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Avviso di presa in carico: la Riscossione avvisa prima del recupero

9 Ottobre, 2025

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Quando l’Agenzia delle Entrate-Riscossione prende in gestione un credito vantato da enti pubblici o amministrazioni locali, non procede immediatamente con l’invio della cartella esattoriale. Prima di arrivare a quel passaggio, trasmette al debitore un documento informativo chiamato avviso di presa in carico. Si tratta, nella sostanza, di una comunicazione preliminare che anticipa l’attività di recupero vera e propria.

La logica dietro questo meccanismo è abbastanza lineare. L’Ader (così viene spesso abbreviata l’Agenzia) riceve l’incarico da parte dell’ente creditore – che può essere un Comune, una Provincia, l’Inps, l’agenzia delle Entrate o altri soggetti pubblici – e prima di muoversi con gli strumenti coattivi preferisce informare il contribuente. Una sorta di preavviso, diciamo così. L’obiettivo dichiarato? Dare modo al cittadino di mettersi in regola spontaneamente, magari evitando il decorso degli interessi e i costi aggiuntivi che inevitabilmente si accumulano con il passare del tempo.

🕒 Cosa sapere in un minuto

  • L’avviso di presa in carico è una comunicazione preliminare che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione invia prima di azioni esecutive.
  • Non contiene una scadenza di pagamento e non è un atto impugnabile: serve ad avvisare il contribuente e consentire una regolarizzazione spontanea.
  • La cartella esattoriale, invece, è il vero titolo esecutivo che può attivare misure coattive e prescrive tempi e modalità precise di pagamento.
  • La riscossione può avviare le procedure esecutive entro 180 giorni dall’affidamento del credito.
  • Dopo aver ricevuto l’avviso, è consigliabile verificare la propria posizione e agire subito per evitare interessi e costi aggiuntivi.
  • In caso di dubbi o contestazioni, rivolgersi tempestivamente all’ente creditore o, se necessario, chiedere la rateizzazione prima dell’avvio delle procedure esecutive.

Quando arriva la comunicazione e cosa contiene

Non esiste una scadenza rigida per il pagamento all’interno dell’avviso di presa in carico. Questo è un aspetto che talvolta genera confusione. Il documento viene trasmesso tramite raccomandata semplice oppure – e capita sempre più frequentemente – con posta elettronica non certificata. Niente PEC, insomma. Il contenuto è essenziale: indica che la Riscossione ha ricevuto il mandato dall’ente creditore e che si accinge ad avviare le procedure per recuperare quanto dovuto.

Nella prassi applicativa si osserva che molti contribuenti sottovalutano questa comunicazione, ritenendola poco più di una formalità. Errore comune, ma piuttosto rischioso. Perché? Perché una volta ricevuto l’avviso, l’Agenzia può procedere con la notifica della cartella di pagamento vera e propria. E a quel punto i termini cambiano, le possibilità di contestazione si riducono, e soprattutto scattano gli interessi di mora secondo le regole ordinarie.

Differenze con la cartella esattoriale

Occorre precisare un punto spesso trascurato dai non addetti ai lavori: l’avviso di presa in carico non è un atto impositivo. Non ha natura esecutiva. Non si può impugnare davanti a un giudice tributario come si farebbe con una cartella. È semplicemente un’informativa preventiva.

La cartella, invece, rappresenta il vero e proprio titolo esecutivo. Contiene l’intimazione formale al pagamento, specifica gli importi con precisione, indica le scadenze entro cui adempiere (di norma 60 giorni dalla notifica) e può essere seguita da misure cautelari quali fermi amministrativi, ipoteche o pignoramenti. Secondo quanto previsto dalla normativa sulla riscossione, è con la cartella che inizia il conto alla rovescia per opporsi o mettersi in regola.

Quando arriva l’avviso di presa in carico, invece, siamo ancora in una fase preliminare. Il contribuente ha la possibilità – tecnicamente parlando – di verificare la propria posizione, magari accedere ai servizi online dell’Agenzia, controllare se esistono margini per una definizione agevolata o semplicemente pagare subito evitando aggravi.

I tempi di decadenza della procedura

C’è un dettaglio che merita attenzione particolare, anche se nella comunicazione preliminare non sempre viene evidenziato in modo cristallino. L’attivazione delle procedure esecutive da parte di Agenzia delle Entrate-Riscossione deve avvenire entro un termine specifico. Più precisamente, si tratta di 180 giorni dalla data dell’affidamento del carico.

Questo periodo di sei mesi rappresenta una sorta di finestra temporale durante la quale la Riscossione può muoversi liberamente. Superato tale termine senza che sia stata avviata alcuna procedura cautelare o esecutiva, interviene la decadenza. Tradotto in termini pratici: l’ente perde la possibilità di procedere coattivamente con quelle somme, almeno fino a quando non interviene un nuovo affidamento.

È bene chiarire che il termine di 180 giorni non decorre dalla ricezione dell’avviso da parte del contribuente, ma dall’affidamento stesso del credito alla Riscossione. La data in cui il cittadino viene a conoscenza della presa in carico è irrilevante ai fini del calcolo. Nella pratica professionale si riscontrano casi in cui l’avviso viene notificato quando il termine è già prossimo alla scadenza, altre volte invece viene spedito con largo anticipo. Dipende dai tempi organizzativi dell’ente creditore e dell’Agenzia.

Chi può notificare l’avviso

Un aspetto che talvolta genera perplessità riguarda il soggetto incaricato della notifica. A differenza delle cartelle di pagamento – per le quali esistono regole piuttosto stringenti in tema di notificazione a mezzo messo notificatore – l’avviso di presa in carico può essere trasmesso anche da soggetti terzi rispetto all’Agenzia delle Entrate-Riscossione.

