Cedolare secca e contratti di affitto con titolari di partita IVA: il contrasto tra Cassazione e Agenzia delle Entrate
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Cedolare secca e contratti di affitto con titolari di partita IVA: il contrasto tra Cassazione e Agenzia delle Entrate

Pubblicato il27 Marzo 2025 di Sabatino Pizzano

La questione dell'applicabilità della cedolare secca agli immobili locati a soggetti titolari di partita IVA resta irrisolta nonostante una recente sentenza della Suprema Corte. L'Agenzia delle Entrate continua a mantenere una posizione restrittiva, creando incertezza per i contribuenti e alimentando un contenzioso che si protrae da oltre un decennio.

Il conflitto interpretativo sulla normativa fiscale

La disputa riguarda l'estensione dell'ambito applicativo della cedolare secca, regime fiscale sostitutivo dell'IRPEF che consente di tassare i redditi da locazione con un'aliquota fissa del 21%. Il nocciolo del contendere è rappresentato dalla norma contenuta nell'articolo 3, comma 6 del decreto legislativo n. 23/2011, che esclude dall'agevolazione determinate tipologie di contratti.

Secondo l'interpretazione storica dell'Agenzia delle Entrate, la cedolare secca non può essere applicata ai contratti stipulati con conduttori titolari di partita IVA, a prescindere dalla destinazione finale dell'immobile. Una posizione che ha generato numerosi contenziosi tributari negli ultimi 13 anni, portando molti contribuenti a rivolgersi alle commissioni tributarie per ottenere il riconoscimento del diritto all'applicazione del regime sostitutivo.

La svolta giurisprudenziale della Cassazione

Con la sentenza n. 12395 depositata il 7 maggio 2024, la Corte di Cassazione ha introdotto un'interpretazione innovativa della normativa, ribaltando l'orientamento dell'amministrazione finanziaria. Secondo i giudici di legittimità, l'esclusione prevista dalla legge deve intendersi riferita esclusivamente ai locatori e non ai conduttori dell'immobile.

La Suprema Corte ha chiarito che l'applicazione della cedolare secca è preclusa quando il proprietario che affitta è titolare di partita IVA e agisce nell'esercizio della propria attività d'impresa. Viceversa, secondo questa interpretazione, la qualifica soggettiva del conduttore risulta irrilevante ai fini dell'opzione per il regime sostitutivo, purché sia rispettata la destinazione abitativa dell'immobile.

Questa interpretazione apre scenari favorevoli per i proprietari che concedono in locazione immobili a uso foresteria per dipendenti di aziende, consentendo loro di beneficiare della tassazione agevolata anche quando il conduttore è un soggetto titolare di partita IVA.

La resistenza dell'Agenzia delle Entrate

Nonostante la pronuncia della Cassazione, l'Agenzia delle Entrate ha mostrato una significativa resistenza nell'adeguare la propria prassi amministrativa. In una recente risposta fornita dalla Direzione Regionale della Toscana (n. 911-7/2025), resa nota tramite il quotidiano Il Sole 24 Ore, l'amministrazione finanziaria ha ribadito il proprio orientamento restrittivo.

Nel documento, l'Agenzia definisce la sentenza della Corte di Cassazione come un "precedente isolato", sminuendone la portata interpretativa e confermando la propria posizione contraria all'estensione del regime della cedolare secca ai contratti stipulati con soggetti titolari di partita IVA.

Questa presa di posizione dell'amministrazione finanziaria perpetua l'incertezza applicativa per i contribuenti, costringendoli a scegliere tra l'adeguamento all'interpretazione restrittiva dell'Agenzia o l'intraprendere la via del contenzioso, confidando nel consolidamento dell'orientamento giurisprudenziale favorevole.

Le conseguenze pratiche per i contribuenti

Sul piano operativo, la situazione attuale determina un significativo stallo per i proprietari di immobili che intendono concederli in locazione a soggetti titolari di partita IVA optando per il regime della cedolare secca. Il modello RLI, utilizzato per esercitare l'opzione, resta di fatto inaccessibile per queste casistiche, costringendo i contribuenti ad applicare il regime ordinario di tassazione IRPEF.

