussistenza del rapporto già al momento di sostenimento delle spese.
La circolare n. 36/E/2007 ha chiarito che tra i soggetti legittimati a fruire delle detrazioni per riqualificazione energetica rientrano anche i detentori dell’immobile sulla base di un titolo idoneo. Il comodato rappresenta appunto uno di questi titoli.
Aspetti pratici e criticità ricorrenti
Nella prassi professionale si osservano situazioni in cui il comodato viene contestato dall’Amministrazione finanziaria in sede di controllo. Le criticità emergono soprattutto quando:
- Manca la registrazione o la data certa del contratto
- Il comodante e il comodatario sono familiari conviventi
- Non vi sono riscontri oggettivi dell’effettiva detenzione (utenze intestate, residenza anagrafica)
- Le spese agevolate sono sostenute dal comodante anziché dal comodatario
È opportuno notare come la giurisprudenza abbia valorizzato la sostanza economica del rapporto rispetto alla mera forma contrattuale. Un comodato formalmente valido ma privo di effettività non produce conseguenze fiscali.
Profili applicativi delle detrazioni fiscali
Secondo quanto previsto dalla normativa sulle detrazioni per interventi edilizi, il diritto alla detrazione spetta a chi sostiene la spesa e ha un titolo idoneo sull’immobile. Nel caso del comodatario questo significa che:
- Deve avere un contratto di comodato validamente costituito
- Deve aver sostenuto personalmente le spese (bonifici, fatture intestate)
- Deve poter dimostrare l’effettiva disponibilità dell’immobile
La Cassazione ha precisato che l’agevolazione permane anche dopo la cessazione del comodato, relativamente alle rate di detrazione residue. Questo perché il diritto nasce nel momento in cui le spese vengono sostenute durante la vigenza del rapporto.
Considerazioni sulla prova della detenzione
Il tema della prova assume rilievo centrale. Da un lato la giurisprudenza ha semplificato la posizione del comodatario: l’esistenza del contratto costituisce già prova della detenzione. Dall’altro lato, questa presunzione può essere superata.
L’Amministrazione finanziaria può contestare la fittizia natura del comodato dimostrando elementi oggettivi contrastanti. Ad esempio: il comodante che continua a utilizzare l’immobile, l’assenza di utenze intestate al comodatario, la mancanza di residenza o domicilio presso l’immobile.
Come talvolta accade nei contenziosi tributari, la questione si sposta sul piano probatorio. Il contribuente deve fornire elementi che confermino la reale disponibilità del bene. Non basta il contratto.
Implicazioni per la pianificazione fiscale
Dal punto di vista della consulenza fiscale, la disciplina del comodato richiede particolare attenzione quando sono in gioco agevolazioni tributarie. Occorre:
- Formalizzare sempre il contratto per iscritto
- Provvedere alla registrazione (o dotare il contratto di data certa)
- Intestare le utenze al comodatario quando possibile
- Conservare la documentazione delle spese a nome del comodatario
- Verificare la coerenza tra contratto e situazione fattuale
La recente pronuncia della Cassazione conferma l’orientamento favorevole ai contribuenti che abbiano correttamente documentato il rapporto di comodato. Allo stesso tempo ribadisce la necessità di una detenzione effettiva e non simulata.
Questioni ancora aperte
Permangono alcune zone grigie che la giurisprudenza dovrà chiarire. Ad esempio: quali elementi oggettivi sono sufficienti a dimostrare la fittizietà del comodato? In che misura la convivenza tra comodante e comodatario incide sulla valutazione di effettività ?
Sul piano normativo, sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore dell’Agenzia delle Entrate. Una circolare che definisca con maggiore precisione i requisiti della detenzione qualificata potrebbe ridurre il contenzioso.
Rilievi conclusivi sul valore della detenzione
L’ordinanza n. 19143/2025 si inserisce in un filone giurisprudenziale consolidato. Il comodato immobiliare costituisce titolo idoneo per accedere alle agevolazioni fiscali legate alla detenzione dell’immobile. Questo vale anche per le detrazioni relative a interventi di ristrutturazione o riqualificazione energetica.
La detenzione derivante dal comodato deve però essere reale. Non è sufficiente la stipula formale del contratto se poi la situazione fattuale dimostra che il comodatario non ha la disponibilità effettiva del bene.
Per i professionisti del settore fiscale emerge la necessità di curare con particolare attenzione la documentazione del rapporto di comodato. La registrazione del contratto, l’intestazione delle utenze, la residenza anagrafica: sono tutti elementi che rafforzano la posizione del contribuente in caso di contestazione.
La giurisprudenza continua a bilanciare esigenze di tutela del contribuente e prevenzione di abusi. Il principio di fondo rimane chiaro: il comodato è valido e produce effetti fiscali quando corrisponde a una reale detenzione del bene, non quando costituisce uno schermo formale per accedere indebitamente a benefici tributari.