Come spesso accade nei meccanismi amministrativi italiani, l’ente può avvalersi di collaborazioni esterne. Questo significa che il contribuente potrebbe ricevere la comunicazione da parte di una società di servizi postali, oppure tramite canali digitali gestiti da provider convenzionati. L’essenziale è che la provenienza sia riconducibile all’Agenzia e che il contenuto informativo sia conforme agli standard previsti.

Si consideri inoltre che, secondo le linee guida fornite dalla stessa Agenzia delle Entrate-Riscossione, l’avviso di presa in carico può essere inviato:

  • per raccomandata ordinaria (non AR, quindi senza ricevuta di ritorno);
  • tramite posta elettronica semplice;
  • talvolta anche mediante messaggistica nel cassetto fiscale del contribuente, se attivo.

Cosa fare dopo aver ricevuto l’avviso

Una volta arrivato il documento, il contribuente si trova davanti a un bivio. Da un lato può decidere di pagare immediatamente, evitando così che si accumulino ulteriori interessi e che la posizione si aggravi con la notifica della cartella. Dall’altro può approfondire la questione, verificare presso l’ente creditore se esistono margini per contestazioni o richieste di riesame.

Capita non di rado – l’esperienza applicativa lo conferma – che il contribuente non riconosca il debito segnalato. Magari si tratta di una sanzione amministrativa mai ricevuta, di una tassa locale versata ma non contabilizzata, oppure di un errore materiale nell’identificazione del soggetto debitore. In questi casi è fondamentale muoversi tempestivamente. Rivolgersi direttamente all’ente che ha affidato il credito alla Riscossione può consentire di bloccare la procedura prima che diventi esecutiva.

Nella casistica comune emerge anche un altro scenario: il debitore è consapevole della propria esposizione ma non dispone della liquidità necessaria per estinguere il debito in un’unica soluzione. In queste circostanze, è possibile valutare la richiesta di rateizzazione. Attenzione però: la dilazione va presentata prima che vengano avviate le procedure esecutive vere e proprie, e comunque seguendo i requisiti previsti dalla normativa vigente.

Aspetti spesso trascurati nella valutazione

Un elemento che merita di essere sottolineato – anche se non sempre viene percepito con la dovuta importanza – riguarda il fondamento giuridico del credito affidato alla Riscossione. L’avviso di presa in carico presuppone che esista già un titolo valido: può trattarsi di un avviso di accertamento divenuto definitivo, di una sanzione amministrativa non impugnata nei termini, di un tributo locale non versato.

Il punto cruciale sta proprio qui. Se il contribuente ritiene che il credito sia infondato, deve contestare non l’avviso di presa in carico (che come detto è un mero atto informativo), ma il provvedimento originario che ha generato il debito. E ovviamente i tempi per farlo potrebbero essere già scaduti al momento in cui arriva la comunicazione da parte dell’Agenzia.

Questo spiega perché è sempre opportuno – anzi, direi necessario – tenere sotto controllo la propria posizione fiscale e amministrativa. Ignorare una notifica, lasciar decorrere i termini di impugnazione di un atto impositivo, significa precludersi la possibilità di difendersi efficacemente in seguito. La giurisprudenza, su questo fronte, è piuttosto consolidata: la mancata opposizione nei termini comporta il consolidamento del credito.

Il ruolo degli enti territoriali e locali

Va ricordato che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non agisce solo per conto dell’erario statale. Gran parte dei carichi affidati proviene da enti locali: Comuni, Province, Città metropolitane, Unioni di Comuni, Comunità montane. Tutti questi soggetti, quando vantano crediti verso i cittadini – si pensi all’IMU, alla TARI, al canone per l’occupazione di suolo pubblico – possono (e nella maggior parte dei casi devono) avvalersi della Riscossione per il recupero coattivo.

Anche in questi casi, la prassi prevede l’invio dell’avviso di presa in carico prima della notifica della cartella. Anzi, è proprio in ambito locale che talvolta questo strumento viene utilizzato con maggiore frequenza, nel tentativo di sollecitare i contribuenti morosi prima di procedere per vie più rigide.

Tuttavia – e questo è un aspetto che merita particolare attenzione – alcuni enti territoriali possono decidere di affidare il recupero crediti a società terze diverse dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione. In tali ipotesi, ovviamente, le modalità operative e le comunicazioni possono variare. Resta fermo che la notifica di un eventuale avviso di presa in carico, anche se proveniente da un soggetto privato incaricato dall’ente locale, ha la medesima funzione informativa.

Prospettive operative per i professionisti

Chi opera nel settore tributario e nella consulenza fiscale sa bene che la gestione degli avvisi di presa in carico richiede un approccio metodico. Occorre verificare immediatamente la corrispondenza tra quanto segnalato dall’Agenzia e la posizione effettiva del cliente. Questo significa accedere ai sistemi informatici dell’ente creditore, controllare eventuali versamenti non contabilizzati, valutare se esistono margini per ravvedimenti operosi o altre forme di regolarizzazione agevolata.

Nella pratica professionale, del resto, capita non di rado che il contribuente si presenti con l’avviso di presa in carico solo quando ormai è già arrivata anche la cartella. A quel punto le opzioni si riducono, i costi aumentano, e le possibilità di definizione bonaria diminuiscono sensibilmente.

L’ideale sarebbe invece intervenire subito, magari contattando direttamente l’ufficio competente dell’ente che ha generato il debito. Talvolta è possibile ottenere chiarimenti, rettifiche, o anche l’annullamento in autotutela di pretese infondate. Ma tutto questo presuppone tempestività e attenzione.

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