Quando un’impresa decide di investire in attrezzature destinate alla Zona Economica Speciale del Mezzogiorno, spesso non sa bene come gestire le situazioni ibride. Accade frequentemente, infatti, che il bene strumentale sia costruito su un automezzo piuttosto che rappresentare una dotazione fissa della struttura produttiva. Il dubbio sorge spontaneamente: rientra nelle agevolazioni oppure no? La questione non è banale, perché il sistema fiscale italiano ha sempre guardato con sospetto ai beni che, per loro natura strutturale, sembrano più vicini al trasporto che alla produzione vera e propria. Eppure la giurisprudenza tributaria ha iniziato a fare chiarezza, tracciando una linea netta tra ciò che è realmente uno strumento produttivo e ciò che rimane un mezzo ausiliario. E in mezzo a questa riflessione, il concetto di prevalenza funzionale emerge come il filo rosso che guida l’intera interpretazione.
🕒 Cosa sapere in un minuto
- Principio chiave: Un’attrezzatura installata su autocarro accede alle agevolazioni ZES se la sua funzione produttiva prevalente non è il trasporto, ma lo svolgimento di un ciclo lavorativo specifico (betonpompa, piattaforma aerea, autogrù, etc.).
- Criterio della sentenza: La Corte di Giustizia Tributaria della Campania (n. 7086/2023) ha stabilito che conta la natura intrinseca dell’apparato e la sua capacità operativa, non la posizione fisica.
- Esclusioni: Furgoni attrezzati come magazzini mobili o automezzi dove il trasporto rimane la funzione prevalente non rientrano negli investimenti agevolabili.
- Investimento minimo: 200 mila euro (settore generale) con valore immobiliare massimo del 50% dell’importo totale.
- Documentazione essenziale: Conserva fatture, schede tecniche e descrizioni dettagliate della destinazione funzionale del bene per justificarne la classificazione fiscale.
La struttura delle agevolazioni ZES e i beni ammissibili
L’articolo 16 del Decreto-Legge 19 settembre 2023, n. 124 (convertito in legge 13 novembre 2023, n. 162) ha delineato con chiarezza quali investimenti possono beneficiare del credito d’imposta all’interno della ZES Unica del Mezzogiorno. Si parla di beni strumentali nuovi – immobili, impianti, macchinari, attrezzature – che devono trovare una collocazione precisa nella contabilità aziendale secondo lo schema di bilancio vigente.
Nello specifico, i beni agevolabili vanno classificati nelle voci B.II.1 (terreni e fabbricati), B.II.2 (impianti e macchinari) oppure B.II.3 (attrezzature industriali e commerciali) dello stato patrimoniale. Una classificazione errata, o peggio ancora il collocamento nella voce B.II.4, comporta l’esclusione dal beneficio. Il valore complessivo dell’investimento deve restare entro 100 milioni di euro, con un minimo non inferiore a 200 mila euro (o 50 mila euro per il settore agricolo). E qui viene il punto delicato: il valore della componente immobiliare e terreni non può superare il 50% dell’investimento totale.
Non sono difficili da capire, queste regole, ma la loro applicazione comporta decisioni che spesso lasciano i contribuenti incerti. Soprattutto quando entra in gioco la geometria complessa del bene installato su un mezzo mobile.
Il contributo decisivo della giurisprudenza tributaria
A fare ordine è intervenuta la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania con sentenza n.7086/5/23 del 2023. I magistrati hanno preso in esame un caso che rispecchia fedelmente il problema: una betonpompa e un caricatore telescopico, entrambi montati su chassis di autocarro, che un’impresa intendeva far rientrare tra i beni ammessi al credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno.
La conclusione della Corte è stata lucida e definitiva. L’elemento che conta realmente non è la posizione fisica del bene, né il fatto che sia ancorato a un mezzo di trasporto. Ciò che importa, invece, è comprendere la natura intrinseca dell’apparato e, soprattutto, identificare la sua destinazione operativa prevalente. Il trasporto, per quanto essenziale dal punto di vista logistico, rappresenta una conseguenza della struttura costruttiva, non il suo scopo principale.
