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Cessione quote sociali al figlio: quando diventa reato la frode fiscale

27 Settembre, 2025

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La Suprema Corte di Cassazione ha recentemente fornito un orientamento decisivo sulla configurabilità del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte attraverso operazioni di cessione di quote societarie. Con la sentenza n. 29943 depositata il 29 agosto 2025, i giudici di legittimità hanno chiarito che il trasferimento di partecipazioni sociali a familiari può costituire stratagemma fraudolento quando finalizzato a eludere l’attività di recupero dell’Amministrazione finanziaria.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • La Cassazione (sent. 29943/2025) sancisce che cedere quote sociali a un familiare può essere frode fiscale se mira a sottrarre garanzie fiscali.
  • Il reato ex art. 11 D.Lgs. 74/2000 si configura anche per atti formalmente leciti ma con finalità elusive e elementi di inganno.
  • Non basta il mero trasferimento: servono indizi di fraudolenza (tempistica rispetto agli accertamenti, prezzo incongruo, mantenimento di poteri da parte del cedente).
  • Gli “atti fraudolenti” comprendono ogni strategia idonea a impedire la riscossione forzata, anche se attuata tramite strumenti giuridici leciti.
  • La valutazione della frode tiene conto di indici concreti (compiacenza acquirente, congruità del prezzo, effettività dell’operazione).

Ratio della decisione

La vicenda processuale ha origine dalla condanna inflitta dal Tribunale di Torino a un amministratore societario che aveva ceduto al figlio convivente quasi l’intera partecipazione sociale immediatamente dopo aver ricevuto gli avvisi di accertamento fiscale. Come spesso accade nella prassi, l’imputato aveva tentato di vanificare l’azione esecutiva del fisco mantenendo però l’amministrazione della società con una quota residuale dell’1%.

La Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendo che l’operazione, pur formalmente lecita, celasse in realtà un artifizio diretto a compromettere l’efficacia della riscossione coattiva. L’elemento temporale si è rivelato determinante nell’accertamento della fraudolenza.

Configurazione del reato

La Cassazione ha ribadito che il reato previsto dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 74/2000 si configura attraverso comportamenti che, seppur apparentemente legittimi, risultano nella sostanza finalizzati a sottrarre garanzie patrimoniali all’esecuzione del debito tributario.

Nella giurisprudenza di legittimità consolidata (Cass. Pen. nn. 35853/2016 e 13233/2016), il reato in questione presenta natura di pericolo concreto. Non risulta pertanto necessaria la dimostrazione dell’effettivo nocumento per l’Erario, essendo sufficiente l’idoneità della condotta a pregiudicare l’attività di recupero dell’amministrazione finanziaria.

Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno precisato che costituisce “atto fraudolento” ex art. 11 del D.Lgs. 74/2000 qualsiasi comportamento caratterizzato da artificio o inganno, anche quando formalmente lecito. La fattispecie comprende dunque ogni condotta tendente a sottrarre garanzie patrimoniali all’esecuzione, mediante elementi di inganno che connotano la strategia elusiva.

Elementi costitutivi della fattispecie

Secondo l’orientamento delle Sezioni Unite (sentenza n. 12213/2018), la nozione di atto fraudolento ricomprende ogni comportamento che, pur formalmente lecito, risulti caratterizzato da una componente di artificio o inganno.

Si considerino, nella casistica comune, le seguenti condotte tipiche:

  • La vendita apparente di un bene con sovrapposizione rispetto alla simulazione
  • Gli atti idonei a rappresentare una realtà non corrispondente al vero
  • Qualunque stratagemma artificioso tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali alla riscossione

Nell’esperienza applicativa, la giurisprudenza ha talvolta interpretato come fraudolenti anche i trasferimenti effettivi di beni quando siano connotati da elementi di inganno o artificio, vale a dire da uno stratagemma tendente a compromettere l’esecuzione forzata.

Aspetti spesso trascurati nella prassi professionale

La pronuncia in esame chiarisce definitivamente che la cessione quote sociali al figlio può integrare la fattispecie criminosa quando ricorrano specifici indicatori di fraudolenza. Tra i possibili elementi sintomatici della condotta elusiva si ravvisa:

  • La tempistica dell’operazione rispetto agli atti di accertamento
  • Il mantenimento dell’amministrazione da parte del cedente
  • La congruità del prezzo pagato
  • L’eventuale compiacenza dell’acquirente

Il caso di specie presenta caratteristiche paradigmatiche. L’imputato aveva ricevuto due avvisi di accertamento e successivamente aveva trasferito al figlio la propria quota di partecipazione nella società immobiliare di famiglia, società nella quale precedentemente aveva conferito l’immobile di sua proprietà.

Implicazioni operative

Occorre precisare che la configurazione del reato non deriva automaticamente dal trasferimento di quote a familiari, ma richiede la sussistenza di elementi concreti di fraudolenza. Nella pratica professionale si osserva come l’amministrazione finanziaria valuti attentamente:

  • L’effettività dell’operazione
  • La corrispondenza tra prezzo e valore reale delle partecipazioni
  • Le modalità di pagamento
  • Il mantenimento di poteri gestionali da parte del cedente

La giurisprudenza ha chiarito che la nozione di “atti fraudolenti” comprende tutti quei comportamenti che, pur formalmente leciti, siano tuttavia connotati da elementi di inganno o di artificio, con l’obiettivo di vanificare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.

Profili processuali e probatori

È importante e fondamentale notare come, tra i possibili indicatori della fraudolenza, rilevi la prova dell’eventuale compiacenza degli acquirenti e la congruità del prezzo pagato, secondo quanto stabilito dalla Cassazione n. 25677/2012.

Secondo la Cassazione, ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. n. 74/2000, quando si tratti di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato sono fraudolenti se oggettivamente idonei a eludere l’esecuzione esattoriale, pur determinando un trasferimento effettivo del bene, purché siano connotati da elementi di inganno o di artificio.

La Suprema Corte ha quindi confermato la correttezza della pronuncia d’appello che aveva rilevato l’esistenza di un comportamento fraudolento finalizzato a rendere difficoltosa la procedura di riscossione coattiva del debito tributario.

Rilievi conclusivi

La decisione in commento fornisce un contributo significativo nella definizione dei confini applicativi dell’art. 11 del D.Lgs. 74/2000, chiarendo che anche operazioni societarie apparentemente legittime possono integrare la fattispecie criminosa quando sussistano elementi concreti di fraudolenza.

Nella prassi operativa, pertanto, si rende necessario valutare attentamente tutti gli aspetti dell’operazione, con particolare attenzione alla tempistica, alle modalità esecutive e alla effettiva corrispondenza tra la forma giuridica e la sostanza economica del trasferimento.

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