Per i proprietari che intendono comunque avvalersi dell'interpretazione favorevole della Cassazione, l'unica via praticabile rimane quella di presentare istanza di rimborso per le maggiori imposte versate rispetto a quelle che sarebbero state dovute con l'applicazione della cedolare secca, preparandosi però a un probabile contenzioso con l'amministrazione finanziaria.

L'interpretazione normativa alla base del conflitto

Il conflitto interpretativo si concentra sulla corretta lettura dell'articolo 3, comma 6 del decreto legislativo n. 23/2011, che esclude l'applicazione della cedolare secca "per i contratti di locazione conclusi nell'esercizio di un'attività d'impresa, o di arti e professioni".

Secondo l'Agenzia delle Entrate, tale esclusione riguarda sia il locatore che agisce nell'esercizio d'impresa, sia il conduttore che stipula il contratto in qualità di titolare di partita IVA. La Cassazione, al contrario, ha interpretato la norma nel senso che l'esclusione riguarda esclusivamente il locatore che agisce nell'esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale.

L'interpretazione della Corte di Cassazione appare più aderente alla ratio della norma, volta a favorire l'emersione del sommerso nel settore degli affitti residenziali, indipendentemente dalla natura soggettiva del conduttore, purché sia rispettata la destinazione abitativa dell'immobile.

Prospettive future e possibili sviluppi

La situazione di stallo potrebbe trovare una soluzione definitiva solo attraverso un intervento chiarificatore del legislatore o mediante una circolare interpretativa dell'Agenzia delle Entrate che recepisca l'orientamento della Cassazione.

In alternativa, sarà necessario attendere il consolidamento della giurisprudenza di legittimità con ulteriori pronunce che confermino l'interpretazione favorevole ai contribuenti, rendendo insostenibile la posizione restrittiva dell'amministrazione finanziaria.

Nel frattempo, i proprietari di immobili dovranno valutare attentamente la propria strategia fiscale, considerando i rischi e i benefici dell'adesione all'una o all'altra interpretazione, in un contesto normativo caratterizzato da persistente incertezza.

In sintesi

IN SINTESI


Qual è il nodo centrale della questione sulla cedolare secca? La controversia riguarda la possibilità di applicare la cedolare secca ai contratti di locazione stipulati con conduttori titolari di partita IVA, un'area su cui l'Agenzia delle Entrate ha mantenuto una posizione restrittiva, nonostante una recente apertura giurisprudenziale.


Cosa prevede l’interpretazione tradizionale dell’Agenzia delle Entrate? Secondo l’Agenzia, la cedolare secca è preclusa se il contratto è stipulato con un soggetto titolare di partita IVA, indipendentemente dalla destinazione abitativa dell’immobile, posizione che ha generato un contenzioso durato oltre un decennio.


Come si è espressa la Corte di Cassazione? Con la sentenza n. 12395 del 7 maggio 2024, la Cassazione ha stabilito che l’esclusione della cedolare secca si riferisce solo al locatore che opera in ambito d’impresa, mentre la qualifica del conduttore è irrilevante, purché l'immobile abbia destinazione abitativa.


Qual è la reazione dell’Agenzia delle Entrate alla sentenza? L’amministrazione finanziaria ha definito la pronuncia un “precedente isolato” e ha confermato la propria contrarietà all’estensione del regime agevolato ai contratti con conduttori titolari di partita IVA.


Quali sono le conseguenze pratiche per i contribuenti? I proprietari non possono esercitare l’opzione per la cedolare secca tramite il modello RLI in presenza di conduttori con partita IVA, e per beneficiare del regime agevolato devono presentare istanza di rimborso e affrontare un possibile contenzioso.


Su quale base normativa si gioca il conflitto interpretativo? Il contrasto nasce dall’articolo 3, comma 6 del decreto legislativo n. 23/2011, che secondo l’Agenzia esclude i contratti con qualsiasi parte in attività d’impresa, mentre per la Cassazione riguarda solo il locatore.


Quali sono le prospettive future per risolvere l'incertezza? La situazione potrà sbloccarsi solo con un intervento normativo chiarificatore, una circolare dell’Agenzia che accolga l’orientamento giurisprudenziale, o il consolidarsi di ulteriori sentenze favorevoli ai contribuenti.

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