I giudici tributari hanno introdotto una locuzione caratteristica: il “complesso organico e funzionale”. Significa che il bene va valutato nella sua globalità, considerando la sua capacità di realizzare specifici cicli lavorativi e produzioni. Nel caso della betonpompa, l’apparato di pompaggio e il tamburo rotante destinato alla distribuzione del calcestruzzo costituiscono il nucleo centrale dell’investimento. L’autotelaio, dal canto suo, svolge una funzione ancillare: funge da base portante e da mezzo per trasferire l’attrezzatura da un cantiere all’altro.
La prevalenza funzionale come bussola interpretativa
Qui risiede, fondamentalmente, il cambio di prospettiva rispetto al passato. La Corte ha deciso di non guardare al bene sulla base di dov’è collocato fisicamente, ma piuttosto di dove risiede il valore aggiunto e la capacità produttiva. Questa distinzione è tutt’altro che accademica: modifica radicalmente le conclusioni in materia di agevolazione.
L’autobetoniera ne rappresenta il caso paradigmatico più evidente. La funzione lavorativa – quella della miscelazione e distribuzione del calcestruzzo – predomina chiaramente sugli altri aspetti. Il mezzo di trasporto resta secondario; serve a spostare l’impianto da una location all’altra, ma non è questo il motivo per cui l’impresa lo acquista.
Lo stesso criterio si applica con coerenza logica a una molteplicità di altri equipaggiamenti. Le piattaforme aeree (dette anche piattaforme di lavoro elevatorie) montate su autocarro mantengono integralmente la loro qualifica di attrezzature strumentali, perché la destinazione rimane quella dello svolgimento di attività in quota. Le autogrù seguono lo stesso principio: il macchinario di sollevamento è l’elemento centrale; il mezzo mobile su cui è installato è il vettore.
Procedendo con altri esempi concreti: gli impianti di perforazione su chassis mobile, le autobotti per il trasporto e la distribuzione di liquidi in contesti operativi specializzati, gli autocisterne per materiali specifici. In ognuno di questi casi, l’elemento funzionale-operativo rimane baricentrale nella logica costruttiva e nella reale destinazione economica del bene. Per questo motivo, tutti questi equipaggiamenti conservano la loro attitudine a rientrare tra i beni agevolabili secondo i criteri della ZES.
La linea di confine con gli automezzi ausiliari
Ma dove passa il confine? Quale caratteristica spinge un bene dalla categoria dei macchinari a quella dei semplici strumenti ausiliari? La risposta, ancora una volta, risiede nella prevalenza della destinazione.
Consideriamo un furgone che un’impresa ha attrezzato come magazzino mobile. Il bene è stato organizzato internamente con scaffalature, sistemi di stoccaggio, e tutto ciò che serve per conservare e distribuire materiali. Eppure, per quanto ingegnoso sia l’allestimento, la prevalenza del trasporto rimane incontestabile. La funzione preponderante del veicolo è quella di spostarsi da un punto all’altro; la capacità di ospitare merci o materiali è una conseguenza della sua natura, non il suo scopo primario. In questo scenario, il furgone non acquisisce la qualifica di macchinario strumentale al processo produttivo propriamente detto. Rimane quello che è: uno strumento di logistica e di distribuzione. E una simile categorizzazione lo pone, purtroppo, al di fuori dei beni agevolabili secondo i criteri che disciplinano l’agevolazione ZES per gli investimenti produttivi.
La pratica operativa rivela, dunque, diverse situazioni che richiedono valutazioni caso per caso. Non esiste una formula magica applicabile uniformemente. È necessario condurre un’analisi specifica della struttura, della destinazione economica del bene, e del ruolo che esso svolge effettivamente nel ciclo produttivo dell’impresa.


